Engasoa, una ragazza albina di etnia antandroy,
poco più che ventenne, madre di una figlia piccola, nonché figlia del guardiano
di un terreno nel quartiere di Ambolanaomby, non è, precisamente, una bellezza
malgascia, ma in quei pochi minuti in cui sono stato ad osservarla, mentre
preparava la zuppa di fagioli per la famiglia, ho visto in lei la rassegnazione
atavica di essere donna e per di più diversa. A lei è andata anche bene, perché
in certe parti dell'Africa i neonati gemelli o albini vengono abbandonati nella
foresta, in quanto frutto capriccioso degli spiriti maligni. So cosa deve aver
provato Engasoa nella sua ancora breve esistenza, giacché io, albino etnico,
non posso fare a meno di provare un certo disagio ad avere centinaia di occhi
sempre puntati addosso e quindi di Engasoa apprezzo l'infinita pazienza che è
riuscita a sviluppare nella sua breve vita, vivendo in mezzo a un popolo che
non sa cosa siano la privacy e la riservatezza e che non si fa scrupoli a
guardare insistentemente il vazaha, lo straniero, con sguardi curiosi, petulanti e a volte ostili. Vere e proprie manifestazioni di razzismo non le
ho vissute finora sulla mia pelle, ma cio' che è successo recentemente a Nosy
Be, con il linciaggio feroce di un francese, un italiano e un malgascio, indica
che il fuoco dell'odio razziale cova sotto la cenere della normalità.
In un certo senso, razzismo è anche il "vazaha profit" di cui parlero' fra breve. Intanto, voglio presentare un'altra bellezza malgascia, con il volto ricoperto da una maschera tradizionale ricavata da una particolare pianta. Solo le donne del sud del Madagascar lo fanno e quindi l'ipotesi che serva a proteggere dai raggi del sole viene a mancare, altrimenti lo farebbero anche gli uomini. E' una tradizione che si perde nella notte dei tempi e il suo nome è Tabaky. Ce ne sono di tre colori: bianco, rosso e giallo, a seconda, rispettivamente, che si usi solo la pianta macinata, se vi si aggiunga il seme dell'avocado grattugiato o il kurry, la nota spezia tanto amata dagli indiani.
In un certo senso, razzismo è anche il "vazaha profit" di cui parlero' fra breve. Intanto, voglio presentare un'altra bellezza malgascia, con il volto ricoperto da una maschera tradizionale ricavata da una particolare pianta. Solo le donne del sud del Madagascar lo fanno e quindi l'ipotesi che serva a proteggere dai raggi del sole viene a mancare, altrimenti lo farebbero anche gli uomini. E' una tradizione che si perde nella notte dei tempi e il suo nome è Tabaky. Ce ne sono di tre colori: bianco, rosso e giallo, a seconda, rispettivamente, che si usi solo la pianta macinata, se vi si aggiunga il seme dell'avocado grattugiato o il kurry, la nota spezia tanto amata dagli indiani.
La ragazza nella foto si chiama Natassia, ha 24 anni
ed è di etnia Vezo. Vive ad Ankilibe, un villaggio di pescatori a una decina di
Km da Tulear. Il suo lavoro consiste nel portare al mercato, tutte le mattine,
dentro una bacinella, il pesce pescato nella notte dai maschi della famiglia. Qui
si vede una separazione lavorativa dei sessi, ma la stessa cosa succede anche
in Europa, dove infatti non esiste la figura professionale della pescatrice.
Tina ha voluto andare a trovarla per avvertirla
che il 20 dicembre prossimo, con lo stesso aereo che prendero' io per
rientrare in Italia, arriverà un mio amico. Viene in Madagascar per la prima
volta e ha accettato Tina come guida per il periodo in cui si fermerà. Come
vedremo tra poco, le insidie sono molteplici, per i vazaha, e la presenza di
una guida interprete gli si rivelerà estremamente utile. Mauro viene per
cercare una casa in cui vivere, avendo 57 anni e godendo già di una pensione,
che vuole farsi mandare in Madagascar. Tina quindi gli farà vedere case e
terreni in vendita, nonché la sua amica Vezo di Ankilibe. Se a Natassia Mauro
non dovesse piacere, perché troppo vecchio o per altri suoi motivi, Tina ha già
pronta una seconda opzione: una sua parente quarantenne, sposata a un
senegalese, ma da cui vorrebbe divorziare. Da un punto di vista meramente
pecuniario, un vazaha è sicuramente meglio di un uomo di colore. Ad ogni modo,
timida Natassia e timido Mauro, che in Italia non si è mai sposato avendo
sempre fatto la vita del celibe, forse ci potrà essere un'intesa. Fra timidi,
magari, si capiscono.
