Non ci sarà alcun
ripensamento, da parte del Governo, su quella che è stata battezzata
“la tassa sui bancomat” ossia l’ormai famigerato “comma 7
bis” della delega fiscale che va a sanzionare i prelievi non
giustificati allo sportello del bancomat. La norma, in particolare,
autorizzerà il fisco a verificare l’uso del contante prelevato dai
contribuenti. Ma vediamo meglio di cosa si tratta. Si sta
scatenando una vera e propria bufera mediatica sull’intenzione del
Governo di ripristinare i controlli sulle somme in uscita dai conti
correnti, andando a (ri)tassare – anche pesantemente – tutto ciò
che non potrà essere giustificato. Una misura non ancora approvata,
ma che, qualora diventi legge, benché con il nobile tentativo di
combattere l’evasione fiscale, imbriglierà le mani di tanti
possessori di conti correnti bancari e postali.
La norma si
indirizza principalmente a professionisti e titolari di Partite IVA
ed è volta a scoraggiare per sempre l’uso del contante: infatti,
nel caso di ritiro di banconote dallo sportello del bancomat, le
modalità di spesa dello stesso dovranno essere dettagliatamente
giustificate al fisco (sempre che quest’ultimo chieda chiarimenti),
pena una sanzione che andrà dal 10 al 50% della somma prelevata. C’è chi parla,
allora, di introduzione dell’obbligo di tenuta di libri contabili
familiari e personali, con conservazione di scontrini e ricevute per
poter documentare, anche a distanza di molto tempo, come sono stati
spesi i soldi; c’è chi, invece, continua ad essere scettico sulle
possibilità che l’Agenzia delle Entrate effettui controlli di
questo tipo, posto peraltro il recente intervento della Corte
Costituzionale la quale, solo lo scorso anno, ha liberalizzato tutti
i prelievi dal conto corrente per i liberi professionisti.
Infatti,
non è una novità, per la nostra legge, quella di voler controllare
i prelievi. Nella finanziaria del 2005, infatti, approvata dal
Governo Berlusconi, fu previsto un provvedimento del tutto simile a quello attuale,
poi però dichiarato incostituzionale grazie a un contribuente che,
nell’arco di un anno, fu pizzicato a prelevare ben 50mila euro dal
bancomat. Il fisco gli chiese spiegazioni e lui non seppe fornirle.
Così, il soggetto fece ricorso alla Consulta, vincendo la partita. I
giudici della Corte Costituzionale, infatti, gli diedero ragione,
stabilendo che la norma in questione andava contro il principio di
ragionevolezza e di capacità contributiva. In pratica, la sentenza
ha sancito l’illegittimità della presunzione secondo cui i
prelievi non giustificati degli esercenti arti e professioni
costituissero compensi evasi.
Ora però
la stessa norma torna a fare capolino, sebbene in forma corretta e
aggiornata, con aggravanti ai danni dei contribuenti. Sull’uso del
contante infatti, non scatterebbe più una sorta di presunzione
legale da parte del fisco, ma tutti i possessori di partita Iva,
sarebbero costretti a dimostrare attraverso giustificativi, l’uso
che hanno fatto del cash. Pena, come detto, una sanzione che andrebbe
tra il 10 e il 50% della somma ritirata al bancomat. Detto in
altri termini, la novità è che, invece di presumere, in sede di
rettifica della dichiarazione dei redditi, che i prelievi siano
sempre ricavi in “nero”, ora tali somme saranno esclusivamente
colpite da una sanzione commisurata al loro ammontare, ossia dal 10
al 50% della somma stessa. Si tratta, quindi, di una sanzione
proporzionata – come fa rilevare la Orlandi, direttrice delle
Entrate – alla capacità contributiva de singolo.
In questo
modo, i contribuenti saranno costretti a richiedere sempre scontrini
e fatture ai venditori e a non accettare mai di pagare in nero. In
questo modo, forse, l’intento del Governo di eliminare il contante
e contrastare l’evasione sarebbe in parte raggiunto, anche se ad
essere principalmente colpita sarebbe la capacità di spesa delle
famiglie e la stessa semplicità di utilizzo dei conti correnti:
un’imposizione quasi paradossale se si considera che, in numerosi
casi, non vengono rilasciati scontrini (si pensi ai distributori
automatici, ai giornalai, al pieno di benzina, alle sigarette, ecc.). Il direttore
dell’Agenzia entrate crede allora di rassicurare, quando dice che
“non ci sarà la sanzione dal 10% al 50% delle somme prelevate dai
conti bancari intestati alle imprese qualora, in caso di accertamenti
da parte dell’Agenzia delle Entrate, le modalità di utilizzo di
tali prelievi non siano giustificate dalle aziende stesse”. Ma di
fatto, non fa che confermare le preoccupazioni. Per milioni di
partite IVA il semplice ritiro di contante al bancomat potrebbe,
dunque, a breve, diventare operazione quanto mai sospetta per il
nostro fisco.
che Io rinuncia al contante se lo devono scordare...il contante che ti dà il cassiere in banca, non quello del banco CAZ! Io esigo sempre lo scontrino fiscale, altrimenti pago il doppio della spesa.
RispondiEliminaBel Fagor