Fonte: L'eco del sud
Non è facile andare controcorrente,
specie quando questa è mossa da umanità, da quel senso di benessere
che scaturisce dalla solidarietà, che oltre a giovare a chi la
riceve appaga chi la fa. Diciamolo, quanti sono gli italiani che con
una telefonata al 45500, donando un euro, si sono convinti di essere
generosi, solidali con i terremotati di Amatrice e dintorni, e
l’hanno chiusa lì con la partecipazione al dolore e lo strazio? La solidarietà ha consentito di
raccogliere già 6 milioni di euro per terremotati del centro Italia.
Nemmeno un centesimo di questi 6 milioni è uscito dalle tasche di
Lino Ricchiuti, presidente del movimento politico “Popolo Partite
Iva”. E’ cattivo? E perfido? Gode delle disgrazie altrui? Niente
di tutto questo, Ricchiuti ha ampiamente spiegato perché lui per il
terremoto non darà neanche un centesimo. E a chi riesce ad andare
oltre la mano battuta sul petto e l’sms solidale ad effetto
catartico, la spiegazione piace, convince. Ecco cosa dichiara
Ricciuti:
“Scusate, ma io non darò neanche un
centesimo di euro a favore di chi raccoglie fondi per le popolazioni
terremotate. So che la mia suona come una bestemmia. E che di solito
si sbandiera il contrario, senza il pudore che la carità richiede.
Ma io ho deciso. Non telefonerò a nessun numero che mi sottrarrà
due euro dal mio conto telefonico, non manderò nessun sms. Non
partiranno bonifici da banche che non hanno avuto neanche il pudore
di azzerarsi le commissioni. Non ho posti letto da offrire, case al
mare da destinare a famigliole bisognose, né vecchi vestiti,
peraltro ormai passati di moda.
Ho resistito agli appelli dei vip, ai
minuti di silenzio dei calciatori, alle testimonianze dei politici,
al pianto in diretta del premier. Non mi hanno impressionato i
palinsesti travolti, le dirette no-stop, le scritte in
sovrimpressione durante gli show della sera. Non do un euro. E credo
che questo sia il più grande gesto di civiltà, che in questo
momento, da italiano, io possa fare.
Non do un euro perché è la
beneficenza che rovina questo Paese, lo stereotipo dell’italiano
generoso, del popolo pasticcione che ne combina di cotte e di crude,
e poi però sa farsi perdonare tutto con questi slanci nei momenti
delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio che
si perdoni più nulla. La generosità, purtroppo, la beneficenza, fa
da pretesto. Siamo ancora lì, fermi sull’orlo del pozzo di
Alfredino, a vedere come va a finire, stringendoci l’uno con
l’altro. Soffriamo (e offriamo) una compassione autentica. Ma non
ci siamo mossi di un centimetro. Eppure penso che le tragedie, tutte,
possono essere prevenute. I pozzi coperti. Le responsabilità
accertate. I danni riparati in poco tempo.
Non do una lira, perché pago già le
tasse. E sono tante. E in queste tasse ci sono già dentro i soldi
per la ricostruzione, per gli aiuti, per la protezione civile. Che
vengono sempre spesi per fare altro. E quindi ogni volta la
Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E io dico no. Si
rivolgano invece ai tanti eccellenti e grandi evasori che
attraversano l’economia del nostro Paese o ai politici di lungo
corso che non hanno mai lavorato in vita loro e hanno yacht arenati
in porti turistici o mega ville. E nelle mie tasse c’è previsto
anche il pagamento di tribunali che dovrebbero accertare chi specula
sulla sicurezza degli edifici, e dovrebbero farlo prima che succedano
le catastrofi. Con le mie tasse pago anche una classe politica,
tutta, ad ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma proprio
nulla, che non sia passerella. Il tempo del dolore non può essere
scandito dal silenzio, ma tutto deve essere masticato, riprodotto, ad
uso e consumo degli spettatori.