Del resto, da un punto di vista umano, gli
accoppiamenti misti non hanno controindicazioni, perché il Madagascar pullula
di francesi che hanno alle spalle un divorzio e figli grandi e che venendo qui
si sono rifatti una nuova vita, trovando anche un pizzico di felicità. Nel mio
caso, infatti, c'è un primo matrimonio durato solo un anno, con una triestina e
c'è anche una figlia "grande" di 18 anni, che vive con la madre. I
rapporti sono buoni con entrambe, in virtù del principio secondo cui "il
tempo è galantuomo".
Se non c'è niente di riprovevole nella mia scelta
di aver contratto un secondo matrimonio con Tina, non vedo perché dovrebbe
esserci qualcosa di condannabile nel far incontrare due persone che fino a
questo momento non hanno trovato l'anima gemella, ammesso che tale archetipo
esista veramente. In un primo tempo, poiché né Mauro, né Natassia parlano
francese, sarà necessaria la presenza di Tina, come terzo incomodo, ma
soprattutto come interprete. Natassia ha già visto la foto di Mauro, mentre lui
vedrà quella di Natassia il 20, il giorno del suo arrivo. Dopo di che, Tina
dovrà concordare con il suo datore di lavoro il prezzo giornaliero del suo
lavoro, se 10 o 8 euro al giorno, più vitto e alloggio pagati, ma soprattutto
dovranno decidere se allontanarsi da Antananarivo con un volo interno, che
costa circa 130 euro a persona, con una macchina presa a noleggio, con tanto di
autista, o con i taxi brousse come ho sempre fatto io, che è il modo più
economico di spostarsi in Madagascar, anche se il più faticoso.
A questo riguardo, e veniamo a quella che secondo
me è la maggiore brutteza del Madagascar, il giorno in cui io e Tina andammo ad
Ankilibe, ci servimmo del taxi di un certo Maurice. La sera prima Tina aveva
concordato il prezzo della corsa: 20.000 ariary andata e ritorno. La mattina
dopo, in centro, prima di partire, a Maurice Tina richiese conferma del prezzo pattuito: 20.000
ariary andata e ritorno. In entrambi i casi Maurice fu d'accordo.
Senonché, quando il taxista ci riporto' a
Tulear, scatto' la trappola. Si tratta di un vecchio trucco. Fanno finta di non
aver capito e, nel caso di Maurice, ci chiese 40.000 ariary sostenendo che
20.000 erano solo per l'andata. Tina non cedette, benché fosse disposta a
dargli altri 15.000, oltre ai 10.000 che gli avevamo dato all'andata, cosi' da
portare il totale a 25.000. Anche Maurice non cedette e, dopo un litigio
verbale, se ne ando' contrariato meditando vendetta e biascicando fra i denti
un "buon viaggio a voi".
La mattina dopo, alla gare routiere di Tulear,
dopo che le nostre valigie erano già state montate sul portapacchi del taxi
brousse, due poliziotti chiesero a Tina di accompagnarli alla stazione di
polizia. Capimmo subito che si trattava di Maurice.
Tina infatti trovo' il mariuolo, che sosteneva di essere stato truffato e che faceva affidamento sulla corruzione che contraddistingue i poliziotti, i quali, in quel caso, avrebbero usufruito di parte del bottino estorto al vazaha, fidando anche sul fatto che una ragazza malgascia, in fin dei conti, dovrebbe difendere gli interessi dei malgasci, piuttosto che quelli di un vazaha. Maurice evidentemente non ha tenuto conto del fatto che Tina è mia moglie e che principalmente difende i miei - nostri - interessi.
