Abbiamo
deciso di rilanciare l'articolo comparso sul quotidiano toscano Il Tirreno
perché racconta una storia che dice molto di questa Italia con cui oggi ci
ritroviamo a fare i conti. E la riportiamo anche per dare conto dell'esistenza
di persone come David Grassi, che speriamo possano essere tantissime e trovare
il coraggio di farsi sentire.
LIVORNO. Invece di abbassare la testa e obbedire
rispondendo: «Signorsì, signore», ha guardato il superiore negli occhi e ha
risposto: «No, signor capitano, questo non lo possiamo fare. E se lo dovesse
fare lei, sappia che ho già fatto delle foto e alcuni filmati che invierò a chi
di dovere, anche alla stampa se necessario, per denunciare quello che è
successo a bordo».
L'ordine
che l'ufficiale David Grassi, insieme ad altri due colleghi, si è rifiutato di
eseguire e che ha cambiato la sua vita per sempre, era quello di sversare in
mare migliaia di litri di liquidi oleosi, provenienti dal motore, che si erano
accumulati nella sentina; in barba alla tutela dell'ambiente, al rischio
inquinamento e al regolamento internazionale che prevede, anche per le navi
militari, di svuotare le sostanze inquinanti nel porto più vicino e con
l'intervento di una ditta specializzata.
Era
il 23 febbraio 2002 e l'allora tenente di vascello nato a Oristano ma residente
da quattro anni a Livorno, aveva appena compiuto 30 anni, era imbarcato sulla nave da
guerra "Maestrale" impegnata nella missione Eduring Freedom nel corno
d'Africa. E soprattutto pensava che le battaglie più importanti le avrebbe
combattute in mare, non certo nelle aule di un tribunale, tantomeno per riavere
indietro la propria dignità dopo essere stato condannato - per quel «No» - a 15
giorni di arresto e a una macchia che ne ha pregiudicato la carriera fino al
congedo, avvenuto due anni fa.
Invece
la guerra civile dell'ufficiale ambientalista è durata 12 anni, un quarto della
sua esistenza, e si è conclusa con una (parziale) vittoria: il Tar di Genova,
tribunale al quale si era rivolto per far valere le proprie ragioni,
giovedì scorso ha cancellato quella sanzione disciplinare ma non gli ha
riconosciuto il risarcimento danni che aveva chiesto tramite l'avvocato.
«In
questo lasso di tempo - racconta Grassi che adesso lavora come ingegnere civile
e nel tempo libero allena i ragazzi di atletica e basket della Libertas Livorno
- ho perso molte cose, sia a livello personale, familiare e professionale. Ma tornando
indietro rifarei quello che ho fatto, forse non proprio tutto. Ma certamente
non ubbidirei a quell'ordine. Perché? Perché è in certe situazioni che viene
fuori chi sei davvero, da dove vieni, e i valori che ti hanno insegnato i tuoi
genitori. E in quel momento non potevo far altro che comportarmi in quel modo
senza abbassarmi alle prepotenze ma reagendo con coscienza. Eppure, dico anche
che l'affetto e l'attaccamento nei confronti della Marina Militare non sono mai
cambiati. Nonostante tutto continuo a credere che le persone nelle quali mi
sono imbattuto siano una minoranza e che quel tipo di mentalità sia in via di
estinzione».
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