venerdì 11 maggio 2018

O briganti o emigranti o entrambi



I numeri sono allarmanti e dimostrano che il fenomeno dell’emigrazione dall’Africa è tutt’altro che secondario nelle logiche geopolitiche. Secondo uno studio del Pew Research Center il 40% della popolazione degli Stati sub-sahariani è pronta a emigrare. Uno Stato su tutti, di quelli interessati dall’inchiesta dell’istituto americano, fa comprendere a cosa il mondo vada incontro: la Nigeria. Il 74% degli intervistati dal Pew Center (e parliamo di un Paese con 181 milioni di abitanti e un tasso di fertilità di 5,6 figli per donna, secondo la Banca Mondiale) ha detto “sarebbe andato a vivere in un altro paese”, mentre il 38% dei nigeriani ha risposto che “progettano di emigrare nei prossimi cinque anni”. Tra gli immigrati arrivati ​​nel Mediterraneo dal 2017, i nigeriani rappresentano il secondo gruppo più numeroso dopo i siriani.


Ma è un problema che non riguarda soltanto la Nigeria. Il sondaggio, condotto nel 2017 nei dieci Paesi sub-sahariani con il maggior numero di emigranti, rivela in generale alte percentuali di cittadini pronti a partire per l’estero nei prossimi cinque anni. In Senegal  il 44% della popolazione, in Ghana il 42 %, in Kenya il 19%. E la popolazione del Senegal è l’unica a preferire l’Europa rispetto agli Stati Uniti. Una popolazione pronta a emigrare che rappresenta un flusso che, fino ad ora, è rimasto nel continente africanoSecondo un recente rapporto della Fao, il 75% degli africani subsahariani che hanno lasciato il loro Paese nel 2017 è rimasto nel continente. Un segnale di come il flusso arrivato in Europa e cui l’Italia assiste e si trova a dover fronteggiare, è solo una parte minima.
A questo fenomeno, si aggiunge quello della crescita esponenziale della popolazione di questi Stati cui non fa seguito una possibilità di lavoro. Un circolo vizioso che rende di fatto l’emigrazione l’unica possibilità di trovare un destino diverso dalla povertà o dalla criminalità e che sarà certamente una grande mangiatoia per tutte le organizzazioni coinvolte nel traffico dei migranti.

La popolazione dell’Africa subsahariana è aumentata e dovrebbe arrivare alla cifra record di 1,4 miliardi di persone nei prossimi quaranta anni (entro il 2055). Entro la metà del secolo, la popolazione rurale stimata in questa parte dell’Africa  dovrebbe aumentare del 63%, facendo sì che essa sia l’unica regione al mondo in cui la popolazione rurale continuerà a crescere dopo il 2050. In poche parole, circa 220 milioni di giovani senza istruzione e di aree esclusivamente rurali del mondo entreranno nell’età attiva per lavorare nei prossimi 15 anni, con aree rurali sempre più densamente abitate, sempre meno produttive e comportando un’enorme pressione sul settore agricolo. Senza la creazione di posti di lavoro e senza diversificazione delle economie dei singoli Paesi, il mondo (perché il problema è di tutti) si troverà centinaia di milioni di persone in procinto di emigrare dall’Africa.
Un dato su cui riflettere, specialmente per noi italiani e per l’Europa. O si modificherà la politica migratoria, o ci troveremo, in pochi decenni, ad assistere alla crescita di un fenomeno che sembra, visti i numeri, inevitabile. Anche perché, fino ad ora, è stata palese l’incapacità del nostro continente di offrire una soluzione quantomeno equa. Come scrive il Pew Center, in termini di destinazioni, “a partire dal 2017, quasi tre quarti (72%) della popolazione immigrata subsahariana in Europa si è concentrata in soli quattro Stati: Regno Unito (1,27 milioni), Francia (980.000), Italia (370.000) e Portogallo (360.000)”. E la maggior parte del flusso è rimasto in Africa. 

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