“Galeotto fu il libro e chi lo scrisse” è un concetto che posso applicare a me stesso, risalendo indietro di mezzo secolo. “I racconti del naturalista” fu il libro che determinò la mia formazione, facendomi diventare amante della natura, come qualche anno prima fu il regalo di un cucciolo di cane a farmi diventare cinofilo, anziché gattofilo. In entrambi i casi, cucciolo e libro, mi furono regalati dai genitori, il che conferma l’importanza, se mai ce ne fosse ancora bisogno, della famiglia nell’educazione del singolo. Se oggi allestisco acquari e terrari lo devo ad Angelo Boglione e ai suoi racconti corredati di foto accattivanti. Come facesse a conquistarsi la fiducia delle bestioline che allevava, ancora oggi è un mistero per me. Dev’essere stato un dono speciale. Io, se metto anfibi nei terrari, scappano e vanno a nascondersi. E’ frustrante. Anche da piccoli, i girini delle rane vanno ad infrattarsi tra le alghe, a differenza dei girini delle raganelle che ho allevato l’anno scorso, ma che non erano così timorosi. Questo girino è con me da un paio di mesi. Erano in due, all’inizio, e questo aveva la forma classica del girino stile spermatozoo. L’altro era un po’ più avanti, nella crescita, avendo già le zampe posteriori. Sono passati due mesi circa, e io non sono andato ogni giorno a controllarli, per cui quello più sviluppato si è fatto crescere tutte e quattro le zampe, ed è uscito dalla vaschetta, dileguandosi tra le cortecce e i muschi.
Siccome ho deciso di smantellare il “rospario”, forse lo troverò rinsecchito o mummificato in qualche angolo o sotto qualche corteccia. La stessa sorte deve essere successa anche a una rana adulta, catturata lo stesso giorno in cui presi i due girini. Anche lei deve essere andata a morire disidratata in qualche anfratto del “rospario”. Questi piccoli fallimenti hanno determinato la mia decisione di smantellare la struttura, tenuto conto che l’unico rospo che ho trovato quest’anno era un rospo schiacciato dalle macchine, nella via dove abito. Non ho la pazienza di Angelo Boglione, né tanto meno il suo dono speciale. E’ inutile insistere. A voler tenere in cattività gli animali selvatici, anche per brevi periodi, si rischia di farli morire.
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