Testo di Laura Tommaselli
Chi era s'accabadora? Fino a qualche decennio fa in Sardegna si praticava l'eutanasia. Era compito di ''sa femmina accabadora'' procurare la morte a persone in agonia. S'accabadora era una donna che, chiamata dai familiari del malato terminale, provvedeva ad ucciderlo ponendo fine alle sue sofferenze. Un atto pietoso nei confronti del moribondo ma anche un atto necessario alla sopravvivenza dei parenti, soprattutto per le classi sociali meno abbienti: nei piccoli paesi lontani da un medico molti giorni di cavallo, serviva ad evitare lunghe e atroci sofferenze al malato. Sa femmina accabadora arrivava nella casa del moribondo sempre di notte e, dopo aver fatto uscire i familiari che l’avevano chiamata, entrava nella stanza della morte: la porta si apriva e il moribondo, dal suo letto d’agonia, la vedeva entrare vestita di nero, con il viso coperto, e capiva che la sua sofferenza stava per finire.
Il malato veniva soppresso con un cuscino, oppure la donna assestava il colpo di ''su mazzolu'' provocando la morte. S'accabbadora andava via in punta di piedi, quasi avesse compiuto una missione, ed i familiari del malato le esprimevano profonda gratitudine per il servizio reso al loro congiunto offrendole prodotti della terra. Quasi sempre il colpo era diretto alla fronte. Il termine ''accabadora'' viene dallo spagnolo ''acabar'' che significa finire. "Su mazzolu'' era una sorta di bastone appositamente costruito da ramo di olivastro, lungo 40 centimetri e largo 20, con un manico che permette un'impugnatura sicura e precisa.
In Sardegna s'accabbadora ha esercitato fino a pochi decenni fa, soprattutto nella parte centro-settentrionale dell’isola. Gli ultimi episodi noti di ''accabadura'' avvennero a Luras nel 1929 e a Orgosolo nel 1952. Oltre i casi documentati, moltissimi sono quelli affidati alla trasmissione orale e alle memorie di famiglia. Molti ricordano un nonno o bisnonno che comunque ha avuto a che fare con la signora vestita di nero. La sua esistenza e' sempre stata ritenuta un fatto naturale, come esisteva la levatrice che aiutava a nascere, esisteva s'accabadora che aiutava a morire. Si dice addirittura che spesso era la stessa persona e che il suo compito si distinguesse dal colore dell'abito (nero se portava la morte, bianco o chiaro se doveva far nascere una vita). Questa figura, espressione di un fenomeno socio-culturale e storico, è la pratica dell’eutanasia e nei piccoli paesi rurali della Sardegna è legata al rapporto che i sardi avevano con la morte, considerata come la conclusione del naturale ciclo della vita.
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