Prendo
spunto dal corteo che si è tenuto a Treviso sabato 21 dicembre, contro la
decisione dei bifolchi della giunta provinciale di assassinare centinaia di
volpi nella Marca nei prossimi mesi, per sottoporvi un dilemma di non
grandissimo conto. Una mia affezionata lettrice, che desidera mantenere
l’incognito, sostiene che hanno fatto bene i partecipanti al corteo di Modena
contro le scie chimiche a non rilasciare dichiarazioni ai giornalisti. Io
sostengo che è un controsenso assurdo e ora cercherò di spiegare perché.
Siccome
organizzo manifestazioni fin dal lontano 1981, su temi normalmente snobbati dalla
stampa, mi è sempre sembrato “grasso che cola” la presenza di giornalisti alle
nostre iniziative animaliste e quindi li ho sempre trattati con riguardo, senza
preoccuparmi di ciò che avrebbero scritto. Dovevamo fare i salti mortali a
convincerli a venire, o almeno a mandare un fotografo, e l’unica cosa irritante
che trovavo era lo scarso tempo che mi concedevano per un’intervista. Cioè
dovevo rispondere a una o due domande nell’arco di trenta o al massimo sessanta
secondi. Poi scappavano via!
Gli
anni sono passati. Ad organizzare manifestazioni ci si sono messi un po’ tutti,
borghesi e politicizzati. Di questi ultimi, sia attivisti di Destra che di Sinistra,
per quello che all’epoca valessero questi termini. Quando poi mi sono ritrovato
alle manifestazioni dei “centri sociali” dei cosiddetti anarchici, i
giornalisti mi ponevano domande in virtù della fama che mi ero guadagnato sul
campo. E’ capitato però che a San Polo d’Enza, in provincia di Reggio Emilia,
mentre stavo rispondendo all’intervista televisiva di una tivù locale,
ci arrivassero fra i piedi un paio di petardi, di
quelli usati dai bambini a capodanno.
Fu
un impatto emotivo di un certo spessore, per me, abituato a rispondere a
tutte le domande, giacché nessuno mi aveva spiegato che
c’era il divieto di rilasciare interviste, un divieto semplicemente bizzarro e insensato. Quando poi qualcuno
mi spiegò che i giornalisti, detti anche pennivendoli, travisano regolarmente
le parole degli intervistati e, per tale ragione, non serve rispondere loro,
pensai che tale ragionamento fosse simile a quello dell’uomo che si amputa i
genitali per far dispetto alla moglie.
Ora
sono ancora più convinto della bontà delle mie tesi, perché se i mass-media
sono di proprietà delle industrie e della finanza dobbiamo farcene una ragione.
A meno che non reperiamo i soldi per allestire noi stessi redazioni giornalistiche
e televisive. Il giorno in cui potremo scegliere a chi rilasciare interviste,
concedendole ai “nostri” ed escludendo i “nemici”, allora avrà senso
discriminare, ma al momento abbiamo a che fare solo con i rappresentati
dell’Establishment. E non possiamo far finta di niente.
Applicando
la regola dei sedicenti anarchici, che sulla vivisezione non volevano
rilasciare dichiarazioni, come pure quella dei partecipanti al corteo di
Modena, alla manifestazione di Treviso, ne deriva che i lettori del Gazzettino
e della Tribuna non possono essere messi al corrente del fatto che gli
animalisti non sono d’accordo sulla strage delle volpi. Sarebbero venuti a
saperlo solo i trevisani che per puro caso si sono venuti a trovare nello
stesso posto e nella stessa ora del passaggio del corteo. Poiché vorrei
raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo, preferisco che ne diano
notizia anche Gazzettino e Tribuna. Altrimenti, il biglietto del treno che avrei speso per
arrivare a Treviso non varrebbe la candela e la prossima volta ci penserei due
volte prima di comprarne uno. Già così abbiamo poca visibilità.
Quegli
stolterelli dei sedicenti anarchici a San Polo d’Enza mi hanno accusato di voler
“fare la passerella”, come una prima donna. A parte il fatto che i meriti credo
di essermeli guadagnati con la lotta in difesa degli animali, in più di trent'anni di attivismo, voler apparire in
pubblico è l’ultimo dei miei desideri, ma qualcuno deve pur farlo, perché o
andiamo noi negli studi televisivi o vengono loro con le troupe esterne. Non si
scappa.
Oltretutto,
modestamente, credo di possedere le capacità dialettiche per sostenere
qualunque confronto e rispondere a qualsiasi domanda, a meno che non si tratti
di medicina e chirurgia o, nel caso delle scie chimiche, di quote di volo e
altri dettagli tecnici degli aerei.
Ecco,
con la reticenza, accampando la scusa che poi i giornalisti scrivono quello che
vogliono i loro padroni, si dà l’impressione di non essere preparati sulla
materia e di non sapere bene neanche il motivo per cui ci si trova lì. Sarebbe
come se lo studente interrogato dicesse al professore che non vuole rispondere
perché non si fida di lui. Il professore, il voto, glielo mette comunque e così
anche il giornalista, l’articolo, lo scrive ugualmente. E non sarà di certo
lusinghiero.
Chiedere
è lecito, rispondere è cortesia, dice un vecchio adagio. E in una delle “101
storie Zen” si afferma: “Agisci con un fine e lascia i risultati alla Grande
Legge dell’universo”.
Ricevo con soddisfazione, condividendola, la riflessione che ci propone.
RispondiElimina"Nel bene o nel male purché se ne parli".
Il silenzio è d'oro, ma non per coloro che si sono messi in testa di educare l'umanità.
EliminaNon qui in Occidente, per lo meno.
Come mele d'oro in filigrana d'argento è la parola detta a suo tempo (Ecclesiaste, o giù di lì).