Testo di Marco Gregoretti
“Giulio Regeni era
un agente di primo livello, non un semplice collaboratore”. La
notizia mi fa sobbalzare sulla sedia. E approfondisco, con chi,
ovviamente, me l’ha data con tutti i dettagli del caso. “Che la
finissero di rompere il c…. Regeni non aveva una semplice
collaborazione. La mia fonte mi aveva ben notiziato. Lei con il suo
articolo che raccontava i rapporti tra l’agente ucciso e l’Aise,
aveva toccato un nervo scoperto. Il generale Alberto Manenti
(Direttore dell’Aise Ndr) è andato al Cairo. Ma quando mai un capo
di un servizio si muove per qualcuno? La prima notizia che lei ha
dato li ha messi in paranoia”… Il compito di Regeni era quello,
con la scusa della ricerca, di raccogliere informazioni sulla
situazione sociale e sugli umori della popolazione. Probabilmente
aveva già un po’ di esperienza: contrariamente a quanto si
continua a scrivere e a dire, non era un “ragazzo”. Aveva 28
anni: a 18 anni c’è chi entra in Accademia a Modena e a 22 diventa
tenente. I capitani dell’esercito e dei carabinieri hanno 24, 25
anni. Commissario di Polizia si è promossi a 28. Insomma non avrebbe
dovuto essere uno sprovveduto. Ma, evidentemente, non essendo un
militare, si è spinto un po’ troppo in là, facendo realmente
credere di essere un simpatizzante dell’opposizione. Parlava con
tutti. Mi raccontano: “Sì, parlava con le vecchine che vendono
nelle bancarelle, con i tassisti. Si informava di tutto. Chiedeva
delle loro condizioni di vita, di come stavano economicamente, degli
scioperi. E poi appuntava ogni cosa. Questo lo ha ucciso. Parlava con
troppe persone, molte delle quali attenzionate dal regime.
Doveva incontrare gli
ambulanti. Lo andarono a prendere. Ma non arrivò mai nella piazza.
Non prese mai la metropolitana. Lo hanno tradito?”. L’allarme dei
servizi era partito la notte del sequestro, il 25 gennaio, ma già
prima che sparisse erano state fatte ispezioni a casa sua. Da parte
di chi? Una fitta corrispondenza con l’Ambasciata mise in evidenza
che era stata richiesta la ricerca di Regeni ai nostri servizi
segreti al Cairo, i quali però ricevettero dagli apparati egiziani
questa risposta: “Non abbiamo alcuna informazione”… Dopo
quindici ore e mezzo fu inviata una nota ufficiale di allarme al
governo. I passaggi di questo intrigo sono documentati.
L’agente Regeni
aveva un appuntamento con l’amico Gennaro Gervasio (in foto). Ma non è mai
arrivato. E alle 20,30 Gervasio aveva già perso le tracce
dell’amico. Dopo tre ore, alle 23,30, decise di chiamare
l’ambasciatore Maurizio Massari, che conosceva e di cui aveva il
numero di telefonino. Massari lanciò l’allarme e avvertì i
servizi segreti italiani sul posto. La mattina dopo Massari tornò
alla carica con la nostra intelligence: “Abbiamo compiuto
verifiche, ma non abbiamo saputo nulla”. Alle 15 del 26 gennaio,
mancavano ancora nove ore al termine stabilito dalla legge per poter
effettuare una denuncia di scomparsa, l’Ambasciata italiana inviò
una comunicazione ufficiale al ministero degli esteri egiziano e, in
copia, al ministero dell’Interno e ai Servizi segreti egiziani
chiedendo loro di attivarsi per il ritrovamento. A mezzanotte Gennaro
Gervasio e un funzionario dell’Ambasciata sporsero una regolare
denuncia al commissariato di Dokki (al-Doqqī è un distretto vicino
al Cairo) per la scomparsa di Giulio Regeni. Una ricostruzione
attendibile.
Ma restano ancora
alcuni interrogativi. Quando Manenti è andato al Cairo? E perché?
“È arrivato il primo febbraio ed è ripartito il tre. Era già in
volo quando gli fu comunicata la notizia del ritrovamento del
cadavere. Mi chiede perché sia andato in Egitto? Volevano
recuperarlo vivo e si poteva fare”. Non è chiaro, però, come
questo sarebbe potuto avvenire. È vero che, come risulta al blog,
sul campo c’era e c’è una rete, peraltro con altri “Regeni”
al suo interno, però la parola blitz suscita ironia: “Ma lei sta
bestemmiando… Un blitz? E chi lo faceva? All’italiana l’avrebbero
liberato. Pagando? Forse, ma non penso… Quelli hanno disarticolato
i nostri servizi in un colpo solo, perché siamo il Paese di
Pulcinella. I servizi egiziani si fanno grandi risate anche sulla
vita privata dei nostri ministri. Tutto sanno…”
In effetti il sapore della presa in giro c’era eccome: i nostri apparati di intelligence insistevano sul fatto che era stato arrestato un nostro cittadino e loro rispondevano di non saperne nulla. Poi hanno fatto trovare Regeni morto dando come prima versione quella dell’incidente stradale, prendendoci ancora in giro. E, dopo un parossistico tira e molla politico, il ritrovamento del cadavere torturato e mutilato. Ai tempi dei tempi succedeva che i servizi segreti rispondevano colpo su colpo, poi, magari facevano lo scambio al check point Charlie… Qui si apre un altro difficile capitolo: lo stato dei servizi segreti italiani. Siamo in prossimità dei rinnovi dei vertici e all’interno della nostra intelligence risulta che sia in atto una guerra furiosa, marcata per altro dal fatto che oramai Aise e Aisi sono poco più che esecutori di input di servizi segreti di altri Paesi. Volano, dunque, i dossier che possono finire con il mettere in difficoltà il governo, anche perché sullo sfondo c’è la decisione del Premier di affidare a una grande società esterna privata la gestione di tutta la partita della sicurezza informatica. “Questi servizi sono, sono… non mi faccia dire, guardi. Per fortuna che ancora oggi nei servizi segreti esiste una zona grigia”. Quale? “Quella di sempre”.
In effetti il sapore della presa in giro c’era eccome: i nostri apparati di intelligence insistevano sul fatto che era stato arrestato un nostro cittadino e loro rispondevano di non saperne nulla. Poi hanno fatto trovare Regeni morto dando come prima versione quella dell’incidente stradale, prendendoci ancora in giro. E, dopo un parossistico tira e molla politico, il ritrovamento del cadavere torturato e mutilato. Ai tempi dei tempi succedeva che i servizi segreti rispondevano colpo su colpo, poi, magari facevano lo scambio al check point Charlie… Qui si apre un altro difficile capitolo: lo stato dei servizi segreti italiani. Siamo in prossimità dei rinnovi dei vertici e all’interno della nostra intelligence risulta che sia in atto una guerra furiosa, marcata per altro dal fatto che oramai Aise e Aisi sono poco più che esecutori di input di servizi segreti di altri Paesi. Volano, dunque, i dossier che possono finire con il mettere in difficoltà il governo, anche perché sullo sfondo c’è la decisione del Premier di affidare a una grande società esterna privata la gestione di tutta la partita della sicurezza informatica. “Questi servizi sono, sono… non mi faccia dire, guardi. Per fortuna che ancora oggi nei servizi segreti esiste una zona grigia”. Quale? “Quella di sempre”.
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