In
certi ristoranti di Canton, prima che il cameriere scoperchi la calotta cranica
alla scimmia immobilizzata in mezzo al tavolo, i clienti la ubriacano, forse
pensando – bontà loro – che così proverà meno dolore mentre le mangeranno il cervello.
In
altri casi e in altre latitudini, uomini avvinazzati ubriacano altre scimmie,
orsi, elefanti e perfino i kinkajù. Lo fanno per divertirsi in
compagnia, vedendo le loro vittime barcollare in giro come veri ubriaconi. Gli
etologi hanno scoperto che anche i ricci amano stordirsi con frutta fermentata
e questo è forse l’unico caso in cui una specie animale non viene ubriacata di
proposito.
Degli
orsi, con cui l’uomo ha un rapporto problematico fin dall’epoca delle caverne,
ora veniamo a sapere che ce ne sono alcuni che cercano volontariamente lo
stordimento, annusando i vapori di benzina. Da una finestra al quinto
piano di un hotel di Nairobi, nel 2002, vidi bambini di strada scambiarsi le
bottigliette di plastica contenenti colla da annusare. Mi fecero molta pena e
mi chiesi come sarebbe stata la mia vita se, invece di occuparmi d’animali,
avessi fatto il missionario da quelle parti, occupandomi d’infanzia
abbandonata.
Forse
sono diventato animalista perché ho scelto d’occuparmi di una categoria che ha
più delle altre bisogno di aiuto. Tanto è vero che, se è triste vedere bambini
senza genitori vivere sui marciapiedi, almeno possiamo essere sicuri che
nessuno gli scoperchierà la scatola cranica per mangiargli il cervello, sempre
che non abbiano la sfortuna di finire nelle mani di satanisti amanti dei
sacrifici cruenti.
L’orso,
dicevamo, ha con noi un rapporto travagliato. Oggi sul Gazzettino finisce
addirittura la notizia che un orso è stato visto fare il bagno in un lago
e se qualcuno predispone trappole fotografiche tra i cespugli, con tanto di
fotocellula, le visualizzazioni su Youtube dell’orso immortalato saranno
assicurate. Eppure, a renderli rari sulle
nostre Alpi siamo stati noi, ovvero i montanari vissuti nell’Ottocento
che non avrebbero mai immaginato l’avvento di internet, ma che già disponevano
di fucili a retrocarica, che avevano soppiantato quelli ad avancarica.
Se
oggi sui giornali finiscono notizie da gossip ursino, è perché i grandi
mammiferi sono stati sterminati, con la scusa della pericolosità, della
nocività o semplicemente per obbedire ai principi dell’antropocentrismo
imperante.
Oltre
a servirsi di internet, come veicolo di cultura, la società italiana ha bene o
male
sviluppato un sentimento di rispetto verso gli orsi, aiutata in questo dai
pupazzi di peluche regalati ai bambini, dai cartoni animati di Walt Disney,
dagli splendidi documentari televisivi e dal WWF con il simbolo del panda, ma
soprattutto dal fatto che si tratta di una specie rara, anche se in fase di
aumento numerico. Essendo ai vertici della piramide alimentare, non può di per
sé essere abbondante, ma se sta aumentando di numero lo si deve al divieto di
caccia, tanto è vero che molti esemplari vengono in Italia dalla Slovenia, dove
se ne possono legalmente uccidere 60 capi all’anno e quindi nel loro istintivo
girovagare devono aver capito che in territorio italiano possono godere di
asilo politico.
Anche
quelli viventi in Svizzera, se ancora ce ne sono, devono aver capito che in
Italia sono protetti e infatti, purtroppo, se uno di quelli nati da noi passa
il confine senza accorgersene finisce impallinato dalla solerti autorità
elvetiche. E meno male che la città di Berna ha proprio l’orso come simbolo!
