sabato 12 dicembre 2015

La perfidia degli uomini e delle macchine


Forse perché la sera prima, alla gare routiere di Fianarantsoa, non gli avevo dato la mano che mi protendeva, la mattina dopo un addetto anziano della ditta Kofifi ha mentito a Tina circa la disponibilità di posti sul taxi brousse che dovevamo prendere per andare a Tulear. Di fatto, appena si arriva a una gare routiere, si è circondati da taxisti, cercatori di clienti e sicuramente anche qualche ladro e francamente, dopo un estenuante viaggio in posizioni scomode di dieci ore, non si ha voglia di socializzare con estranei, che si mostrano amichevoli e, proprio per quello, sulla base del detto latino “Timeo Danaos ut dona ferentes”, potrebbero nascondere l'inganno. Fatto sta che Tina ha dovuto litigare con i gestori della Kofifi, compreso l'anziano mentitore, che la mandavano da un pulmino a un altro, mentre io facevo la guardia ai nostri bagagli. 


Per non dire che il taxista che dal Soratel ci aveva portato in stazione voleva la doppia tariffa accampando il pretesto di aver fatto andata e ritorno, cioè ci voleva far pagare anche la corsa che aveva fatto prima di venirci a prendere, partendo da casa sua per arrivare all'albergo. Pretesto più unico che raro e si deve riconoscere ai malgasci il merito di essere fantasiosi quando si tratta di aumentare il prezzo ai vazaha. Anche questo aveva contribuito ad aumentare l'irritazione di Tina verso tutti quegli uomini che la prendevano in giro e non le facevano sapere qual era il nostro taxi brousse. A nulla era servito fare la prenotazione la sera prima, appena arrivati da Tanà. Anche la nostra richiesta di viaggiare alle spalle dello chauffer non è servita perché ci siamo ritrovati a metà di un Mercedes verde da 25 posti. Il mio problema è che soffro il mal d'auto ma per fortuna, superate le ultime colline degli altipiani a sud di Fianarantsoa, poi la strada diventa tutta diritta fino a Tulear.


Così, siamo partiti mezzi vuoti perché dovevamo recuperare i passeggeri di un pulmino della stessa ditta, partito la sera prima, che si era fermato a mezzanotte per un guasto. Anche a noi era capitato, l'anno scorso, di essere lasciati per strada da un taxi brousse, per le cause più varie ma soprattutto per l'anzianità dei mezzi, ma in quel caso, potendolo fare, abbiamo preso in breve tempo una macchina a noleggio, che ci ha permesso di proseguire il viaggio. I malgasci invece, quando gli capita una disgrazia simile, devono pernottare sul posto, con armi, bagagli, bambini e polli al seguito, oppure, come nel caso specifico, essere trainati da un altro mezzo di fortuna fino al villaggio più vicino. Non è salutare infatti, con tutti i malaso in circolazione, pernottare in mezzo alle montagne. E poi, non si sa mai se un camionista spericolato non piombi addosso alla comitiva forzatamente appiedata e stravaccata sull'erba nel buio.


Noi del Mercedes siamo sì andati in soccorso del Wolksvagen blu, ma il giorno dopo. Ammirevole la pazienza dei malgasci, comunque, che accettano le avversità dei guasti meccanici come si accetta la grandine e la pioggia. Durante il trasbordo dei bagagli dal furgone guasto a quello funzionante, ho dato da bere agli assetati. Cerco sempre un punto di contatto con i malgasci e siccome le chiese cristiane stanno insegnando i principi della religione da almeno tre secoli, l'idea che sia doveroso dar da bere a chi ha sete mi sembrava a loro familiare. Anche se sicuramente, vedere un vazaha che dà da bere a tre anatre chiuse in un cestino deve essere parso agli astanti come qualcosa di originale. Chissà se ho instillato in loro un'idea di pietà per chi soffre, magari per le nostre perfidie di carnivori senza cuore? Chissà se almeno i numerosi bambini che hanno assistito all'abbeveraggio hanno interiorizzato l'idea che anche nei confronti degli animali si deve avere un minimo di pietà e compassione?


Una parte di passeggeri è scesa a Sakaraha, mentre Ilakaka l'abbiamo attraversata il più velocemente possibile perché è un posto maledetto da Dio a causa dell'avidità di guadagno. E' di poche settimane fa l'omicidio di un 32enne cingalese, facente parte della minoranza dedita al commercio di pietre preziose, zaffiri e rubini, benché le circostanti miniere siano in esaurimento. Tuttavia, i negozi di gemme preziose denotano sfarzo pacchiano e hanno sempre grosse macchine parcheggiate all'esterno, segno che, a dispetto della crisi economica mondiale, ci sono ancora ricche signore viziate che chiedono gioielli da esibire. All'imbrunire il nostro autista ha cominciato a premere sull'acceleratore: voleva attraversare la zona pericolosa, infestata di malaso, prima del buio. A una cinquantina di Km da Sakaraha, nell'interno selvaggio, nel mese di maggio erano stati uccisi due poliziotti. Il governo aveva mandato l'esercito per cercare di recuperare gli zebù rapiti, ma un paio di mesi dopo, i malaso, pari a circa 400 persone, hanno ingaggiato una sparatoria che ha portato alla conta finale di sette militari uccisi. Le truppe governative hanno dovuto battere in ritirata.


Quando interi villaggi si armano per fronteggiare l'esercito governativo, si capisce che siamo sull'orlo della guerra civile, se non fosse che da sempre è così e la vera guerra non scoppia mai. Ma si capisce anche la scena a cui mi è capitato di assistere per la prima volta dacché vengo in Madagascar. A un poliziotto dell'ennesimo posto di blocco che chiedeva perché un sacco di manghi era stato messo nel vano posteriore del Mercedes anziché sul tetto con gli altri bagagli, il nostro autista aveva risposto: “Perché di sopra non c'era posto”. Capito che il poliziotto faceva il pignolo perché voleva soldi, le parole hanno cominciato a diventare grosse tra l'uno e l'altro. Un collega del parassita in divisa si è avvicinato, ma il nostro autista è rimasto al suo posto e ha cominciato a tenergli fronte. “Vuoi il sacco di manghi? Prenditelo!”, gli diceva. “Sarò liberò di sistemare la merce dove voglio, sul mio pulmino!?”, insisteva. Alla fine gridavano tutti e due e nel taxi brousse si era fatto il silenzio assoluto. “Ti aspetto a Tulear”, minacciava il poliziotto. “Bene, così faremo i conti!”, replicava l'autista. A un certo punto, tutti i passeggeri dicevano all'autista: “Parti, parti!”. Anch'io mi sono unito al coro, più che altro per partecipare a quella scenetta irreale. 


Non si è mai visto un autista ribellarsi ai soprusi dei poliziotti, non ultimo quello di viaggiare gratis, davanti, senza pagare alcun biglietto, su tutte le tratte nazionali. Per la mezzora successiva, tutti i passeggeri ridevano catarticamente e la parola che sentivo più spesso pronunciare era “manghi”. Tina era la più ridanciana.
Dopo dodici ore di viaggio, siamo arrivati a Tulear, dove Tina ha riconosciuto un taxista di fiducia che ci ha portato all'Al Shame di monsieur Shalim. Alle 23.00, dopo aver scaricato i bagagli in camera, finivamo di cenare nell'unico ristorante aperto a quell'ora, di proprietà di un francese, che trasmetteva musica italiana anni Settanta. In questo magico paese può capitare di ascoltare Albano e Romina mangiando una pizza, dopo una sgroppata di 540 Km. Per aspera ad astra.

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