mercoledì 9 marzo 2016

Movimenti di truppe nell'Europa dell'est



BRATISLAVA –  Rivoluzione elettorale in Slovacchia. A poche ore dalla chiusura dei seggi per il rinnovo del Parlamento, due dati emergono chiarissimi: il partito amato da Bruxelles è schiantato alle urne perdendo quasi la metà dei suoi voti e la destra entra in Parlamento con un successo clamoroso. Il risultato è che il premier uscente Robert Fico, socialdemocratico, non ha i seggi per varare il nuovo governo e ne potrebbe nascere invece uno di destra, che teoricamente i voti in Aula li ha. L’alternativa a tutto ciò è – come in Spagna – il ritorno alle urne con la certezza della vittoria della destra. Nessuno di questi esiti ovviamente è gradito, in chiave Ue, visto che la Slovacchia l’1 luglio assumerà il semestre di presidenza del Consiglio Ue, proprio in una fase in cui proprio a Est si notano alcune delle spinte più potenti contro l’Unione europea, vista come una dittatura e come una disgrazia economica irrimediabile.

 
Queste sono le prime valutazioni dopo le elezioni di ieri, caratterizzate da una “vittoria a metà” – in pratica una sconfitta – per il socialdemocratico Robert Fico, da una forte avanzata delle forze della destra nazionalista e dall’ingresso nella nuova assemblea legislativa di otto partiti che hanno superato la soglia del 5%. Notevole l’affluenza alle urne, pari al 60%, a dimostrazione di quanto i cittadini abbiano sentito l’importanza di questa tornata elettorale. Il partito socialdemocratico Smer Sd, del premier Robert Fico si è confermato primo partito ma con appena il 28,3% dei consensi e 49 dei complessivi 150 seggi del Parlamento. Un vero e proprio crollo rispetto alle precedenti elezioni del 2012, quando aveva conquistato il 44% dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi, ben 83. A Fico e al suo partito – la cui immagine negli ultimi tempi è stata deteriorata da alcuni casi di sospetta corruzione – evidentemente non è bastata una campagna elettorale tutta imperniata su temi cari alla destra, su slogan anti migranti e sull’ostentato no a Bruxelles di qualsiasi ipotesi di accogliere profughi, soprattutto di religione islamica.
 
Spetterà comunque a Fico il primo tentativo di formare il nuovo esecutivo. “Creare un governo che abbia un senso e che goda di sufficiente stabilità non sarà facile, lo dico con chiarezza. Ma abbiamo l’obbligo di provarci”, ha ammesso lo stesso Fico, il quale ha detto di voler prendere in considerazione una serie di possibili partner di coalizione, pur non indicandone nessuno in particolare. Visto però il nuovo assetto dell’assemblea legislativa, saranno almeno due i partiti coi quali Fico dovrà provare ad allearsi, e saranno di destra, perché il resto del Parlamento slovacco ora è di destra. Al secondo posto, a sorpresa, il partito liberale del centro destra Sloboda a Solidarita (Sas), Libertà e solidarietà, con il 12,1% dei voti e 21 seggi probabili. Il leader di questo schieramento, l’economista Richard Sulik, ha già detto di essere pronto ad assumere la responsabilità di formare un governo, nel caso Fico dovesse fallire nel suo tentativo.
 
Nonostante i contrasti che caratterizzano i rapporti fra le forze del centrodestra, non è comunque da escludere – anzi si dà per probabile a Praga – una alleanza fra più partiti, con la conseguente esclusione dei socialdemocratici e la nascita di un governo di destra fermamente schierato su posizioni “no Ue”  e “no immigrati”. Terzi, anch’essi a sorpresa, un nuovo partito anch’essso di destra, Olano, acronimo di Gente comune e personalità indipendenti, capeggiati dall’imprenditore e deputato Igor Matovic (foto), che hanno raggiunto l’11% dei voti e 19 seggi. Alle loro spalle, con l’8,6% e 15 seggi, i nazionalisti della Slovenska narodni strana, capeggiati dall’avvocato Andrej Danko, che tornano in Parlamento dopo la fallimentare esperienza del 2012, quando non superarono la soglia di sbarramento. L’elettorato evidentemente ha gradito la nuova linea del Partito nazionale slovacco che negli ultimi anni ha messo da parte gli attacchi contro la minoranza ungherese presente in Slovacchia, indicando come principali nemici l’Unione europea e chiaramente i migranti.

A brillare in queste elezioni è però soprattutto l’affermazione dello schieramento di destra Ludova Strana Nase Slovensko (partito popolare Nostra Slovacchia), che entrano nel nuovo Parlamento slovacco con un plotone di 14 deputati, grazie all’8% dei voti. A guidarli è Marian Kotleba, il quarantenne da tre anni governatore della Regione di Banska Bystrica, impostosi con una infervorata campagna tutta a base di slogan anti migranti e anti zingari, in un paese di 5,4 milioni di abitanti, dove la comunità Rom conta quasi 400 mila persone e si rende responsabile della maggior parte delle azioni criminali che avvengono in Slovacchia. Quindi, la sintesi finale delle elezioni in questo Paese è data dalla fortissima svolta a destra degli elettori verso una Slovacchia sempre più lontana dalla Ue e va da sè dall’euro, libera da imposizioni di Bruxelles sull’immigrazione verso un futuro di prosperità e indipendenza simile a quello già da tempo raggiunto dall’Ungheria di Viktor Orban.

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