Fonte: Operai contro
«Nella maggioranza
dei casi, l’indigeno deve compiere ogni due settimane un viaggio
di un giorno o anche più per raggiungere nella foresta un luogo con
una quantità sufficiente di alberi della gomma. Qui conduce una
misera esistenza. Deve costruirsi un riparo temporaneo che non può
sostituire la sua capanna; non ha il suo cibo abituale, è esposto
alle intemperie del clima tropicale e agli attacchi di bestie
feroci. Deve poi portare il prodotto raccolto all’agenzia
dell’amministrazione (o della compagnia); solo allora può tornare
al suo villaggio, dove rimane appena due o tre giorni, prima che gli
venga assegnato un nuovo compito. Di conseguenza la maggior parte
del suo tempo è occupata nella raccolta del caucciù». Così si
legge nella relazione della commissione d’inchiesta del 1906.
Ogni villaggio doveva consegnare all’amministrazione 5 pecore o maiali, o 50 galline, 125 carichi di manioca, 60 kg di caucciù, 15 di granturco o arachidi e 15 di patate dolci. L’intero villaggio doveva lavorare un giorno su quattro alle opere pubbliche. L’adempimento degli obblighi veniva assicurato da guardie africane reclutate in altre regioni, o da agenti prezzolati dello stesso villaggio. Con l’incoraggiamento dell’amministrazione, guardie e agenti perpetravano atti di inaudita ferocia: portavano via donne e beni; al minimo segno di resistenza mutilavano i malcapitati o li uccidevano. Spesso le compagnie organizzavano contro i villaggi spedizioni punitive nel corso delle quali – secondo il rapporto della commissione – uomini, donne e bambini venivano uccisi senza pietà. Con tali metodi le compagnie concessionarie e lo stesso Leopoldo intascarono decine di milioni.
Con le rendite provenienti dal Congo, Leopoldo
assicurò a ogni membro della numerosa famiglia reale un reddito
annuo fra i 75 mila e i 150 mila franchi; acquistò in Belgio e in
Francia vaste proprietà terriere per un valore di 30 milioni di
franchi… Effettuò spese enormi per corrompere la stampa, creando
un apposito ufficio che mascherasse i suoi crimini. Il Libero stato del
Congo non fu mai né libero né uno stato, ma un privato dominio che
il monarca gestì senza alcun controllo, neppure da parte del governo
belga. Tutta la terra non coltivata fu dichiarata proprietà dello
stato (cioè del re), che aveva il monopolio assoluto sulle sue
risorse di valore immediato (avorio e caucciù) e sui minerali del
sottosuolo, il cui sfruttamento fu concesso a varie compagnie, con
accordi di affitto per 99 anni.
La scoperta del processo di vulcanizzazione della gomma e il suo impiego industriale fecero di quella colonia uno dei più grandi serbatoi mondiali di questo prodotto fondamentale per l’industrializzazione dell’Occidente. Ma occorreva mano d’opera per raccoglierlo e trasportarlo fino al mare. Il problema fu subito risolto: tutti gli africani (ironicamente chiamati «cittadini») furono obbligati a raccogliere il caucciù senza alcun compenso e ogni villaggio doveva consegnare agli emissari del re-proprietario una certa quota del prezioso prodotto vegetale: chi si rifiutava, o consegnava quantità minori di quelle richieste, era punito duramente, fino alla mutilazione: a chi non produceva la quota di caucciù veniva tagliata una mano o un piede; alle donne le mammelle. Contro i ribelli si ricorreva all’assassinio, a spedizioni punitive, distruzioni di villaggi, presa in ostaggio delle donne.
A fare il lavoro sporco erano circa 2.000 agenti bianchi, disseminati nei punti più importanti del paese: molti di essi erano malfamati in patria e malpagati in Congo. Ogni agente comandava un certo numero di nativi armati (capitani), presi da etnie diverse e dislocati nei singoli villaggi, per assicurare che la gente facesse il proprio dovere. Se la quota era inferiore a quella stabilita, anche i «capitani» subivano fustigazioni o mutilazioni. Era il metodo del terrore, tanto efficace quanto diabolico.
In 23 anni di esistenza, nel libero stato del Congo morirono circa 10 milioni di persone, direttamente per la repressione o indirettamente per epidemie o fame, dovuta alla distruzione punitiva dei raccolti. Fu un vero genocidio, in cui perì quasi metà della popolazione congolese, stimata a circa 20-25 milioni di abitanti nel 1880.
A ciò si aggiunga la caduta del tasso di natalità: un missionario giunto in Congo nel 1910 fu stupito dall’assenza quasi totale di bambini tra i 7 e i 14 anni, nati cioè tra il 1896 e il 1903, periodo in cui la raccolta di caucciù raggiunse il suo apice.
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