venerdì 1 gennaio 2016

Un film dell'orrore


Io lo so che poi mi si abbassano le difese immunitarie! E infatti, anche quest'anno, mi è partito il mal di schiena. Ma avrebbe potuto essere anche mal di denti. O gastrite. Il fatto è che lo stress è la causa prima delle malattie, che poi prendono varie strade. C'è chi mi chiede: “Perché continui ad andare in un posto, descritto come una specie di paradiso patinato, se poi devi star male?”. E io che ne so! Quien sabe? Forse devo punirmi di qualcosa. Forse periodicamente sento l'esigenza di andare in campeggio, di confrontarmi con una Matrix che cade a pezzi e si sbriciola, vivendo per qualche tempo in un luogo dove non funziona niente. Forse voglio immergermi di tanto in tanto nelle fiamme infernali dello specismo fai-da-te. 


Di fatto, la fragile nicchia che ci siamo costruiti in Occidente, messa a repentaglio dall'invasione di selvaggi dal sud e dall'est del mondo, è destinata a dissolversi e anche in Italia vedremo animali uccisi per le strade, senza l'orpello della macellazione umanitaria. Forse i sentimenti di pietà e di compassione sono destinati ad estinguersi come i dinosauri e il dodo. Oppure, semplicemente, le persone sensibili non sono evolutivamente adatte a vivere su questo pianeta e devono lasciare il posto a generazioni più resistenti e meno compassionevoli. La razza si evolve. O involve, a seconda dei punti di vista.


Sono entrato in una fase in cui non sento più dolore, ma ciò non mi salva dai contraccolpi sul piano psicofisico. Provo una specie di apatia pensando che tre maiali sono stati trasportati in piroga per tutta la notte, da Anakao a Tulear, per essere venduti sul mercato a beneficio dei buongustai di fine anno. Cinque o sei ore sul fondo dell'imbarcazione, senza la possibilità di muoversi a causa delle zampe legate, e poi essere gettati sulla battigia, con la paura di annegare che si unisce a quella del viaggio in sé. Trascinati sulla sabbia per le orecchie, rifatti i legamenti che avrebbero potuto essersi allentati e avviati verso la morte ciascuno sul proprio ciclo-poussy, in un luogo già intriso del sangue delle vittime precedenti, dove un diavolo in sembianze umane li aspetta per porre fine alla loro incolpevole esistenza.


Un tocco di arcontica beffa: una bambina seduta lì vicino mi guarda, imita gli strilli della bestia maltrattata e ride. Ecco, per un attimo ho visto un demonietto che mi sghignazzava in faccia, che rideva con la sicurezza di sapere che fa parte della razza padrona. Non ho avuto paura, perché mi sento un gigante di fronte a un demone sghignazzante, ma la sensazione che a imitare il maiale terrorizzato guardandomi negli occhi non fosse in realtà una bambina umana, ma un demone, è stata fortissima. Sarà che mi sto facendo suggestionare dalla lettura di David Icke. Ma tuttavia, a prescindere dal libro dello scrittore inglese, so da anni che chi uccide le bestie uccide prima di tutto in sé l'essenza vera dell'umanità, che è l'amore. Non c'è amore nel mangiare sofferenza. Non c'è amore nel trascinare le vittime per le orecchie, sulla battigia. Non c'è amore in Madagascar e il 2016 comincia uguale a tutti gli anni precedenti.




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