Volendo fare un consuntivo dei miei cinque mesi di
cantoniere, e tralasciando l’ultimo periodo in cui raccoglievo rifiuti dai
fossi, devo rilevare che facendo “giro strade”, quasi sempre con lo stesso
collega, ho potuto constatare il decesso di un certo numero di animali
investiti dalle auto.
I cantonieri hanno fra gli altri compiti quello di rimuovere
le carcasse servendosi di un badile, ma se si tratta di volpi devono far
intervenire gli addetti al “recupero fauna” della Provincia, affinché la testa
venga inviata all’istituto zooprofilattico per accertare la presenza della
rabbia. Anche se si tratta di caprioli devono far intervenire le guardie
venatorie all’uopo predisposte, due in tutta la provincia, acciocché il cadavere
venga portato nel carnaio di Cornino, a disposizione dei grifoni che lì
vivono.
Tutti gli altri animaletti investiti vengono spostati sul
bordo della carreggiata e lasciati a imputridire, cosa che io faccio da molti
anni, prima ancora di fare l’esperienza dei lavori di pubblica utilità. In un
caso, trattandosi di un gatto morto in pieno paese, ho chiesto al collega il
permesso di caricarlo sul pick up per portarlo in campagna, adagiandolo poi sull’erba ai bordi di
un campo.
In un altro caso, ma ero da solo e stavo raccogliendo
immondizie, ho trovato un immaturo di gabbiano reale e ho avvisato uno dei due
addetti al recupero fauna, che è venuto a prelevarlo per portarlo al museo di
storia naturale. Mi disse che sarebbero stati i naturalisti del museo, poi, a decidere se valesse la pena
imbalsamarlo.
Alberto - così si chiama una delle due guardie venatorie
incaricate di tale compito - mi ha spiegato che trattandosi di un soggetto
immaturo, cioè di meno di tre anni di vita, il gabbiano non aveva ancora fatto
esperienza della pericolosità del traffico e volava basso quando è stato
colpito dall’auto e scagliato nel fosso. Fin lì ci arrivavo anch’io.
La stessa cosa si può dire delle volpi, che nella maggior
parte dei casi vengono investite perché inesperte, oppure perché in fase di
fregola e quindi meno attente all’ambiente circostante. Per i caprioli non vale
nessuna di queste considerazioni perché attraversano le strade
indifferentemente che si tratti di adulti o di giovani e lo fanno nelle ore
crepuscolari, quando sono soliti muoversi alla ricerca del cibo, cioè da un
pascolo all’altro. Essendo il territorio della pianura friulana molto
antropizzato, con reticoli di strade che uniscono paesi e villaggi anche quando
non servirebbe, le probabilità che ci sia un impatto con le auto sono
consistenti.
Oltretutto, la strada provinciale “Ferrata” è un lungo
rettilineo che unisce Udine a
Portogruaro, in provincia di Venezia, e quando
vedono strada dritta, gli automobilisti sono invogliati a premere
sull’acceleratore. Multe, infatti, fioccano come neve e anche i guardiacaccia
normali, non quei due che si occupano di raccogliere le carcasse, sono stati
destinati a controllare la velocità muniti di autovelox, di tanti
indisciplinati e frettolosi automobilisti ci sono in giro.
Il mio collega, che aspira a diventare guardiacaccia senza
però avere molte possibilità, mi spiegava che in paesi come Svizzera e Austria
esistono catarifrangenti speciali sistemati sui delineatori - meglio conosciuti
con il termine di paracarri - e qualcuno aveva avanzato l’idea anche alla
Provincia di Udine di adottarli, ma data la scarsità di fondi la proposta era
stata respinta. Quei catarifrangenti riflettono le luci delle auto a novanta
gradi verso il bosco e hanno quindi la capacità di fungere da deterrente per i
caprioli, spaventandoli e tenendoli lontano dalla strada. Una specie di
spaventapasseri che funziona solo con i riflessi delle auto in avvicinamento.
Se di giovani volpi si trovano i cadaveri abbastanza spesso
e di gabbiani solo raramente a causa del fatto che questi ultimi si spostano
dal mare alla pianura solo quando i contadini arano i campi, c’è una specie
ornitica che durante l’inverno viene investita facilmente.
Si tratta del gufo comune, che nidifica già in gennaio ed è
quindi in attività durante i primi tre mesi dell’anno. I due esemplari che
abbiamo trovato, e che hanno preso anch’essi la strada del museo di storia
naturale, sono stati investiti in ore notturne, ovviamente, e forse perché
hanno l’abitudine di attraversare le strade volando rasoterra. Probabilmente
inseguendo piccoli roditori. Due in cinque mesi sono una media piuttosto alta
se si considera che sono stati investiti nello stesso tratto di strada.
Tuttavia, l’animale che con più frequenza finisce sotto le
ruote delle macchine è la nutria, fenomeno che si verifica solo da un paio
d’anni a questa parte, avendo tale specie allargato il proprio areale
geografico. Il motivo per cui viene investita è dovuto alla scarsa agilità nei
movimenti, che non le permette di spostarsi in tempo al sopraggiungere delle
vetture. Le tane infatti si trovano spesso lungo i fossi colmi d’acqua, che
corrono paralleli alle strade, cioè troppo vicino a zone per esse pericolose.
A questa causa di mortalità diciamo così naturale, si deve
purtroppo aggiungere la cattiveria
dei contadini e dei cacciatori che le
vorrebbero sterminare totalmente, con il pretesto che non è una specie
autoctona. In Veneto sono stati già ingaggiati loschi figuri armati di fucile e
con tanto di pettorina arancione, ma c’è stato anche il presidente della provincia di Treviso, Leonardo Muraro, che ha lanciato la proposta di
adottare quelle che vengono catturate vive e sembra che in tanti abbiano risposto positivamente, tra l’incredulità dei buzzurri.
