Tutte le volte che
arrivo al Charles de Gaulle di Parigi esperimento situazioni di
stress. Ormai è diventata una profezia autoavverantesi: so che sarò
preso dall'ansia e così avviene. Stavolta in più c'era l'incognita
dei maggiori controlli a causa dei recenti attentati terroristici. Mi
chiedevo se le minuziose perquisizioni dei bagagli a mano, oltre alla
snervante attesa del proprio turno, in coda, non mi avrebbero per
caso fatto perdere la coincidenza per Antananarivo. E invece, come mi
era già capitato, non sono passato attraverso i controlli del
metaldetector, in cui si deve togliere giubbotto, cintura, cappello,
orologio, chiavi, tutto ciò che si indossa di metallico e a volte
anche le scarpe, perché invece di atterrare al Terminal 2E, per poi
trasferirmi a quello 2F, da Venezia sono atterrato direttamente al
Terminal 2F, da cui partiva anche il volo internazionale. Essendo di
transito, è stato logico non dover sottostare a un secondo
metaldetector, con tanto di mini streptease. Ma anche stavolta le
galoppate le ho fatte lo stesso, essendo il Charles de Gaulle
immenso. Se poi ci mettiamo che ho scambiato il Gate L31 con il
sedile 31L, si capisce che, terroristi a parte, sono proprio
imbranato di natura. A uno stralunato poliziotto, che mi indicava la
direzione (solo quella capisco quando mi parlano in francese troppo
velocemente), non ho potuto far altro che dire “Merci”. E alla
fine, chiedendo ancora una volta per sicurezza, ho trovato il mio
Gate di partenza, l'L44.
E subito, accosciato a
terra con una specie di museruola a fascetta a serrargli le fauci, un
grosso cane mi ha tranquillizzato, come fanno sempre i cani al
guinzaglio in compagnia di esseri umani. Avete mai visto un bandito
che si porta dietro il cane quando va a fare una rapina in banca?
Stavo per chiedere informazioni all'umano seduto al suo fianco su
quali permessi speciali ci vogliano per far salire in compagnia del
padrone cani di peso superiore agli 8 chili, quando mi sono accorto
che era un cieco, con tanto di lungo bastone bianco, accompagnato,
per di più, da una ragazza, forse la figlia.
A questo punto, dopo
le 10 ore e mezza di volo e dopo una notte insonne a combattere con
le zanzare al Pavillon de jade, sono qui che vi racconto le mie
impressioni del viaggio, che non sarebbero banali come lo sono di
solito se, durante il volo, a sprazzi, non avessi letto alcune pagine
de “L'imbroglio della realtà”, di David Icke, con le cui mille
pagine ho intenzione di trastullarmi per i prossimi tre mesi in
Madagascar. Le sue affermazioni, che sono evidentemente frutto di
studi sulla fisica quantistica, dovrebbero far sì che ciò che segue
non sia per niente scontato, né banale.
Il tempo e lo spazio
non esistono, dice Icke. Le dieci ore e mezzo di volo e gli 11.000 Km
di distanza tra Parigi e Tanà neppure. Ma allora, perché io ero lì,
rattrappito su un sedile vicino al finestrino, a sonnecchiare e a
guardare l'orologio ogni momento per vedere quando si arrivava?
