“Non fare il bene
che è sprecato; non fare il male che è peccato”. Con questo
spietato, cinico e disarmante proverbio si riassume il senso dei
nostri rapporti con il Prossimo. Per non parlare di quello più famoso: "L'inferno è lastricato di buone intenzioni". Nonostante tutti i tentativi per
arrivare a un codice di comportamento etico che vada bene per tutti,
da parte di religioni organizzate o di singoli individui conosciuti
come “uomini di buona volontà”, le conseguenze tragiche del
volere a tutti i costi essere generosi e altruisti si riscontrano giornalmente, a
ritmo sempre più incalzante, nei rapporti tra noi sedentari e gli
altri, nomadi o migranti che siano. Si direbbe che il movimento sia
incompatibile con la staticità. Per chi è “fuori casa”,
sradicato e ramingo (e anche i Rom, storicamente, lo sono) valgono
regole diverse da chi ha messo radici in un determinato territorio.
Così abbiamo il possidente di case che offre temporanea ospitalità
a un rumeno e poi non riesce più a farlo sloggiare. Ci sono le proteste, che
ormai non fanno più notizia, di migranti che si lamentano perché
non hanno il wi-fi in albergo o perché non gli piace il cibo
italiano. C'è l'addetto alla distribuzione dei pasti sgozzato da un africano per motivi ignoti. C'è la ragazza italiana che ha commesso
l'errore di fidanzarsi con un senegalese, il quale nella sua terra
considera le donne esseri inferiori (e questo vale anche per le
italiane che sposano un musulmano). Ma abbiamo anche – paradosso
dei paradossi - il deputato norvegese che si dispiace perché il suo
violentatore, finito di scontare la pena detentiva, è stato espulso
e rimandato in Somalia.
Morale della favola:
nessuno ha diritto di pretendere alcunché e il rispetto deve essere
meritato. Se i migranti pensano che l'ospitalità gli sia dovuta,
dovranno ricredersi. Dovranno ficcarselo in testa, con le buone o con
le cattive. Nel frattempo, mentre si fanno mantenere dagli italiani,
potrebbero manifestare un minimo di gratitudine. Sempre che nel loro
bagaglio culturale sia contemplata.
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