Fonte: Messaggero Veneto
UDINE. «All’ultimo
referendum nazionale sulla caccia, nel ’92, ho votato contro. Ero
un animalista». Paolo Viezzi, presidente di Federcaccia, è seduto
al sole di un tavolino di piazza San Giacomo e, mentre osserva come
promesso la veglia silenziosa delle associazioni in memoria di Adamas, ci rivela un dettaglio tutt’altro che insignificante del
suo passato. Nei giorni scorsi,
infatti, sono state le sue dichiarazioni sul fatto che l’omicidio è
«avvenuto nei confronti di un animale e non di un essere umano» a
suscitare l’indignazione dei più, compresi anche componenti di
altre associazioni di categoria - Sandro Levan, della Pro segugio, in
primis - che hanno accusato lo stesso Viezzi di profonda
insensibilità. Eppure, il presidente di Federcaccia è diventato
cacciatore proprio grazie a un cane.
«Nel 1992, la mia
compagna di allora prese un bastardino che ero solito portare a
passeggio con me. Un giorno – ricorda –, senza nemmeno sapere
cosa fosse un cane da ferma, lo ammirai stupefatto immobilizzarsi con
occhi trasecolanti e concentratissimi davanti a un fagiano. Nel giro
di tre anni divenni un cacciatore, perché dovevo ripetere
quell’esperienza di istinto e complicità, e nel ’99 fui eletto
presidente di Federcaccia». Un racconto che tratteggia la complessa
personalità dell’avvocato Viezzi, che continua a parlarci, mentre
l’abbaiare dei numerosi cani in piazza si alterna ai rintocchi
delle campane di San Giacomo.
«Ciò che è successo
a San Daniele è un fatto assolutamente deprecabile – dice –, ma
per me è anche insopportabile pensare che ci sia qualcuno che
considera la caccia uno sport, visto che per me è molto di più: la
caccia è un modo di vivere». Una posizione che difficilmente può
scendere a compromessi con i pensieri degli animalisti, che hanno
alzato la loro voce rispetto alle attività venatorie, che vorrebbero
abolite, sulla scia di quel che è successo al border collie Adamas,
freddato una settimana fa a San Daniele. «Il vero problema –
ammette serafico Viezzi – è in primis la normativa, assurdamente
fumosa e complicata, in secondo luogo il fatto che il legislatore
risponde troppo spesso a situazioni emotive come questa, creando
ancora più confusione nei regolamenti».
Il messaggio di Federcaccia è chiaro: la caccia non va abolita, ma disciplinata meglio e più chiaramente. «Ci sono 22 leggi regionali sulla caccia
– osserva –, alle quali si aggiunge un’infinità di
regolamenti, per la bellezza di più di mille articoli che cambiano
fin troppo spesso mettendo in difficoltà anche chi, come me, è del
mestiere. Non solo le persone comuni non sanno dove poter
passeggiare, ma anche per gli stessi cacciatori è troppo complicato
identificare le zone riservate. E, nonostante la federazione si batta
da 20 anni per risolvere questa situazione, la normativa in tutta
Italia rimane sempre troppo complicata». Il presidente di
Federcaccia sorride davanti ai duecento manifestanti. «Se chiedevo
ai miei associati di manifestare – dice – saremmo stati almeno
duemila». E scansa anche le critiche di alcune categorie di
cacciatori. «Ho ricevuto molti messaggi dagli associati di Pro
Segugio – spiega –, che si sono allontanati dalle dichiarazioni
del loro presidente Levan, che a quanto pare si è espresso con
posizioni personali. Dev’essere ben chiaro che lui, così come il
cacciatore che ha ucciso il cane, non rappresentano in alcun modo la
categoria. È chiaro che ci siano dei cacciatori che, sbagliando,
violano le norme – conclude Viezzi –, ma si contano davvero sulle
dita di una mano».
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