Da bambino le schiacciavo tra due sassi piatti. La maggior parte erano larve rosse con puntini neri e solo pochi gli adulti. Lo facevo perché me lo ordinava mio padre e gli ordini, i bravi soldatini, non li discutono. Si eseguono e basta! Avevo totale fiducia in mio padre, sia quando coltivava l’orto, sia in altre occasioni, anche perché dalla seconda alla quinta elementare fu anche il mio insegnante. Un caso anomalo, ma è andata così. In classe lo chiamavo signor maestro. La cosa strana, riguardo all’uccisione delle larve di dorifora, è che quando trovavamo qualcosa che a lui sembrava interessante, mi diceva: “Mettilo in un barattolo, ché poi andiamo a vedere sull’enciclopedia”. Ricordo che questo trattamento privilegiato era riservato ai coleotteri, che non fossero crisomelidi come le dorifore, alle larve che saltavano fuori vangando le zolle di terra e ad altre bestioline non dannose. Una volta trovammo un bellissimo esemplare di maggiolino marmoreggiato, e fu la prima ed ultima volta che ne trovai uno. Un’altra volta trovammo delle uova di lucertola. Quanti dei miei lettori possono dire di aver mai trovato delle uova di lucertola? Un’altra volta ancora dei gordiacei, che furono quelli che, leggendo poi notizie sul loro conto sull’enciclopedia, colpirono maggiormente la mia immaginazione.
Sulla base del principio lorenziano dell’imprinting, se quando avevo otto anni mio padre non mi avesse spinto a conoscere le bestioline dell’orto studiandole sull’enciclopedia, ora, dopo oltre mezzo secolo, non mi dedicherei allo studio dell’entomologia per diletto, come sto facendo da quando sono andato a vivere in campagna. L’educazione ricevuta nell’infanzia ce la portiamo dietro tutta la vita. Ma tornando alla nostra dorifora, quella in foto è l’unica che ho trovato pochi giorni fa sopra una pianta di melanzana. Normalmente, è il parassita classico della patata, ma le mie patate non hanno ricevuto alcuna loro visita. Il mio vicino dice che ne ha tantissime, ma anche a lui hanno attaccato le melanzane anziché le patate. Non gli ho chiesto come fa ad eliminarle, perché già lo immagino: alla “vecja”, come dicono a Trieste, cioè alla vecchia maniera, a meno che non abbia fatto uso di insetticidi.
Dopo aver fatto al bellissimo crisomelide alloctono un certo numero di foto, ho fatto scegliere all’amico Francesco Spizzirri la migliore, che è stata da lui elaborata e rimandata al mittente. Lo ringrazio, ancora una volta, per il tempo che dedica alle mie foto. Anche se lui commenta poco sul blog, in questo periodo mi sta facendo un gradito servizio. Potrei fare una mostra fotografica sugli artropodi, se ancora andassero di moda le mostre fotografiche!
Agli americani non serviva nessun parassita da lanciare
RispondiEliminaAgli americani basto' rinchiudere all'addiaccio in campi all'aperto recintati milioni di prigionieri tedeschi lasciandoli a stomaco vuoto
milioni di tedeschi morirono di fame
Ma non si può dire
lo scrive
James bacque nel libro " gli altri morti "
Citazione:
Elimina"milioni di prigionieri tedeschi"
Ho qualche dubbio che siano stati milioni. Erano tutti morti in battaglia, o quasi.
sicuro ??
Eliminahttps://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/02/23/un-milione-di-tedeschi-mori-nei.html
Molti finirono nei campi in Unione Sovietica. Gli ultimi furono rimpatriati nel 1957. Chi sopravvisse ovviamente.
RispondiEliminaI misfatti di Baffone godono di una certa bonaria escusatio. Chissà perché.
..... excusatio....
RispondiEliminaNon ci sono scuse, quando ci si dimentica di firmarsi.
EliminaSono io, Mauro, non so cosa è successo...
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