Fonte: Jeda News
La sensazione, col passaggio dalla Lira
all’Euro, di essere stati rapinati è stata immediata. I
commercianti (quelli che da qualche anno piangono per la crisi) ne
hanno subito approfittato per raddoppiare i prezzi. Col beneplacito
dello Stato, il quale, oltre a non obbligarli per almeno un paio di
anni ad esporre il doppio prezzo Lira-Euro, ha raddoppiato esso
stesso bollette e tariffe. Sarebbe bastato anche immettere monete di
carta per 1 e 2 euro, per dare maggiore peso ai soldi e una maggiore
consapevolezza per i consumatori nello spenderli. Ma oltre a ciò, ha compiuto un’altra
rapina, tramite il governo più filo-europeista avuto in questi anni:
il Governo Monti. Come? Tramite la norma Salva Italia
(legge 201/2011 art. 26), la quale ha anticipato al 6 dicembre 2011
il termine ultimo per poter convertire le vecchie lire in euro. Un
anticipo di ben tre mesi, dato che la legge del 2002 (introdotta per
gestire l’introduzione dell’euro) fissava invece al 28 febbraio
2012 la fine del diritto di cambio.
Un anticipo che ha beneficiato allo
Stato tra 1,2 e 1,6 miliardi di euro che, invece di finire nelle
tasche degli italiani in possesso delle lire, furono versate da
Bankitalia in tre rate nella casse statali per concorrere alla
riduzione del debito pubblico. Quel debito pubblico che ci divora da
decenni e che nessun governo riesce a ridurre. Per fortuna, a riparare le nefandezze dei nostri governanti ci ha
pensato ancora una volta la Corte Costituzionale. La quale ha
bocciato la norma con questa motivazione: ”il fatto che al momento
di entrata in vigore del decreto Salva Italia fossero già trascorsi
9 anni e 9 mesi dalla cessazione del corso legale della lira non è
idoneo a giustificare il sacrificio della posizione di coloro che,
confidando nella pendenza del termine originariamente fissato dalla
legge, non avevano ancora esercitato il diritto di conversione”.
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