La mattina del 28
novembre mi ha portato la sua normale dose d'ansia. Ma è stata una
cosa doverosa, una forca caudina a cui ho dovuto sottostare perché
durante la notte, quando le zanzare permettevano al mio cervello di
lavorare e a me di dormire, ho preso la risoluzione di tornare
all'aeroporto di Ivato, onde risolvere il problema del visto.
All'arrivo, infatti, sapevo che avrei dovuto pagare 50 euro per il
visto di tre mesi, ma, consegnato il passaporto, mi è stato
restituito con un timbro recante la dicitura “gratis”. Sul
momento non ci ho fatto caso e, interiormente, ho pensato: “Vuoi
vedere che per una volta tanto mi butta bene!”. E invece, il giorno
dopo ho visto che sul timbro era stato scritto a mano: “trenta
giorni”, tanti quanti sono concessi ai turisti, in Madagascar, con
un visto dato gratuitamente per una specie di promozione o di
incentivo a venire.
Io e Tina avevamo stabilito di partire quella
mattina per Antsirabe, ma “ubi major, minor cessat” e il
contrattempo dell'aeroporto ci ha portato via tutta la mattinata. I
poliziotti hanno provato a fare vazaha-profite, come d'abitudine, ma
alla fine, con molta calma da parte loro, il primo timbro mi è stato
annullato e sostituito con uno nuovo in cui a penna la funzionaria ha
scritto i fatidici 90 giorni. Il prezzo da pagare è stato di 140.000
ariary, meno dei 50 auro previsti se mi fossi accorto subito
dell'equivoco. La stanchezza del lungo volo non mi aveva dato la
lucidità necessaria per rendermi conto che mi avevano appioppato un
visto di 30 giorni, anziché di 90. Per fortuna, senza danni, ci ho
messo una pezza dopo 36 ore. E non ero l'unico arrivato con quel volo
ad essere incorso nello stesso inconveniente. Anche a una francese
era successa la stessa cosa. Evidentemente, capita spesso, per lo
meno ai turisti sbadati. Alle undici eravamo alla gare routiere di
Ankadim-bahoaka. Dopo aver aspettato un'ora e mezza affinché il
pulmino si riempisse, alle 16.00 eravamo ad Antsirabe.
A tre ragazze francesi
salite sullo stesso taxi brousse, è stata somministrata una dose
massiccia di vazaha-profite. Dietro i sorrisi e i modi gentili con
cui le invitavano a salire e caricavano i loro zaini sul tetto del
pulmino, c'è stata un'inculata di denaro pazzesca. Io e Tina, per
fare quelle tre ore che separano Tanà da Antsirabe, abbiamo pagato
8.000 ariary a testa. Le ragazze ne hanno pagati 20.000 e siccome
hanno voluto prendere un quarto posto per stare comode, in totale
hanno speso 80.000 ariary (22 euro), mentre io e Tina ne abbiamo
spesi 4 e cinquanta. E questo succede (ora faccio un po' di
pubblicità) quando non si è accompagnati da una guida che conosca i
prezzi. Quando poi siamo arrivati ad Antsirabe, abbiamo visto che
subito le tre ragazze sono state circondate dai conducenti di pousse
pousse, che sicuramente hanno completato l'opera con prezzi
altrettanto maggiorati. E' soggettivo, ma immagino che quando
l'incauto turista, non accompagnato da guida, realizza di essere
stato reiteratamente imbrogliato per tutti i giorni della sua
permanenza in Madagascar, potrebbe decidere di cancellare per sempre
quel paese di ladri dall'elenco delle sue mete preferite. A me non è
successo, grazie a Tina, ma ho dovuto, o meglio voluto, pagare il
prezzo altissimo di averla sposata.
Eccoci pertanto giunti
all'hotel Louis 15, dotato di wi-fi, anziché al Baobab privo di
esso, che abbiamo doverosamente disdetto. Il wi-fi, a detta del
proprietario francese originario di Chateaux de la Loire, funzionava
così così in camera, ma perfettamente bene presso la reception.
Provato subito a connettermi, ovviamente non funzionava da nessuna
parte. E questa è la norma in Madagascar. Comunque, con il francese
mi sono complimentato per la mobilia, anche se solo dopo un po' ho
fatto il collegamento tra i mobili in stile Luigi 15 e il nome
dell'albergo. Su mia richiesta d'informazioni, l'uomo mi ha spiegato
che si tratta di riproduzioni fatte venire via nave direttamente
dalla Francia e io devo riconoscere di non aver mai visto da vicino
dei cassettoni e dei comodini così belli. E' coraggioso il
proprietario, a lasciare alla mercé degli ospiti oggetti così
pregiati, che non sfigurerebbero in qualche casa signorile o in
qualche museo. Alla sera, sopprimendo la frustrazione della mancata
connessione a internet, abbiamo passato una piacevole serata con
Alessandro e sua moglie ivoriana Ernestine, ma di questo parlerò,
forse, in un apposito reportage.
Ben arrivato!
RispondiEliminaL'ansia la devi controllare per forza. E questo è particolarmente difficile in molti casi considerato il luogo in cui ti trovi. Solo in paradiso magari c'è pace e relax. Un paradiso che non esiste se non nella fantasia di qualcuno.
RispondiEliminaCiao
Stando a una certa pubblicità, anche in paradiso bevono caffè.
EliminaIo qui faccio colazione con il the ed è notorio che la teina sia meno aggressiva della caffeina.