Per molte sere San
Giovanni Bosco fu accompagnato da un grosso cane nero, che faceva con
lui un pezzo di strada. La prima volta che successe, Giovanni temeva
che si trattasse di un demone dell'inferno venuto a tentarlo, ma
essendosi la cosa ripetuta per più serate senza che l'animale gli
recasse danno, alla fine San Giovanni Bosco lo lasciò fare. Una sera
però Giovanni fu aggredito da alcuni banditi, ma il suo misterioso
accompagnatore a quattro zampe prontamente intervenne per metterli in
fuga e da quella volta il Santo capì che il grosso cane era
tutt'altro che un demone tentatore. Anzi, era piuttosto un angelo
custode.
La sera di lunedì 30
novembre, io e Tina stavamo camminando in una strada buia di
Antsirabe diretti al ristorante “Desiderata”, quando ci siamo
accorti di essere seguiti a breve distanza da un cane magro e
famelico. Tina accelerò il passo e io camminai normalmente
voltandomi spesso per vedere cosa facesse il cane. Quando io mi
fermavo, anche lui si fermava. Quando io ripartivo, anche lui
ripartiva. Se venivano avanti nel buio dei malgasci, in direzione
opposta, il cane si scansava e questo mi faceva pensare che anche gli
animali selvatici in Africa scappano quando vedono un negro, ma non
hanno timore quando vedono un bianco, perché sanno che tra i due
quest'ultimo è il meno pericoloso.
Per un po', finché è
durata questa passeggiata, con il cane che mi tallonava da vicino, ho
pensato che si fosse instaurata una qualche relazione magica tra me e
lui, forse perché, sensitivi come sono gli animali, si era accorto
che io ero l'unico essere umano in tutta la città a voler bene agli
animali, in particolar modo ai cani. E invece, arrivati a una svolta,
mi resi conto che la spiegazione del suo strano comportamento era
molto più prosaica. C'era una vasca in cemento ricolma d'immondizia,
con già dentro un umano che si faceva luce con il cellulare per
cercare qualcosa di commestibile o di utile in qualche altra maniera.
Anche la mia cagnetta, benché priva di cellulare o di altra fonte di
luce, salì sul muretto della vasca per mettersi a rovistare fra i
rifiuti. In definitiva, la cagna stava solo andando a cena,
esattamente quello che stavamo facendo io e Tina, che però abbiamo
trovato il ristorante chiuso, dato che molti locali chiudono il
lunedì.
Quella stessa mattina,
aspettavo che tornasse la corrente al Razafimamonjy, luogo in cui i
giovani di Antsirabe e i turisti si collegano a internet, quando
sento un guaito di cane adulto provenire dalla strada. Esco e vedo a
poca distanza dall'altra parte della via principale un gruppo di
bambini di strada in mezzo ai quali c'erano tre cani. Mi avvicino e
subito i bambini mi dicono: “malade, malade”, indicando la zampa
probabilmente spezzata del cane che era appena stato investito da una
macchina. Esteriormente, anche se era visibile una piccola
escoriazione, la zampa non presentava strane angolazioni, ma gli
occhi dell'animale mostravano una rassegnata sofferenza, a causa
dell'ennesimo affronto che quella povera anima randagia aveva dovuto
subire. I bambini, invece, ridevano e scherzavano, ma non sembravano
troppo crudeli con quello che forse consideravano un loro compagno di
giochi e di accattonaggio. Dopo aver fatto la foto al cane che,
quietatosi, si era acciambellato sulla zampa sana, uno dei bambini mi
ha indicato degli involtini di carne esposti su una bancarella a
qualche metro di distanza, ma io me ne sono andato perché non posso
farmi carico né delle disgrazie del mondo, né di quelle del
Madagascar, che sono altrettanto impossibili da sanare.
Ad occuparsi
dell'infanzia abbandonata, qualora i genitori vengano meno ai loro
compiti stabiliti dalla natura da milioni d'anni, dovrebbero essere
le istituzioni, ovvero la collettività. Se anche la collettività
latita, allora subentrano le immancabili leggi della natura che,
oltre a far riprodurre incontrollatamente cani e uomini, impongono la
sopravvivenza del più forte. Non saranno pochi involtini di carne a
saziare una mezza dozzina di bambini abbandonati, né a cambiar loro
la vita. Proprio come non saranno dei boccini di pane a saziare i
cani randagi, né a cambiar loro la vita. C'è bisogno di un
cambiamento radicale. C'è bisogno per esempio che i miei 140.000
ariary spesi per comprare il visto d'ingresso in Madagascar servano
per sfamare quei bambini di Antsirabe, insieme ai “loro” cani e
non a permettere al funzionario di turno di comprarsi il fuoristrada
ultimo modello. Se riuscirete a capire chi sono i cattivi in questa
brutta storia, allora eviterete di accusarmi di essere cinico quando
do da mangiare ai cani randagi ma non ai bambini di strada. Come
faccio ogni volta che vengo su quest'isola.
Bravo Roberto. Condivido le tue riflessioni.
RispondiEliminaLa vita è molto complicata e non tutti riescono a riflettere con serenità.
La corruzione va' combattuta con tutte le forze.
È una forma mentis che annulla ogni sforzo per migliorare il mondo.
Ciao
Corruzione, cioè parassitismo.
EliminaIl libro di Icke che mi sono portato dietro parla di Arconti parassiti: molti tasselli vanno al loro posto nella mia mente.
I parassiti non sono cattivi, solo fastidiosi.
Meglio evitarli, comunque.