Sulla base del principio “Svuota ciò
che è da svuotare, riempi ciò che è da riempire e gratta dove fa
prurito”, in questi ultimi tempi stiamo assistendo a spargimenti di
urine e feci nelle nostre città, da parte di immigrati africani. Se
l’irrorazione di cataboliti liquidi in luoghi pubblici è
un’abitudine conosciuta anche agli autoctoni di razza caucasica, per lo
meno in rare goliardiche occasioni, con l’indecoroso deposito di
cataboliti solidi siamo rimasti spiazzati. Non eravamo abituati a
tali spettacoli. Un termine giornalistico per descrivere questo
fenomeno è: degrado, che va ad aggiungersi all’accumulo
disordinato di rifiuti urbani, soprattutto frigoriferi. Insomma, come
dice una delle leggi dell’ecologia, tutto deve finire da qualche
parte, comprese le lattine di birra, gli involucri di cellophane e le
cacche dei migranti.
Io non voglio certo giustificare tali pubbliche
manifestazioni della nostra natura animale, benché nell’epoca in
cui le nostre città erano dotate di vespasiani, molti di tali
spettacoli ci venissero risparmiati, ma vorrei far notare che in
Africa, ammesso che il Madagascar possa definirsi tale, espellere
cataboliti è la cosa più naturale del mondo. E’ anche vero, però,
che nella città di Tulear che frequento abitualmente, la gente cerca
vicoli secondari, piuttosto che liberarsi di resti organici nelle vie
più trafficate. In genere, nelle vie secondarie si
accumula immondizia e quindi viene spontaneo aggiungere anche le proprie
deiezioni, per chi ha la casa troppo lontano o non ha casa per
niente. I Katramine, per esempio, che sono discendenti degli schiavi
e in inglese si possono chiamare “Homeless”, concepiscono la loro
prole direttamente sui marciapiedi, magari in ore notturne, quando
passa poca gente.
I pescatori come quello di queste due foto, che passano
molte ore del giorno in acqua o sulle loro piroghe, non avendo dove
cambiarsi d’abito e non volendo rimanere troppo a lungo con i
vestiti bagnati, si spogliano sulla spiaggia, lì dove si trovano.
Certo, questo è un comportamento prettamente maschile. Le donne non
lo farebbero mai, essendo per natura più pudiche. Tanto è vero che
se vanno al fiume a lavarsi, per lo meno quelle che vivono
nell’entroterra, il massimo che un vazaha riesce sfuggevolmente a
vedere passando sulla strada a bordo del taxi-brousse, è un paio di
tette, poiché anche per lavarsi donne e ragazze oltre una certa età
tengono addosso un pareo. Posto che ciò che per gli africani è
norma e per noi scandalo, i casi sono tre: o qualcuno insegna le
buone maniere agli invasori, come si fa con i bambini, o qualcuno
prende con gentilezza tali invasori e li rispedisce nelle loro
contrade, a concimare i loro marciapiedi, oppure, ancora, noi bianchi
ci abituiamo a tali indegni spettacoli e cominciamo ad imitarli. Così
dopo non ci sembreranno più scandalosi.
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