venerdì 7 giugno 2019

Con le cure naturali a volte si muore perché la morte fa parte della natura


Fonte: Renovatio 21

Alcune riflessioni su un caso complesso e drammatico. Un bambino di 7 anni muore per encefalite, complicanza di un'otite batterica bilaterale. I genitori provarono a curare l’otite con rimedi omeopatici. La situazione si complica, e il bambino muore proprio a causa di questa complicanza. I genitori e il medico chirurgo specializzato in omeopatia che seguiva il bambino, vengono indagati. Oggi, dopo il processo, arriva la condanna. Lungi da noi volerci inserire in un dibattito che, attraverso la magistratura, ha certamente fatto il suo corso. Lungi da noi voler difendere estremismi ideologici, che alle volte rischiano di mettere davanti l’ideologia alla realtà dei fatti e alla cura per gli altri, in particolare dei figli, ignorando i sintomi e il dolore che possono provare.


Lungi da noi voler esorcizzare in ogni modo e in qualsiasi circostanza gli antibiotici, pur ritenendoli dannosi per l’organismo, soprattutto per l’abuso corrente che ha aumentato, per altro, i livelli di antibiotico resistenza - senza peraltro contare le gravi reazioni avverse che possono procurare, ovviamente sottaciute da Big Pharma & Co. Crediamo, tutto sommato, al famoso detto romano: «quando ce vò, ce vò!» Detto questo, però, secondo noi, anche così si rischia di partire ad argomentare passando per un dato ideologico, o quantomeno pregiudizioso. Ci spieghiamo meglio: se partiamo dal presupposto che l’omeopatia è effetto placebo puro, come Piero Angela e Burioni vorrebbero dogmaticamente ed infallibilmente insegnare, allora il discorso non si pone. 

Se invece crediamo che l’omeopatia abbia una sua efficacia, allora la questione cambia. Mettiamo il caso che questi genitori abbiano iniziato a curare il bambino, come sempre, con rimedi omeopatici. Mettiamo che la situazione sia precipitata all’improvviso e che non sia stata diagnosticata bene dallo stesso pediatra. Mettiamo che, dopo aver capito che era otite forse anche perforante, essa ha causato l’encefalite. Mettiamo che a questo punto si siano rivolti a medicinali “ufficiali”, con il solo risultato che fosse ormai troppo tardi. Se fosse così, ed è probabile che sia stato così, allora o si dice che l’omeopatia è acqua fresca, oppure non si può risolvere la questione parando esclusivamente sull’ideologia. 

Ci chiediamo: il processo è stato avviato perché loro hanno persistito fino all’ultimo, o semplicemente perché hanno provato, a nostro avviso lecitamente, a curare il proprio figlio con l’omeopatia come probabilmente avevan fatto sempre? E ci chiediamo ancora: se la situazione fosse stata la medesima ma, con una diagnosi in ritardo e con una antibiotico resistenza (le percentuali, ad oggi, sono altissime) l’esito della terapia antibiotica non fosse stata sufficiente, si sarebbe fatto tutto questo casino e si sarebbe avviato un processo? Sono solo umili domande.

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