Tanto è vero che a un certo punto, nell'ufficio di polizia, Maurice tento' il colpaccio dicendo di aver già pagato 150.000 ariary a un commissario di polizia affinché s'interessasse del suo caso e che voleva rientrare in possesso di quella somma. Per nostra fortuna, il commissario in carne e ossa nel cui ufficio erano stati fatti convenire i due contendenti, gli chiese: "Dimmi il nome del mio collega a cui hai già dato 150.000 ariary!".
A quel punto, a Maurice non resto' altro che chinare il capo e starsene zitto. Il vero commissario, l'unico che stava conducendo.......l'indagine, mando' in pace salomonicamente i due convenuti, non prima di redarguire il taxista fraudolento e di ordinare a Tina di dargli ancora 20.000 ariary, portando il totale della trasferta andata e ritorno a 30.000.
Cosi' passano il tempo nelle questure del Madagascar e cosi' ci provano i taxisti malgasci, ma la tecnica viene reiteratamente applicata anche dai conducenti di pousse pousse e da chiunque svolga qualche servizio ai turisti stranieri.
Tina ritorno' alla gare routiere con una dose di stress che accompagno' sia lei che me per tutta la giornata del venerdi' 13 dicembre. L'autista del taxi brousse, un vecchio Mercedes antidiluviano, fece fatica a inserire la prima marcia e quello, se me ne intendessi un po' di meccanica, avrebbe dovuto essere un segnale d'allarme. Infatti, nel corso dei successivi 300 Km le cose andarono peggiorando, finché a Ihosy il cambio non ando' completamernte fuori uso, nonostante l'intervento di provetti meccanici trovati in città. Ma, quando si tratta di parti delicate come quelle del cambio di velocità, anche l'abilità dei meccanici malgasci deve arrendersi.
Tra un tira e molla, tra un parte e non parte, Tina trovo' un taxista che era disposto a farci arrivare a destinazione, a Fianarantsoa, per 180.000 ariary, pari a 62 euro, il che, se si considera che mancavano ancora altri 200 Km, è una cifra davvero economica, che pero' non era prevista. Naturalmente, il biglietto del taxi brousse era perduto e nessun reclamo sarà fatto per il disservizio. Immagino che gli altri passeggeri, bloccati a Ihosy, abbiano provato invidia per il vazaha che poteva permettersi di proseguire il viaggio con un taxi, mentre loro non potevano neanche andare una notte in albergo ma dovevano dormire nel taxi brousse fuori uso. I malgasci hanno una pazienza infinita e da questo punto di vista sono davvero ammirevoli. Nemmeno Tina conosce il destino degli altri passeggeri, ma mi ha raccontato che in un'altra occasione, con un taxi brousse di un'azienda diversa, i passeggeri ci misero tre giorni ad arrivare a destinazione, con un diavolo per capello, comprensibilmente.
Mentre il taxista trovato a Ihosy, che per un caso del destino si chiamava anche lui Maurice, volava a 100 Km all'ora verso Fianarantsoa, mi è venuto in mente, in uno di quei rari momenti in cui emerge in me il pensiero magico, che l'altro Maurice, quello disonesto di Tulear, ci avesse fatto il malocchio, universalmente conosciuto come Gri Gri. Vai a sapere tu fino dove arriva il potere degli stregoni e il disonesto taxista, oltre a rivolgersi alla polizia, potrebbe essersi rivolto anche agli ombiasy, gli stregoni che in Madagascar godono di grande rispetto.
Fatto sta che alle 21.00 eravamo all'hotel Cantonnaise, nostro punto di riferimento a Fianarantsoa. Via di corsa al ristorante, prima che chiudano. Poi una doccia e a nanna. Senza Tina io sarei morto a Ihosy. Senza Tina, il mio amico Mauro, i malgasci se lo mangiano in insalata. Speriamo che la tenga come guida e interprete per tutti e due i mesi della sua permanenza. E magari riesce anche a fare amicizia con Natassia.
Le vie di Zanahary sono infinite.
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