lunedì 21 dicembre 2015

L'isola dei fetonti e altre due storie



A causa del loro millenario isolamento, le isole presentano esempi di fauna endemica fragile e soggetta a veloce scomparsa per colpa del virus chiamato uomo. La maggior parte delle specie estinte viveva, infatti, nelle isole. Il Dodo delle Maurizio può essere preso a paradigma, ma il Madagascar vanta già i suoi morti, tra cui l'uccello elefante e l'ippopotamo nano sterminati in epoca storica. Prima o poi toccherà anche al fetonte, che i francesi chiamano Paille en cheque e che si trova solo sull'isola di Nosy Ve, a poche miglia da Anakao. Oltre alle acque trasparenti, Nosy Ve è menzionata in tutte le guide turistiche proprio per la presenza di quell'uccello marino, che nidifica sotto i cespugli e che ho potuto fotografare grazie alla confidenzialità con cui si lascia avvicinare.



Benché sia un parco naturale, con tanto di guardiano che si è affrettato a venire a riscuotere i suoi 5.000 ariary, il fetonte dalla coda rossa è soggetto alla caccia abusiva da parte di persone che non si curano dei parchi e che rendono del tutto inutile la presenza di un guardiano. Mi spiegava Tina che quando ci sono feste c'è anche chi sbarca a Nosy Ve per catturare i fetonti e io, a mia volta, cercavo di spiegare a Tina che quando non ce ne saranno più verrà meno l'attrazione turistica che rende unica quest'isoletta. E quando anche le sue acque saranno sporche come quelle dove si concentrano gli esseri umani, il turismo con i suoi introiti cesserà totalmente, concetto che a me pare semplice da capire ma che per chi è abituato a vivere alla giornata non ha senso.


Non è mia intenzione denigrare la mentalità, gli usi e i costumi dei malgasci, giacché in fatto di bracconaggio e di mancanza di rispetto per i parchi noi europei non abbiamo nulla da invidiare a nessuno. Tuttavia, se mi si consente di impersonare il ruolo dell'antropologo dilettante, vorrei mettere in rilievo alcuni aspetti come minimo disdicevoli di questa popolazione marittima conosciuta come Vezo. Un episodio di cronaca nera, anzi nerissima, mi è stato raccontato dal nostro piroghiere con Tina che fungeva da interprete. Qualche tempo fa, otto banditi diedero l'assalto a un chiosco di Anakao rubando 1.600.000 ariary, qualche bottiglia di Pastis e alcuni pacchetti di sigarette. L'intero villaggio si mise alla ricerca dei fuggitivi, acchiappandone tre.


Durante la notte furono portati su due piroghe in direzione di Nosy Ve, con mani e piedi legati, gli fu messa una pietra al collo e annegati dove il mare è profondo 40 metri. I tre disgraziati supplicavano di essere uccisi con un colpo di fucile e di non essere gettati in mare. Il motivo, secondo me, è che se i loro corpi finiscono in mare anziché essere seppelliti nella terra come si fa abitualmente, non possono diventare razana, cioè antenati, che per i malgasci è molto importante. Questo caso di giustizia sommaria, che nella brousse dove ci sono pochi posti di polizia è la norma, stando ai miei testimoni dovrebbe essere successo tre mesi fa ma, chiesta verifica a Dario Merzagora, titolare del Peter Pan, sembra che invece sia una storia vecchissima.


Comunque stiano le cose, non è la prima volta che vengo reso edotto di omicidi che sono sproporzionati rispetto al reato commesso e a volte è la stessa polizia che si rende responsabile di efferate esecuzioni sommarie. Non è la prima volta nemmeno che mi vengono riferiti eventi che non si sa di preciso quando si siano verificati. La mia interpretazione di queste regolari incertezze sulle date degli eventi è che il nostro cervello è un decoder che decodifica quel campo elettromagnetico chiamato tempo e, evidentemente, il decoder dei malgasci funziona in modo diverso da quello dei vazaha. Tipico è il caso del golpe del 2009, menzionato in tutte le guide, ma se si chiede a un qualsiasi malgascio quando è successo, c'è chi dice 2010, c'è chi dice 2008 e c'è chi non se ne ricorda affatto.


Se ammazzare dei ladri di polli in modo così orribile è un'azione riprovevole da tutti i punti di vista, le superstizioni innocenti come quella che Tina mi ha raccontato mentre facevamo pic nic all'ombra di una tamerice, possono solo far sorridere. Si narra che una donna non riuscisse ad avere figli. Desiderava tanto una bambina. Così si recò sull'isola di Nosy Ve per pregare i razana, che in Madagascar svolgono funzione di santi, benché siano solo antenati. I razana esaudirono le sue richieste e dopo poco la donna rimase incinta e partorì una bimba.


In cambio, i razana chiesero cinque galline nere, che vivono tuttora allo stato brado senza che nessuno dia loro da mangiare. Io ho avuto il privilegio di nutrire una di queste cinque galline, una della quali accompagnata da pulcini. In questo caso, non credo che ci sia stata l'intercessione dei razana affinché la gallina rimanesse incinta, ma che fra i cinque pennuti naufraghi vi fosse anche almeno un maschio. E' stato un bel quadretto vedere una delle galline mettersi a riposare accanto a un fetonte in cova, ma quando mi sono avvicinato si è allontanata. Sembra che i razana vogliano solo animali di colore nero, capre, zebù e ovviamente galline, il che mi riporta ai secoli bui del nostro Medioevo in cui la presenza di un gatto o un galletto neri, presso qualche incauta vecchina, era grave indizio di commerci con il demonio e si rischiava il rogo. Essere bruciati non è poi molto diverso dall'assere affogati, anzi, se a farlo è l'autorità, dopo processi farsa, è molto peggio perché la ferocia sporadica dei dilettanti può essere a volte giustificata, qualora sia messa in relazione a quella codificata dei professionisti. In tutti i casi, è sempre il Demiurgo Satana a dettare legge. Per fortuna, durante il viaggio di ritorno a Tulear, sul motoscafo della Anakao Express, per la prima volta nella mia vita ho visto i delfini.


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