lunedì 23 dicembre 2013

Manifestare o non manifestare: questo è il dilemma



Prendo spunto dal corteo che si è tenuto a Treviso sabato 21 dicembre, contro la decisione dei bifolchi della giunta provinciale di assassinare centinaia di volpi nella Marca nei prossimi mesi, per sottoporvi un dilemma di non grandissimo conto. Una mia affezionata lettrice, che desidera mantenere l’incognito, sostiene che hanno fatto bene i partecipanti al corteo di Modena contro le scie chimiche a non rilasciare dichiarazioni ai giornalisti. Io sostengo che è un controsenso assurdo e ora cercherò di spiegare perché.


Siccome organizzo manifestazioni fin dal lontano 1981, su temi normalmente snobbati dalla stampa, mi è sempre sembrato “grasso che cola” la presenza di giornalisti alle nostre iniziative animaliste e quindi li ho sempre trattati con riguardo, senza preoccuparmi di ciò che avrebbero scritto. Dovevamo fare i salti mortali a convincerli a venire, o almeno a mandare un fotografo, e l’unica cosa irritante che trovavo era lo scarso tempo che mi concedevano per un’intervista. Cioè dovevo rispondere a una o due domande nell’arco di trenta o al massimo sessanta secondi. Poi scappavano via!

Gli anni sono passati. Ad organizzare manifestazioni ci si sono messi un po’ tutti, borghesi e politicizzati. Di questi ultimi, sia attivisti di Destra che di Sinistra, per quello che all’epoca valessero questi termini. Quando poi mi sono ritrovato alle manifestazioni dei “centri sociali” dei cosiddetti anarchici, i giornalisti mi ponevano domande in virtù della fama che mi ero guadagnato sul campo. E’ capitato però che a San Polo d’Enza, in provincia di Reggio Emilia, mentre stavo rispondendo all’intervista televisiva di una tivù locale, ci arrivassero fra i piedi un paio di petardi, di quelli usati dai bambini a capodanno.
Fu un impatto emotivo di un certo spessore, per me, abituato a rispondere a tutte le domande, giacché nessuno mi aveva spiegato che c’era il divieto di rilasciare interviste,  un divieto semplicemente bizzarro e insensato. Quando poi qualcuno mi spiegò che i giornalisti, detti anche pennivendoli, travisano regolarmente le parole degli intervistati e, per tale ragione, non serve rispondere loro, pensai che tale ragionamento fosse simile a quello dell’uomo che si amputa i genitali per far dispetto alla moglie. 

Ora sono ancora più convinto della bontà delle mie tesi, perché se i mass-media sono di proprietà delle industrie e della finanza dobbiamo farcene una ragione. A meno che non reperiamo i soldi per allestire noi stessi redazioni giornalistiche e televisive. Il giorno in cui potremo scegliere a chi rilasciare interviste, concedendole ai “nostri” ed escludendo i “nemici”, allora avrà senso discriminare, ma al momento abbiamo a che fare solo con i rappresentati dell’Establishment. E non possiamo far finta di niente.

Applicando la regola dei sedicenti anarchici, che sulla vivisezione non volevano rilasciare dichiarazioni, come pure quella dei partecipanti al corteo di Modena, alla manifestazione di Treviso, ne deriva che i lettori del Gazzettino e della Tribuna non possono essere messi al corrente del fatto che gli animalisti non sono d’accordo sulla strage delle volpi. Sarebbero venuti a saperlo solo i trevisani che per puro caso si sono venuti a trovare nello stesso posto e nella stessa ora del passaggio del corteo. Poiché vorrei raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo, preferisco che ne diano notizia anche Gazzettino e Tribuna. Altrimenti, il biglietto del treno che avrei speso per arrivare a Treviso non varrebbe la candela e la prossima volta ci penserei due volte prima di comprarne uno. Già così abbiamo poca visibilità.

Quegli stolterelli dei sedicenti anarchici a San Polo d’Enza mi hanno accusato di voler “fare la passerella”, come una prima donna. A parte il fatto che i meriti credo di essermeli guadagnati con la lotta in difesa degli animali, in più di trent'anni di attivismo, voler apparire in pubblico è l’ultimo dei miei desideri, ma qualcuno deve pur farlo, perché o andiamo noi negli studi televisivi o vengono loro con le troupe esterne. Non si scappa.
Oltretutto, modestamente, credo di possedere le capacità dialettiche per sostenere qualunque confronto e rispondere a qualsiasi domanda, a meno che non si tratti di medicina e chirurgia o, nel caso delle scie chimiche, di quote di volo e altri dettagli tecnici degli aerei.

Ecco, con la reticenza, accampando la scusa che poi i giornalisti scrivono quello che vogliono i loro padroni, si dà l’impressione di non essere preparati sulla materia e di non sapere bene neanche il motivo per cui ci si trova lì. Sarebbe come se lo studente interrogato dicesse al professore che non vuole rispondere perché non si fida di lui. Il professore, il voto, glielo mette comunque e così anche il giornalista, l’articolo, lo scrive ugualmente. E non sarà di certo lusinghiero.

Chiedere è lecito, rispondere è cortesia, dice un vecchio adagio. E in una delle “101 storie Zen” si afferma: “Agisci con un fine e lascia i risultati alla Grande Legge dell’universo”.

2 commenti:

  1. Ricevo con soddisfazione, condividendola, la riflessione che ci propone.
    "Nel bene o nel male purché se ne parli".

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    1. Il silenzio è d'oro, ma non per coloro che si sono messi in testa di educare l'umanità.

      Non qui in Occidente, per lo meno.


      Come mele d'oro in filigrana d'argento è la parola detta a suo tempo (Ecclesiaste, o giù di lì).

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