Di ricci, tra dicembre e aprile, non ne ho trovati
schiacciati, ma solo perché la strage si compie nella tarda estate, quando
girano per aumentare di peso cacciando invertebrati in vista del letargo.
Nessuno farà mai un monumento commemorativo al porcospino,
che è in assoluto la vittima più numerosa del traffico stradale. Non essendo
prolifico come i roditori, il riccio potrebbe anche estinguersi, se verranno
costruite sempre nuove strade come esige la mafia del “tondino e del cemento”,
la stessa che preme per la realizzazione della TAV. Si spera che l’attuale
crisi finanziaria porti alla circolazione di un minor numero di macchine a
causa degli aumenti della benzina e quindi, ciò che per noi è una jattura,
abituati come siamo a spostarci da un posto all’altro, per la popolazione dei
porcospini è una benedizione e verrebbe quasi voglia di sperare che la benzina
cresca ancora.
Tuttavia, dobbiamo anche muoverci, per andare al lavoro o
per altre necessità e se non prendiamo la macchina, prendiamo il treno, ma per
gli animali il rischio di essere investiti rimane sempre valido. Molti anni fa
in Abruzzo un orso fu investito dal treno, mentre in India sembra che succeda
abbastanza di frequente che gli elefanti vengano uccisi dalle elettromotrici,
specie nelle zone esterne ai parchi naturali.
Quando succede, la notizia fa il giro del mondo, come evento
curioso e come monito su cui riflettere, ma se un orso marsicano viene
investito da un’auto, la notizia rimane confinata al territorio nazionale, come
è successo il 25 aprile scorso. Tutte le altre specie non hanno l’onore
delle cronache, ma se fosse dipeso da me, quando l’anno scorso ho trovato un tasso sulla statale 13 “Pontebbana”, ne avrei dato notizia sul Messaggero
Veneto, anche perché i tassi vivono in pianura solo da poco tempo, provenendo
dalla montagna, e per me è stata una sorpresa.
Un’altra vittima storica dei nastri d’asfalto è il rospo, ma
nelle zone in cui operavo, 190 Km
di strade provinciali della Bassa Friulana, non ne ho trovati perché di laghi e stagni in cui deporre le uova non ce ne sono. Tutto il territorio è stato bonificato ad uso agricolo, a parte il parco delle risorgive di Talmassons che però è interdetto al traffico veicolare.
di strade provinciali della Bassa Friulana, non ne ho trovati perché di laghi e stagni in cui deporre le uova non ce ne sono. Tutto il territorio è stato bonificato ad uso agricolo, a parte il parco delle risorgive di Talmassons che però è interdetto al traffico veicolare.
I rospi infatti escono dal letargo in primavera e scendono
verso i luoghi acquitrinosi, attraversando strade che a buon diritto possono
essere chiamate “killer strasse”, alla tedesca.
In Friuli ci sono almeno tre zone sensibili, la
circumlacuale di Cavazzo, quella del lago di Sauris e la zona
pedemontana pordenonese. Nella prima e nella terza località, volontari animalisti
vanno nelle sere di primavera, specie quelle piovigginose, a raccogliere rospi
con i secchi, per spostarli direttamente sul bordo dei laghi.
In Veneto e Lombardia si fa la stessa cosa da anni e in
alcuni casi, con la collaborazione degli enti locali, si è riusciti a mettere
delle barriere lungo le strade, con camminamenti e sottopassi per facilitare la
migrazione degli anfibi.
Se queste iniziative in favore dei rospi possono essere
considerate segno di civiltà e lasciano ben sperare nel progresso morale della
gente, l’impatto che i nostri mezzi a motore attuano sulla fauna è e rimane
tremendo, con un numero incalcolabile di piccoli animali che vengono uccisi e
di cui nessuno saprà mai. Quelli di cui parlo qui sono solo alcuni dei casi che
mi sono personalmente capitati e riguardano un breve periodo di tempo e un
tratto circoscritto di strade.
Siamo troppi su questa Terra, siamo in continua crescita e
ci comportiamo come predatori,
nonostante le leggi della natura prevedano che i predatori siano in minor
numero rispetto alle prede. Ciò significa voler far stare in piedi la piramide
trofica sulla punta, anziché sulla base. E’ chiaro che prima o poi la piramide
cade.
Ma oltre a questo folle ribaltamento delle regole naturali,
la nostra tecnologia sempre in
evoluzione ci ha già da un pezzo trasformati nel
più micidiale animale mai vissuto su questo pianeta. Ci ha trasformati in un
virus letale come diceva il buon agente Smith nel film Matrix.
I virus di solito non perdonano.
E come non hanno l’intelligenza per nuocere di proposito, così anche noi, trasformati in virus per le altre specie, non abbiamo l’intelligenza per fermare questo meccanismo.
E come non hanno l’intelligenza per nuocere di proposito, così anche noi, trasformati in virus per le altre specie, non abbiamo l’intelligenza per fermare questo meccanismo.
Siamo virus nostro malgrado, sia che guidando premiamo il
freno o che calchiamo sull’acceleratore.
Da anni gli ecologisti dicono che dovremmo tirare un
metaforico freno d’emergenza, sperando di scansare la sesta estinzione, per
dirla con i paleontologi.
Una buona norma sarebbe almeno di premere il freno dell’auto quando vediamo qualche animale sulla carreggiata.
Una buona norma sarebbe almeno di premere il freno dell’auto quando vediamo qualche animale sulla carreggiata.
Se lo facessimo, saremmo già un po’ meno virulenti.
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