mercoledì 30 maggio 2018

Pecorelle spaventate



Tutti abbiamo apprezzato la sintesi di Giorgio Gaber: “libertà è partecipazione”. Noi pensiamo di partecipare alla vita democratica del nostro Paese e quindi di essere “liberi” perché votiamo ma non è così. Non so se ne conservate memoria ma, tempo fa, Mario Monti, ebbe a dichiarare che “la democrazia è una forma di governo sbagliata perché è assurdo che siano le pecore a guidare il pastore”. Il concetto non gli è venuto in mente l’altro ieri, perché lo stesso identico concetto lo ribadì in occasione del divorzio tra la politica e la Banca d’Italia, ove disse che ci sono “valori che saranno meglio tutelati, se affidati a qualcuno che può permetterselo trovandosi al riparo dal processo elettorale”. Ora ciò che si può fare, al riparo dal processo elettorale, cioè al riparo dalla volontà dei cittadini, e quello che non si può fare, come si può presentare per farlo accettare?



Lo dice sempre Monti: “E’ chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni (ndr: di sovranità) solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto, visibile, conclamata. Abbiamo bisogno delle crisi per fare passi avanti”. Psicologico – badate bene – significa che qualcuno ci deve dare l’impressione che se non si accettano le proposte del potere, al diniego segue la catastrofe. La concezione di Monti e delle élite che rappresenta è esattamente quella di The Crisis of Democracy, il primo rapporto della Commissione Trilaterale che  sosteneva come le uniche democrazie funzionanti, sono quelle in cui la grande maggioranza della popolazione si trova ai margini del dibattito pubblico. Essere al riparo dal processo elettorale significa che Monti giurava sulla Costituzione -con l’incipit che conosciamo tutti- ritenendo la Repubblica un’assemblea condominiale da guidare con la logica del terrore (“fate presto!”, lo spread a 500! ), grazie alla sostanziale ignoranza nella quale viene relegata la massa dei cittadini sovrani solo sulla carta.

Bisogna avere chiaro in mente che Mario Monti non può essere visto come un semplice professore che ha la sua visione (antidemocratica) del mondo in un Paese, tralaltro, che curiosamente ritiene in pericolo la democrazia  perché un paziente psichiatrico commette un reato a Macerata  ma non  vede alcun rischio di democrazia in ricorrenti dichiarazioni del genere. Dichiarazioni a cui seguono fatti perfettamente allineati. Dicevo che non può essere una semplice visione personale antidemocratica perché il limite tra la libertà di opinione e l’eversione, viene superato quando un portatore di principi antidemocratici assume il controllo di posizioni decisionali chiave. Monti è stato per anni commissario europeo e al governo italiano con la complicità  del Presidente della Repubblica. Posizione in forza della quale ha potuto agire, distruggendo la domanda interna e iniziando il lavoro di smantellamento dei diritti dei pensionati e quelli dei lavoratori, poi terminato da Matteo Renzi. Quelle rare volte in cui sembra perfezionarsi un procedimento decisionale democratico, poi ci rendiamo conto che non è la democrazia a guadagnarci, cioè non è il demòs, il popolo, ma qualcun altro. Perché?

A questa domanda rispose implicitamente Cossiga molti anni fa. E qui dobbiamo riflettere anche ripensando ai criteri con cui Cossiga metteva il segreto di Stato su molti, troppi, capitoli della storia della nostra Repubblica. Cossiga spiegò come i nostri bisogni e comportamenti, debbano essere organizzati dall’esterno scrivendolo nel suo libro abecedario: “attraverso agenti reclutati tra i quadri dirigenti di un Paese o aiutati a salire ad alti livelli della vita politica, burocratica, scientifica, finanziaria, bancaria o attraverso individui di particolare autorevolezza personale, morale, culturale. Si deve cercare di determinare a proprio vantaggio la politica di un certo Paese ed in particolare il suo processo decisionale”. Questo spiega molto.

Questo spiega perché in questo Paese, alcuni top manager ottengono nomine scintillanti a seguito delle quali compiono disastri e poi ricevono nuove e più scintillanti nomine, ad esempio. Questo spiega perché la disgregazione dei diritti dei lavoratori va in parallelo col percorso di integrazione monetaria. Avete notato che i sindacati son serviti a nulla? Avete notato che la crisi italiana inizia a somigliare alla crisi del terzo mondo dopo la seconda guerra mondiale? Oggi come allora,  i governanti indebitavano i propri paesi con una moneta diversa dalla propria; dollaro per l’Africa, euro per noi. Eppure  ci eravamo resi conto – nel 97 – che agganciando la lira all’ECU si fermava la produttività. Si diceva “come si fa a partecipare”, ad esercitare le prerogative di regalità che spettano a noi “popolo sovrano”? La domanda non è priva di interesse se si considera che ormai stiamo perdendo i riferimenti propri di una democrazia occidentale. Da noi la terza carica dello stato si fa propaganda elettorale, peraltro compiendo un’operazione cosmetica di differenziazione dal proprio contesto d’appartenenza creando liber(e) e uguali. Avrete notato che negli ultimi giorni c’è stata questa declinazione al femminile. Boldrini lo chiede.

Ecco, partecipiamo alla democrazia gestendo democraticamente il mercato del lavoro e i soldi pubblici.

Nessun commento:

Posta un commento