giovedì 3 novembre 2016

Il difficile rapporto con la nostra natura animale


Sulla base del principio “Svuota ciò che è da svuotare, riempi ciò che è da riempire e gratta dove fa prurito”, in questi ultimi tempi stiamo assistendo a spargimenti di urine e feci nelle nostre città, da parte di immigrati africani. Se l’irrorazione di cataboliti liquidi in luoghi pubblici è un’abitudine conosciuta anche agli autoctoni di razza caucasica, per lo meno in rare goliardiche occasioni, con l’indecoroso deposito di cataboliti solidi siamo rimasti spiazzati. Non eravamo abituati a tali spettacoli. Un termine giornalistico per descrivere questo fenomeno è: degrado, che va ad aggiungersi all’accumulo disordinato di rifiuti urbani, soprattutto frigoriferi. Insomma, come dice una delle leggi dell’ecologia, tutto deve finire da qualche parte, comprese le lattine di birra, gli involucri di cellophane e le cacche dei migranti. 


Io non voglio certo giustificare tali pubbliche manifestazioni della nostra natura animale, benché nell’epoca in cui le nostre città erano dotate di vespasiani, molti di tali spettacoli ci venissero risparmiati, ma vorrei far notare che in Africa, ammesso che il Madagascar possa definirsi tale, espellere cataboliti è la cosa più naturale del mondo. E’ anche vero, però, che nella città di Tulear che frequento abitualmente, la gente cerca vicoli secondari, piuttosto che liberarsi di resti organici nelle vie più trafficate. In genere, nelle vie secondarie si accumula immondizia e quindi viene spontaneo aggiungere anche le proprie deiezioni, per chi ha la casa troppo lontano o non ha casa per niente. I Katramine, per esempio, che sono discendenti degli schiavi e in inglese si possono chiamare “Homeless”, concepiscono la loro prole direttamente sui marciapiedi, magari in ore notturne, quando passa poca gente. 


I pescatori come quello di queste due foto, che passano molte ore del giorno in acqua o sulle loro piroghe, non avendo dove cambiarsi d’abito e non volendo rimanere troppo a lungo con i vestiti bagnati, si spogliano sulla spiaggia, lì dove si trovano. Certo, questo è un comportamento prettamente maschile. Le donne non lo farebbero mai, essendo per natura più pudiche. Tanto è vero che se vanno al fiume a lavarsi, per lo meno quelle che vivono nell’entroterra, il massimo che un vazaha riesce sfuggevolmente a vedere passando sulla strada a bordo del taxi-brousse, è un paio di tette, poiché anche per lavarsi donne e ragazze oltre una certa età tengono addosso un pareo. Posto che ciò che per gli africani è norma e per noi scandalo, i casi sono tre: o qualcuno insegna le buone maniere agli invasori, come si fa con i bambini, o qualcuno prende con gentilezza tali invasori e li rispedisce nelle loro contrade, a concimare i loro marciapiedi, oppure, ancora, noi bianchi ci abituiamo a tali indegni spettacoli e cominciamo ad imitarli. Così dopo non ci sembreranno più scandalosi.


Nessun commento:

Posta un commento