Da quando è finito il
periodo coloniale, il flusso di merci dall'Africa verso l'Europa si è
invertito, almeno ufficialmente. Piccoli rivoletti di beni hanno
cominciato ad affluire verso il Continente Nero, dalle saponette
tanto agognate dalle suore missionarie alle pompe per i pozzi che
sono stati costruiti in abbondanza in innumerevoli villaggi africani,
dai volontari di diverse associazioni umanitarie. Stavolta è toccato
a un computer portatile, ad alcune cioccolate e altri beni di consumo
per la scuola e il tutto è arrivato a destinazione perché è stato
da me consegnato a mano. Cosa che per esempio non si può dire con
certezza quando si tratta dei cosiddetti “aiuti umanitari”, che
finiscono spesso e volentieri nelle mani sbagliate, ovvero in quelle
di funzionari corrotti. La graziosa ragazza di nome Elena, che
vediamo in foto, e che alle 5 del mattino si è presentata in camera
a ritirare il pacco, era partita la notte prima da Tamatave, città
del nord-est del Madagascar, dove Francesco, l'amico di Pavia che
conobbi nove anni fa in aereo, ha una figlia.
Pascaline, la madre,
l'ha chiamata Natalia in onore dell'Italia, per assonanza, visto che
la piccola ha un padre italiano. Eccola con in mano un gattino.
Cresce a vista d'occhio, Natalia, non il gattino, e sta diventando una
bella ragazza. Come sua madre. Francesco, è ora che tu vada a
trovarla! E' dal 2012 che non ti vede.
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