giovedì 25 luglio 2019

Razzismo o malasanità?


Testo di Francesca Fornario su Il Fatto Quotidiano, 11 luglio 2017

Marco si è sentito male domenica, mentre era con suo fratello e gli amici. Un ragazzo gentile di 24 anni che parlava cinque lingue, impegnato come volontario per tradurre le informazioni ai richiedenti asilo. Si lamentava per i forti dolori all’addome. I crampi che provoca l’appendicite quando si infiamma. È corso in ospedale, dove lo hanno trattato con superficialità e dimesso senza fargli alcuna analisi. «Ma io sto malissimo, mi fa male la pancia!», ripeteva. Non gli hanno creduto.


Nelle ore successive i dolori aumentano. La sera, Marco non riesce più a stare in piedi. Suo fratello e i suoi amici lo portano alla farmacia di turno, quella di Piazza Garibaldi, a un passo dalla stazione centrale di Napoli. Il farmacista si rifiuta di aprire la porta. Vede il ragazzo contorcersi per il dolore. Lo pregano di chiamare un’ambulanza. Attendono per più di un’ora, mentre Marco è riverso a terra, ma l’ambulanza non arriva. I ragazzi corrono alla fermata dei taxi più vicina, quella di Piazza Mancini. Per accompagnare Marco in ospedale servono dieci euro per la corsa. «Eccoli!», dicono, ma il tassista si rifiuta di caricarli. «Per piacere, sta malissimo!». Niente da fare.


I ragazzi sollevano Marco e lo scortano a un’altra farmacia. Il farmacista osserva il ragazzo e gli suggerisce di acquistare farmaci per quindici euro. Marco inghiotte i farmaci, torna a casa, vomita. Suo fratello e i suoi amici tentano di nuovo di chiamare un’ambulanza, invano. Si rivolgono a Mauro, che è medico. Telefona anche lui: «Non possiamo mandare un’ambulanza per un ragazzo che vomita». «Ma sta male - li supplica Mauro - è urgente!». Ricostruisce i fatti parlando al telefono con i colleghi, spiega i sintomi. Marco rantola, ha quasi perso conoscenza. «Niente ambulanza, dovete portarlo a farsi visitare alla guardia medica. Nel caso, poi, l’ambulanza la chiamano loro».


Sui fratello e gli amici lo prendono in spalla, corrono disperati verso Piazza Nazionale. Fermano una volante dei Carabinieri ma nemmeno quelli vogliono caricare Marco in macchina. Si rimettono a correre. Quando arrivano a destinazione Marco non risponde più. I medici capiscono che bisogna chiamare un’ambulanza e operarlo al più presto, ma il più presto era prima. Poco dopo l’arrivo in ospedale, Marco è morto.

È morto perché non si chiamava Marco ma Ibrahim Manneh e veniva dalla Costa D’Avorio, come l’abbiamo ribattezzata noi europei nel 1500, quando abbiamo razziato tutti gli elefanti della zona portandoli all’estinzione.

Michele Rizzi: In memoria di tutti gli Ibrahim contro il razzismo crescente di coloro che per squallidi ritorni elettorali giocano sulla pelle degli immigrati, di coloro che vogliono erigere muri o blocchi navali, di coloro che si scagliano contro chi cerca una vita migliore. Io sono Ibrahim! Per non dimenticare, mai! 

2 commenti:

  1. Essendo che sono straniero anch'io in terra asiatica mi si permetta di poter dire che I'll Negro in questione e' un Privilegiato gli va di lusso a essere in Italia tutto gratis mica cazzi !in ospedale asiatico IL sottocritto per un morbillo da 41 gradi di febbre che credevano fosse Dengue e che a momenti ci rimanevo secco GI umanitari dottori hanno voluto vedere LA grana sul bancone assieme a carte di credito prima di guardarmi in faccia altrimenti aria raus quella e ' LA porta! potevo anche crepare per strada come un cane senza che I'll fatto quotidiano di carta igenica scrivesse niente ,risultato 2-3 giorni piu di 600 euro 15 anni fa ,I'll fatto quotidiano giornale del sionista travaglio deve and are a fare in cu... Con queste storielle strappalacrime , io ci convivo con la precarieta del vivere all'estero e col razzismo ma non me ne lamento anzi soon io che li aiuto con cibarie mancie vestiario ecc mai Loro ! che vada a fare in cu.. Travaglio faccia da me... Con quel sorrisino sarcastico con 2 SS glielo farei passare

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    1. In Madagascar è più o meno uguale, anche se a noi bianchi ci trattano sempre con un occhio di riguardo, perché probabilmente danno per scontato che abbiamo il denaro per pagarci le visite mediche.

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