Testo di Emanuela Pippi Ferraro
Mi chiamavo Ayham
Hussein e avevo 15 anni. Non ho mai ben capito né saputo perché non
potevo avere sogni, desideri e una vita come quella di tutti i
ragazzi al di là del mare. Ma pare che avere sogni fosse proibito,
così come desiderare e ascoltare musica. Quelli che hanno deciso
così hanno detto che “la musica e le canzoni sono proibite
dall'Islam perché impediscono di pensare a Dio e al Corano, e
diventano una tentazione e una corruzione del cuore”. Una
corruzione del cuore. Come può essere, se il mio cuore era così
contento quando mettevo le cuffie e ascoltavo quelle canzoni inglesi
che parlavano di amore? Come può essere, se Dio vuole che siamo
felici e non soli, umiliati e tristi? Non ho mai avuto molto, né mi
interessava averlo. Mi piaceva fare compagnia a mio padre nel suo
negozio e giocare un po’ a pallone nel cortile accanto a casa, tra
la polvere. In Iraq si vive come si vive. La gente si adegua, ha
paura, forse, e non cambia, non spera.
Io sapevo poco del mondo,
ma mi sarebbe piaciuto molto studiare, viaggiare, conoscerlo. Una
volta, uno zio mi ha detto che tanti uomini e donne e bambini
innocenti erano stati uccisi e bruciati tutti insieme, la chiamava
Olocausto questa cosa, e mi disse pure che tutto il mondo aveva
promesso che nulla di simile sarebbe accaduto mai più. Nulla di
simile. Mi chiamavo Ayham Hussein e avevo 15 anni quando, in una
piazza piena di gente, mi hanno tagliato la testa portandosi via la
mia vita e i miei sogni. Mi chiamavo Ayham Hussein e avevo 15 anni
quando ho capito che le promesse, spesso, non vengono mantenute.
(Ayham Hussein è
stato giustiziato a Mosul, in Iraq, il 19.02.2016 dai jihadisti, dopo
essere stato trascinato via mentre ascoltava musica pop nel negozio
di suo padre)
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