Fonte: Repubblica
Esiste un conflitto
d’interesse in chi per mestiere cura o tutela animali e
natura, e poi pratica il cruento hobby della caccia? L’argomento è
reso attuale dalla vicenda del medico veterinario
contestato a seguito di una foto che lo ritrae, col fucile in
braccio, accanto a un leone appena ucciso durante un safari in
Tanzania. “La mia professione” avrebbe scritto in una nota il
dottor Luciano Ponzetto di Caluso, in provincia di Torino “non
è incompatibile con attività di caccia o safari, praticati nel
rispetto delle norme vigenti”. E’ vero, non è proibito curare
alcuni animali e ucciderne altri per divertimento, fintanto che la
caccia è un’attività lecita, ma può considerarsi opportuno in
termini di deontologia, sensibilità, affidabilità, coerenza?
Laddove il veterinario Ponzetto è un libero
professionista - che appartiene tra l’altro a una categoria molto
variegata quanto a amore e rispetto verso gli animali – gli agenti
del Cfs-Corpo Forestale dello Stato svolgono per conto della
collettività un’importante e delicata opera di monitoraggio di
territorio e biodiversità, antibracconaggio, censimenti. Ma è
questo un impegno compatibile con l’esercizio, a titolo
personale, dell’attività venatoria?
Se lo domanda un
evento Facebook appena nato, partendo dall’osservazione di
un’associazione venatoria di categoria per allargare a un
ragionamento più ampio. Nel caso specifico, a quanto si riporta,
almeno quattro rappresentanti del direttivo sono o sono stati
arruolati nel Cfs provinciale con ruoli di comando. L'articolo 27
della 157/92, la legge nazionale sulla fauna selvatica, recita: “Agli
agenti con compiti di vigilanza è vietato l’esercizio venatorio
nell’ambito del territorio in cui esercitano le funzioni”. “Non
è il caso dei nostri esponenti della Provincia di Belluno,
le cui competenze non confliggono con l'attività venatoria
individuale”, puntualizzano dal Cfs: “solo uno di loro è
impegnato nella vigilanza di un’area protetta, dove, ovviamente,
non andrà a caccia”. Ci si chiede tuttavia se, in
assoluto, sia auspicabile permettere la convivenza del
ruolo di controllore con quello di controllato. Coloro
che hanno a cuore le sorti delle altre specie sarebbero, con
ogni probabilità, ben felici di sapere che nessuno,
nell’ambito di una forza dedicata a difendere la natura, tragga
diletto dall’uccisione degli animali.
“Noi tutti stimiamo
e abbiamo sempre sostenuto e difeso il Cfs, anche con petizioni atte
a salvaguardarne l'autonomia e le funzioni”, recita la motivazione
della neonata pagina Facebook, dal titolo Chiediamo
che chi opera nel Corpo Forestale non possa esercitare
l'attività venatoria. “Questo
evento" - prosegue - "nasce da un gruppo di attivisti
indipendenti con l’obiettivo di capire quanti agenti del Cfs siano
anche cacciatori. Siamo partiti da una verifica nella provincia di
Belluno, ma ci piacerebbe creare una mappa nazionale del fenomeno.
Invitiamo perciò chiunque abbia informazioni nel merito a dividerle
con noi, evitando categoricamente toni e commenti offensivi. Alla
fine della nostra indagine intendiamo chiedere l’istituzione del
divieto di caccia per gli agenti in servizio a difesa dell’ambiente,
perché i due ruoli ci sembrano in aperta contraddizione”.
Andrea Brutti,
responsabile del Settore fauna selvatica dell'Enpa-Ente nazionale
protezione animali, commenta il principio che ispira
l'iniziativa: "Al di là di quanto sancisce la legge,
sarebbe opportuno che chi ricopre una carica di vigilanza, che
comporta attenzione e rispetto per la tutela della biodiversità e
degli animali selvatici, non concorresse in alcun modo al ricorso
dell'esercizio venatorio, o di ogni attività in contrasto con tale
mission. Egli stesso infatti" - aggiunge Brutti - "può
essere chiamato al controllo, seppur in territorio diverso,
dell'operato di cacciatori con cui magari, in altra sede, condivide
la pratica della caccia. Attività in cui, a sua volta, è
soggetto alle verifiche di altri forestali. E' insomma una
questione delicata che può motivare contraddizioni. Laddove
poi i forestali cacciatori fossero colti in violazione delle
norme, lì ci si aspetta che vengano quantomeno
radiati dal Corpo".
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