Risposta: perché il mio naturale computer corpo-mente stava
decodificando il campo elettromagnetico conosciuto come tempo e
quello elettromagnetico che noi chiamiamo spazio. Si possono anche
definire campi informazionali, ma è sempre il computer corpo-mente
che li decodifica vivendoli come durata e percorso. Se invece
dell'aereo avessi intrapreso il viaggio verso il Madagascar a piedi,
ci avrei messo anni e il mio corpo-mente avrebbe decodificato tutta
un'altra storia, come ben potrebbe testimoniare Marco Polo, quello in
carne e ossa, non l'aeroporto da cui sono partito, e infatti, la sua
decodificazione del campo elettromagnetico chiamato spazio, diretto
in Cina, è durata anni. Si può dire quindi che gli aerei sono
marchingegni che ci fanno accorciare di molto la decodificazione dei
campi elettromagnetici del tempo e dello spazio. Gli aerei, come
anche gli altri mezzi di trasporto veloci, sono come dei buchi neri
che ci portano in un'altra galassia. In questo mio caso, nella
galassia del Madagascar. Come tutti i “black hole”, presentano
qualche pericolo: non si sa dove ci faranno uscire, quelli cosmici, e
non si sa se si arriverà vivi, quelli meccanici. Sorvolando la Libia
a 11.000 metri di altezza, qualche pensierino funesto – lo confesso
– l'ho fatto.
Nel momento in cui è
iniziato il volo per Tana alle 10.45, per tutti i 300 passeggeri è
cominciato il film, cioè la decodificazione dei campi
elettromagnetici spazio-temporali, ma non per tutti il film è stato
identico. C'erano dei bambini che piangevano e quanto possono essere
lunghe 10 ore e mezza per un bimbo? E il cieco, che non poteva
neanche guardare le nuvole attraverso il finestrino, come avrà
decodificato i campi elettromagnetici del tempo e dello spazio? Ma
quello che m'incuriosisce di più è il suo grosso cane. Oltre alla
prima domanda che mi viene spontanea, su come abbia potuto resistere
tutte le ore del volo, più quelle dell'attesa all'imbarco e del
disbrigo delle formalità aeroportuali, all'arrivo, senza fare pipì,
come avrà decodificato il suo computer corpo-mente quei noiosissimi
campi elettromagnetici?
Se c'è una cosa di
cui i cani guida per ciechi sono dotati è sicuramente la pazienza.
Calcolando che per i cani un anno della loro vita corrisponde a sette
anni dei nostri, dieci ore delle nostre potrebbero essere cento ore
delle loro, dico io, così a naso. Anzi, a tartufo. Se c'è qualcuno
più bravo di me in matematica, cosa per altro non difficile, si
faccia avanti. Per un cane non è una cosa carina, immagino, e
l'ultima cosa al mondo che vorrei per Pupetta è costringerla a
venire con me in Madagascar, sottoponendola a un simile stress. Nella
stiva pressurizzata, per giunta!
Insomma, se noi siamo
ologrammi che decodificano campi elettromagnetici ovunque attorno a
noi, quando mi trovo in aeroporto, sia esso il Charles de Gaulle o
altri, e sbaglio Gate, o se vado in bagno mi casca il pettine sul
pavimento sporco, oppure se ne esco mi si ribalta il trolley,
significa, nella vita apparentemente reale, che sono un imbranato per
natura, un “clamsy man”, per dirla in inglese, ma nella vita
virtuale, anzi, oserei dire, nella vita essenziale, sono un computer
difettoso, bisognoso di manutenzione. So che il mio guasto non è dei
peggiori, perché ci sono al mondo computer umani che abbisognano
dell'intervento degli psichiatri, mentre io avrei bisogno tutt'al più
di quello degli psicologi, ma resta comunque fastidioso presentarsi
davanti a una commissione per fare una prova come giardiniere e non
riuscire a mettere in moto il decespugliatore, dopo che sono anni che
ne uso uno. Essere imbranati quando si è osservati da una terna
giudicante non mi ha portato in manicomio, ma non mi ha nemmeno
permesso di superare la prova. Ed è un bene, forse, perché in quel
caso, lavorando come giardiniere per la Provincia, non avrei potuto
partire per il Madagascar.