Avrei potuto scucirlo qualche
centesimo. Poi ho ascoltato la “classe dirigente” dire che “in
questo momento serve l’unità di tutta la politica”. Evviva. Ma
io non sto con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non
campo di politica, alle spalle della comunità. E poi mentre voi, voi
tutti, avete responsabilità su quello che è successo, perché
governate con diverse forme – da generazioni – gli italiani e il
suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono per la
giustizia. Voi siete per una solidarietà che copra le amnesie di una
giustizia che non c’è. Io non lo do, l’euro. Perché mi sono
ricordato che mio padre, che ha lavorato per 40 anni in campagna,
prende di pensione in un anno meno di quanto un qualsiasi
parlamentare guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire
questo euro? Per compensare cosa?
A proposito. Quando ci fu il Belice i
miei nonostante avevano una vita dura, diedero un po’ dei loro
risparmi alle popolazioni terremotate. Poi ci fu l’Irpinia. E anche
lì i miei fecero il bravo e simbolico versamento su conto corrente
postale. Per la ricostruzione. E sappiamo tutti come è andata. Dopo
l’Irpinia ci fu l’Umbria, e San Giuliano, e di fronte lo strazio
della scuola caduta sui bambini non puoi restare indifferente e poi
l’Aquila con quella casa dello studente. Ma ora basta. A che
servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre come prima? Io non do una lira per i paesi
terremotati. E non ne voglio se qualcosa succede a me. Voglio solo
uno Stato efficiente, dove non comandino i furbi. E siccome so già
che così non sarà, penso anche che il terremoto è il gratta e
vinci di chi fa politica.
Ora tutti hanno l’alibi per non parlare
d’altro, ora nessuno potrà criticare il governo o la maggioranza
(tutta, anche quella che sta all’opposizione) perché c’è il
terremoto. Come l’11 Settembre, il terremoto sarà il paravento per
giustificare tutto anche le migliaia di suicidi di Stato per ragioni
economiche e vessatorie sui quali volutamente hanno fatto cadere il
silenzio. Vergognatevi. Ci sono migliaia di sprechi di risorse in
questo paese, ogni giorno. Se solo volesse davvero, lo Stato saprebbe
come risparmiare per aiutare gli sfollati: congelando gli stipendi
dei politici per un anno, o quelli dei super manager. Sono le prime
cose che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi monta
sempre più rabbia.
Io non do una lira. E do il più grande
aiuto possibile. La mia rabbia, il mio sdegno. Perché rivendico in
questi giorni difficili il mio diritto di italiano di avere una casa
sicura. E mi nasce un rabbia dentro che diventa pianto, quando sento
dire “in Giappone non sarebbe successo”, come se i giapponesi
hanno scoperto una cosa nuova, come se il know-how del Sol Levante
fosse solo un’esclusiva loro. Ogni studente di ingegneria fresco di
laurea sa come si fanno le costruzioni. Glielo fanno dimenticare
all’atto pratico.
E io piango di rabbia perché a morire
sono sempre i poveracci, e nel frastuono della televisione non c’è
neanche un poeta grande come Pasolini a dirci come stanno le cose, a
raccogliere il dolore degli ultimi. Li hanno uccisi tutti, i poeti,
in questo paese, o li hanno fatti morire di noia. Ma io, qui, oggi,
mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il diritto di
dire quello che penso. Come la natura quando muove la terra,
d’altronde”.
persona disillusa,coraggiosa ed ammirevole,oltre ad avere un cervello realmente funzionante.....
RispondiEliminadi conseguenza non è un positivista (positivismo movimento nato negli states anni fa.....)ma REALISTA!
grande ricchiuti.
michy
Se si dà cibo troppo buono ai cani, li si vizia. E poi non vorranno altro.
EliminaSe si dà pocket money e wi-fi ai negri, li si vizia. E vorranno sempre di più.
Se si dà l'obolo della beneficienza ai politici parassiti, li si vizia. E scateneranno catastrofi di proposito.
Discorso da sballo per chi intelligente ne raccoglie il succo
RispondiEliminacerto che tu ne hai raccolto di succo....forse troppo
EliminaSe c'è qualcuno qui che raccoglie molto succo...d'uva, fermentato, quello sono io! Quindi, caro Anonimo, prenditela con me.
Eliminaroberto la mia risposta non riguarda te ma il sarcastico unknown
Eliminamichy