L’avevo visto da lontano. Era nel mezzo della capezzagna che faccio quasi ogni giorno per andare al fiume. Avvicinatomi, gli ho dato una pedata per toglierlo dalla stradina e buttarlo sull’erba, onde i ciclisti non avessero ad inciamparvi. L’avevo preso per una corteccia, ma il suono non era quello di un legno colpito, bensì diverso. Immediatamente ho visto che c’era un pezzo di carapace legato a una zampa dotata di unghie e un pezzo di piastrone, insieme a due scaglie marroni. Non è la prima volta che rinvengo resti di animali predati, ma qui si tratta di una tartaruga terrestre, specie protetta e che non vive in Friuli allo stato libero. Sicuramente era scappata da qualche privato, anche perché le tartarughe sono famose per la loro capacità di dileguarsi, se lasciate in giardino, superando tutti gli ostacoli, come reti e recinzioni. Portati a casa quei miseri resti, li ho mostrati al vicino che ne ha cinque, quattro acquatiche in un laghetto e una terrestre, che vive in casa. Gli ho chiesto se la sua gli era scappata. Me l’ha mostrata, così che ho potuto vederla per la prima volta. Ha ipotizzato che quella da me trovata sia stata schiacciata da un trattore e che poi sia sopraggiunta una volpe a mangiare le sue parti tenere, aggiungendo che un signore, che vive nella nostra stessa via, ne aveva alcune che gli erano scappate. Così, prima di raccontare questa storia, mi sono ripromesso di fermare quel signore che porta tutte le mattine a spasso il setter passando davanti casa mia.
Stamattina l’ho intercettato. Gli ho mostrato i brandelli, ma ha commentato che non è una delle sue. Ha aggiunto che quando le erano scappate la prima volta, era riuscito a recuperarle perché, anche quando scappano, non sono molto veloci e praticamente le aveva ritrovate sulla strada asfaltata davanti casa. In un secondo momento, le sono sparite di nuovo, tutte e due contemporaneamente, dal che ha dedotto che gli fossero state rubate. Esistono ladri di tartarughe? Immagino di sì e io stesso anni fa ne rubai una acquatica dal giardino di una casa privata, ma lo feci per la più nobile delle cause: ridare la libertà a un prigioniero. In quel caso, non si trattava di una californiana, alloctona, dalle “orecchie rosse”, bensì di una autoctona Emys orbicularis, detenuta illegalmente. Questo accadeva quando ero ancora in servizio come “liberatore clandestino di animali”, cioè prima di adottare una vita sedentaria da simil-pensionato.
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