lunedì 14 dicembre 2015

Vecchietti


Se si torna nello stesso luogo a distanza di anni – il Ragazzo della via Gluck ce lo insegna – si notano cambiamenti. Nel caso di esseri viventi si notano tracce d'invecchiamento, mentre nel caso delle città, come può essere Tulear nella quale mi trovo, si capisce che non è più quella di un tempo. La mancanza dei vecchi pousse pousse a trazione umana ne è l'esempio più eclatante. Indi per cui, se si può dire che le rughe sul volto umano denotino vecchiezza, o vecchitudine che dir si voglia, così si può dire parimenti che la sostituzione dei pousse pousse con i ciclo-poussi e, ancora di più, con gli Ape Piaggio a tre ruote, indichino segnali di anzianità e di declino nell'assetto urbano, con tutto l'inquinamento aggiuntivo che ciò comporta. Lui si chiama Joseph ed è quasi tutto quello che so. Lo conobbi anni fa quando non aveva i capelli bianchi, ma arrancava su quattro zampe come adesso, proteggendosi le mani dalle asperità dell'asfalto con infradito da spiaggia. Mi colpì per il suo sorriso e per il fatto che non piativa denari come tutti gli altri handicappati vaganti per via. Facemmo amicizia per quel tanto che un vazaha può fare amicizia con un gasy che non parla nemmeno francese ma che tuttavia riesce ad esprimersi benissimo a colpi di sorriso. Non mi pare di averlo mai sentito parlare, anche se Tina dice che non è muto.



E' Antandroy, di etnia. Quando l'altro giorno ci siamo incontrati dopo più di un anno, ha attraversato la strada con un sorriso a 32 denti e, per la contentezza, spero autentica, gli mancava solo che scodinzolasse. Si è meritato, da me, i 300 ariary, a cui Tina ha aggiunto altri 100. Se capiterà l'occasione e se le sue capacità prensili glielo permetteranno, gli compreremo una bottiglia di coca cola fresca, giacché stare tutto il giorno per strada a chiedere l'elemosina, in questa stagione, deve mettere sete. Intanto oggi, incontratolo di nuovo sempre al suo solito posto, gli ho fatto un'offerta, su sua richiesta, di 6.000 ariary, affinché si potesse comprare una vite staccatasi dalla sedia a rotelle. Nei prossimi giorni andremo a verificare se la rotella è stata aggiustata o se si è speso i soldi in toakagasy, il rhum locale. Lui ha giurato di essere astemio.


Lui invece si chiama Mitja Borko e di lui so qualcosa di più. Anche nel suo caso i capelli bianchi hanno fatto la loro comparsa, in relazione a quando lo conobbi la prima volta nove anni fa. Veniva dalla Slovenia e una sera era in cerca, in primo luogo, di una pizzeria e, in secondo luogo, del suo futuro che, come i fatti avrebbero dimostrato, si sarebbe estrinsecato proprio nella città di Tulear, convolando a giuste nozze con un'amica di Tina, Nina, di etnia Mahafali. Il decadimento fisico che oggi lo fa assomigliare a un bosniaco rinchiuso in un campo di concentramento, mostra i segni di indigenza in cui vive: una baracca in lamiera senza acqua e luce elettrica. La sua deve essere per forza una scelta di vita, giacché secondo me nessun occidentale potrebbe accettare di vivere così. All'inizio la baracca aveva la visuale sul mare – e almeno Mitja poteva passare il tempo, la sera, osservandone, in meditazione, il moto ondoso – ma poi un karana cattivo con cui Nina è entrata in lite per questioni di terreni ed eredità, fece costruire un muro che privava il luogo di tutta la sua essenziale poesia.


Sua moglie Nina, benché faccia commercio di vestiti usati, con una sorella che ne fa uno di pesce, molluschi e crostacei, sembra che quando a suo marito arrivano dalla Slovenia i 400 euro al mese di sussidio, altrimenti conosciuto come reddito di cittadinanza, vada a spenderli in giudici e avvocati, come un uomo, non necessariamente suo marito, normalmente va a spenderli in donnacce e vino. Evidentemente, ciascuno, uomo o donna che sia, ha i suoi vizi, ma quello dei giudici e degli avvocati mi mancava nella mia collezione. Il mare, come il corpo umano, ha le sue regole e ciclicità. Come il mare ha l'alta e la bassa marea, così il corpo umano, non dissimilmente da quello degli altri animali, deve svuotare regolarmente il contenuto dell'intestino. A volte l'uno, l'uomo, fa dispetti all'altro, il mare. A volte, il contenuto di milioni di intestini può deturpare la purezza dell'acqua sottoponendola a pressante e reiterato lavoro di depurazione, ma il mare può prendersi le sue innocenti vendette intasando gli scarichi fognari che, come putride vene velenose, lo contaminano. Ecco che con molta calma, marea dopo marea, il mare antistante la città di Tulear ha fatto capire alla coppia mista, nonché indigente, chi era il vero padrone della situazione, al di là delle contese giudiziarie. 

Il mare ha riempito la tazza del water di sabbia, venendo su direttamente dal tubo di scarico, rendendo inutilizzabile la latrina in cortile e chiudendo con una pietra tombale la questione. Lui tutte le mattine deve andare al bagno presso l'Hotel Lalah poco distante, ma per le emergenze notturne c'è il classico secchio da svuotare al mattino. Sempre nel vituperato mare. Lei, le sue sorelle e i suoi anziani genitori, non so come combinino ma, per antica tradizione, svuotare gli intestini al mattino non è un problema per i malgasci. Ogni fico d'India avrebbe, qui in Madagascar, la sua storia da raccontare, con odori e afrori compresi. Forse questo è il destino di noi vecchietti (penso a mia madre in ospizio): finire la nostra vita alle prese con i nostri stessi fastidiosi escrementi. E non ci lasciano neanche contemplare il mare!

2 commenti:

  1. Storie tristi. Cose brutte. Degrado, miseria, povertà, lotta quotidiana per sopravvivere, corruzione, incuria. Il male di vivere.
    Con così tanti schiavi che non si vede neanche un padrone. E la vecchiaia che incombe.
    Sempre pronti a sperare in un improbabile colpo di fortuna ovvero di morire senza soffrire.
    Quanta tristezza!
    Ciao Roberto

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    1. Joshep riesce anche ad essere felice nella sua infermità fisica. Il suo immancabile sorriso lo conferma.


      Idem per Mitja, che ha fatto quasi una scelta monastica di povertà, se si pensa che arriva dalla ricca e civile Slovenia. Forse vuole espiare qualche colpa, magari inconsciamente.


      La maggior parte dei bianchi se la passano bene, tranne qualche raro esempio di avventuriero stravagante e volutamente povero.

      Ciao Giovanni.

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