martedì 1 dicembre 2015

Anime in cerca di cibo


 
Per molte sere San Giovanni Bosco fu accompagnato da un grosso cane nero, che faceva con lui un pezzo di strada. La prima volta che successe, Giovanni temeva che si trattasse di un demone dell'inferno venuto a tentarlo, ma essendosi la cosa ripetuta per più serate senza che l'animale gli recasse danno, alla fine San Giovanni Bosco lo lasciò fare. Una sera però Giovanni fu aggredito da alcuni banditi, ma il suo misterioso accompagnatore a quattro zampe prontamente intervenne per metterli in fuga e da quella volta il Santo capì che il grosso cane era tutt'altro che un demone tentatore. Anzi, era piuttosto un angelo custode.



La sera di lunedì 30 novembre, io e Tina stavamo camminando in una strada buia di Antsirabe diretti al ristorante “Desiderata”, quando ci siamo accorti di essere seguiti a breve distanza da un cane magro e famelico. Tina accelerò il passo e io camminai normalmente voltandomi spesso per vedere cosa facesse il cane. Quando io mi fermavo, anche lui si fermava. Quando io ripartivo, anche lui ripartiva. Se venivano avanti nel buio dei malgasci, in direzione opposta, il cane si scansava e questo mi faceva pensare che anche gli animali selvatici in Africa scappano quando vedono un negro, ma non hanno timore quando vedono un bianco, perché sanno che tra i due quest'ultimo è il meno pericoloso.


Per un po', finché è durata questa passeggiata, con il cane che mi tallonava da vicino, ho pensato che si fosse instaurata una qualche relazione magica tra me e lui, forse perché, sensitivi come sono gli animali, si era accorto che io ero l'unico essere umano in tutta la città a voler bene agli animali, in particolar modo ai cani. E invece, arrivati a una svolta, mi resi conto che la spiegazione del suo strano comportamento era molto più prosaica. C'era una vasca in cemento ricolma d'immondizia, con già dentro un umano che si faceva luce con il cellulare per cercare qualcosa di commestibile o di utile in qualche altra maniera. Anche la mia cagnetta, benché priva di cellulare o di altra fonte di luce, salì sul muretto della vasca per mettersi a rovistare fra i rifiuti. In definitiva, la cagna stava solo andando a cena, esattamente quello che stavamo facendo io e Tina, che però abbiamo trovato il ristorante chiuso, dato che molti locali chiudono il lunedì.


Quella stessa mattina, aspettavo che tornasse la corrente al Razafimamonjy, luogo in cui i giovani di Antsirabe e i turisti si collegano a internet, quando sento un guaito di cane adulto provenire dalla strada. Esco e vedo a poca distanza dall'altra parte della via principale un gruppo di bambini di strada in mezzo ai quali c'erano tre cani. Mi avvicino e subito i bambini mi dicono: “malade, malade”, indicando la zampa probabilmente spezzata del cane che era appena stato investito da una macchina. Esteriormente, anche se era visibile una piccola escoriazione, la zampa non presentava strane angolazioni, ma gli occhi dell'animale mostravano una rassegnata sofferenza, a causa dell'ennesimo affronto che quella povera anima randagia aveva dovuto subire. I bambini, invece, ridevano e scherzavano, ma non sembravano troppo crudeli con quello che forse consideravano un loro compagno di giochi e di accattonaggio. Dopo aver fatto la foto al cane che, quietatosi, si era acciambellato sulla zampa sana, uno dei bambini mi ha indicato degli involtini di carne esposti su una bancarella a qualche metro di distanza, ma io me ne sono andato perché non posso farmi carico né delle disgrazie del mondo, né di quelle del Madagascar, che sono altrettanto impossibili da sanare.


Ad occuparsi dell'infanzia abbandonata, qualora i genitori vengano meno ai loro compiti stabiliti dalla natura da milioni d'anni, dovrebbero essere le istituzioni, ovvero la collettività. Se anche la collettività latita, allora subentrano le immancabili leggi della natura che, oltre a far riprodurre incontrollatamente cani e uomini, impongono la sopravvivenza del più forte. Non saranno pochi involtini di carne a saziare una mezza dozzina di bambini abbandonati, né a cambiar loro la vita. Proprio come non saranno dei boccini di pane a saziare i cani randagi, né a cambiar loro la vita. C'è bisogno di un cambiamento radicale. C'è bisogno per esempio che i miei 140.000 ariary spesi per comprare il visto d'ingresso in Madagascar servano per sfamare quei bambini di Antsirabe, insieme ai “loro” cani e non a permettere al funzionario di turno di comprarsi il fuoristrada ultimo modello. Se riuscirete a capire chi sono i cattivi in questa brutta storia, allora eviterete di accusarmi di essere cinico quando do da mangiare ai cani randagi ma non ai bambini di strada. Come faccio ogni volta che vengo su quest'isola.

2 commenti:

  1. Bravo Roberto. Condivido le tue riflessioni.
    La vita è molto complicata e non tutti riescono a riflettere con serenità.
    La corruzione va' combattuta con tutte le forze.
    È una forma mentis che annulla ogni sforzo per migliorare il mondo.
    Ciao

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    Risposte
    1. Corruzione, cioè parassitismo.

      Il libro di Icke che mi sono portato dietro parla di Arconti parassiti: molti tasselli vanno al loro posto nella mia mente.

      I parassiti non sono cattivi, solo fastidiosi.

      Meglio evitarli, comunque.

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