Da tempo in Italia si
discute del problema pensionistico e pochi giorni fa Tito Boeri,
presidente dell'INPS, se n'è venuto fuori parlando di “generazione
perduta”, riferendosi a quelli nati dal 1980 in poi che dovranno
lavorare fino ai 75 anni. E che cos'è questo se non una forma di
smaccato schiavismo? Quando si parla di schiavismo antico, ci vengono
in mente i costruttori delle piramidi e i negri nelle piantagioni di
cotone, ma quando si parla di schiavismo moderno, pensiamo ai bambini che fabbricano le scarpe della Nike o alle bambine incatenate al
telaio delle industrie tessili, in India, alle giovani donne cinesi che dormono
sul posto di lavoro con la testa appoggiata alle braccia sul banco,
oppure agli africani a Rosarno che raccolgono pomodori sotto le
direttive dei caporali, per pochi euro al giorno. Ma ora, grazie a
Repubblica (e ringrazio l'amico Francesco Spizzirri per la
segnalazione), veniamo a sapere che lo schiavismo non solo è
planetario, ma anche che non è confinato alla terra, perché s'inoltra anche in
mare.
Come alle ragazze
rumene, portate in Italia e avviate alla prostituzione, i loro
connazionali tolgono i documenti e alle ragazze malgasce e filippine,
invitate in Arabia Saudita come donne di servizio, i loro datori di
lavoro fanno la stessa cosa, così anche ai pescatori birmani i loro
padroni sequestrano i passaporti, cosa che impedisce a quei poveri
disgraziati di mettere piede a terra anche solo per qualche ora dopo
gli estenuanti turni di lavoro sulle barche da pesca. Tuttavia, anche se è la prima volta che
sento parlare di schiavi del mare, la cosa non mi stupisce perché
“la violenza sugli animali è propedeutica alla violenza sull'uomo”, come si sa fin dall'antichità,
e mi sembra logico che, dopo aver ridotto in schiavitù gli animali,
gente senza scrupoli faccia la stessa cosa con i propri simili. Il
grande peccato delle religioni è non aver voluto tener conto di
questo semplice meccanismo.
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