Insomma, se ciò che
dice David Icke è corretto, io sono un ologramma difettoso,
circondato da milioni di altri ologrammi, compresi quelli che vanno
in giro armati di kalashnikov, e avrei bisogno di un tecnico. Oppure
di fare yoga e meditazione e dare tempo al mio computer corpo-mente
di aggiustarsi da solo. Vedremo cosa hanno in serbo gli ologrammi
malgasci, da qui al prossimo 24 febbraio, se vivrò momenti
illusoriamente felici o illusoriamente infelici, se incontrerò
qualche malaso (bandito), se mi ammalerò di nuovo di epatite o se
riuscirò a fare qualcosa di buono, magari anche aprendo una qualche
attività lavorativa, visto che se aspetto di trovare lavoro in
Italia sto fresco. Qui come temperatura si sta una favola e si deve
solo combattere la notte con i moki (zanzare), anch'esse fastidiosi
campi elettromagnetici decodificati come parassiti succhiasangue.
Conoscete mica un webmaster per imbranati?
in un mondo oggi dominato da computer umanoidi e visti i risultati che tutti possiamo vedere..............meglio che tu sia un computer difettoso.....magari umano????
RispondiEliminaSi può infatti imparare a convivere con i propri difetti.
Eliminasiamo alla frutta...una commissione x giudicare.....a chi spetta il posto di giardiniere in provincia.
RispondiEliminacon la prova della messa in moto del decespugliatore siamo alla frutta,anzi oltre.
in un mondo dove gli esseri umani sono sostituiti sempre + da computer umanoidi non c'è speranza....la natura farà il suo corso,arriverà l'armageddon (molto probabilmente come tante altre volte nella storia dell'uomo)e le generazioni successive torneranno ad essere + umane......fino al ripetersi del ciclo precedente,è un colossale loop infinito che l'uomo non riesce a vedere x rompere questo funesto ciclo.
E' molto verosimile quello che dici, ma è anche vero che quando mi trovo davanti a gente preposta a giudicarmi vado in tilt.
EliminaE' per questo che la mia.....carriera universitaria si è fermata all'inizio.
Ma, nulla avviene per caso e forse io avevo altre strade da seguire.
Qui in Italia qualche ministro del lavoro propone di eliminare l'orario del lavoro per misurare il salario da corrispondere, invece, secondo lui, in base al risultato raggiunto.
RispondiEliminaSiamo macchine. Siamo robot. Con dei programmi installati come le app di uno smartphone. I campi elettromagnetici in cui ci immergono sono percepiti da vecchi sensori ormai atrofizzati e malfunzionanti.
Siamo gladiatori nell'arena per il sollazzo dell'imperatore.
In balla delle voglie di qualche banchiere.
Per i padroni siamo cacche da evitare per evitare di sporcarsi le scarpe.
Ti auguro una dimensione migliore in Madagascar.
Invio pensieri positivi e di pace a te Roberto sperando che riescano a viaggiare attraverso gli innumerevoli campi elettromagnetici e ad essere ricevuti dai tuoi sensori bioelettrici.
Fai buone cose Roberto.
Un abbraccio. Ciao.
Sei molto poetico, Giovanni, oltre che gentile.
EliminaQui - e non da ora - sto sperimentando un ribaltamento di prospettiva. Se in Italia sono un disoccupato, qui mi sento un....signore. Cioè, mi fanno sentire tale.
E' una specie di rivincita, per me, non avulsa da un senso di solidarietà nei confronti degli innumerevoli poveri che mi circondano e che mi danno addosso come nei peggiori incubi.
Buona nuova avventura!!! :)
RispondiEliminaGrazie Andrea.
EliminaAvventura mi sembra molto appropriato.
Un giorno forse in Mada ci andiamo insieme. Devi provare.
:-)
Buone vacanze, Roberto!
RispondiEliminaGrazie Angelo!
EliminaPoiché la mia vita è una vacanza continua, queste sono ipervacanze. Come un sogno dentro un sogno.
e attento a non farti spennare...........
RispondiEliminaCi provo tutte le volte, ma i malgasci riescono a incularti anche se stai in piedi con le spalle ben aderenti al muro.
EliminaE' una loro specialità.