Con
una certa regolarità, specie quando escono dal letargo, vengono pubblicate le
notizie delle aggressioni di orsi in provincia di Vicenza e in Trentino, ai
danni di asini e altri animali da cortile. Per non parlare delle arnie. Il
pubblico si divide tra innocentisti e colpevolisti. Non sono mancate però anche
notizie dichiaratamente condannabili, come quando i guardiacaccia sloveni
uccisero uno dei nostri orsi registrati e muniti di radiocollare, oppure quando
i bifolchi della Lega Nord avevano annunciato che si sarebbero riuniti in un
ristorante di Trento per assaggiare carne d’orso, convivio poi saltato per le
proteste.
Nel
primo caso, per i guardiacaccia sloveni è normale sparare agli orsi, come per
quelli rumeni accompagnare il re di Spagna nel bosco per accaparrarsi un trofeo
ursino, mentre nel secondo caso si è trattato di uno scivolone fatto dalla
dirigenza leghista per accattivarsi gli elettori appassionati di caccia. Se
negli anni Settanta erano indifferentemente il P.C.I. e la Democrazia Cristiana
a vezzeggiare i seguaci di Diana, oggi quel posto è stato preso dalla Lega
Nord. Qualcuno deve pur accontentare la parte più retrograda dell’elettorato!
Vi
sono però nel mondo luoghi sedicenti civilizzati in cui agli orsi si dà la
caccia legalmente. Non sto parlando della Slovenia, ma degli Stati Uniti,
nostri proprietari. Non è solo per il fatto che di orsi da quelle parti ce ne
sono tantissimi - e quindi non si è attuato lo stesso nostro processo di
rarefazione con conseguente apprezzamento tardivo - ma anche perché, Michigan in testa, gli Stati Uniti sono un paese venatorio, oltre che guerrafondaio. Bush senior e Kerr lo
sfidante andavano a caccia di oche insieme e i padri pellegrini giunti nel New
England a bordo del
Mayflower, si
diedero per prima cosa allo sterminio di indiani e tacchini selvatici, portando
entrambi quasi all’estinzione. Successivamente passarono ai bisonti, alla
colomba migratrice e ai vietnamiti, per fare solo alcuni esempi eclatanti.
Oggi,
grazie a questa loro arcaica predisposizione alla caccia, devono vedersela con
le stragi nelle scuole, negli asili infantili e nei cinema. Nemesi all’opera.
Le industrie armiere gongolano, esattamente come da noi. E, come da noi, anche
negli Stati Uniti i fabbricanti di armi e munizioni si chiedono perché mai
dovrebbero rinunciare a una parte di mercato basata sugli appassionati di
caccia, solo perché quattro hippy ecologisti non sono d’accordo.
Con
la caccia, che per le industrie armiere è un settore di minoranza, si
scontentano gli
animalisti, ma con la guerra, settore fondante dell’economia,
si scontentano i pacifisti, che non sono poi molti di più degli animalisti. E,
in ogni caso, i fabbricanti d’armi possono dormire sonni tranquilli giacché mai
e poi mai animalisti e pacifisti uniranno le loro forze contro il comune
nemico, poiché i meccanismi del “divide et impera” sono stati attuati alla perfezione
e funzionano ottimamente.
I
pacifisti considerano scandaloso “amare” più gli animali degli esseri umani,
mentre gli animalisti considerano scandaloso occuparsi sempre e soltanto del
benessere e dei diritti degli uomini e mai di quelli degli altri animali. Via
di questo passo, muro contro muro, non se ne uscirà mai e il fronte a favore
della vita - della fauna selvatica e delle popolazioni attaccate militarmente -
resterà perennemente diviso e inefficace.
Per
noi animalisti lottare fianco a fianco di cristiani che ci disprezzano è come
per il M5S allearsi con il PD per formare un governo. Il giorno in cui i
pacifisti cristiani smetteranno di ragionare in termini specisti, allora si
potrà parlare di alleanze, mentre per i nostri potenziali alleati è diverso:
loro vogliono che la smettiamo tout court di occuparci d’animali, per dedicarci unicamente
alla specie umana. Il che equivale a chiederci di annullarci come individui
pensanti e omologarci al loro tanto odiato specismo.
Nel
frattempo, gli opulenti uomini d’affari americani si concedono battute di
caccia all’orso nelle loro foreste. Quelli più ricchi vanno in Africa per fare
bottino di teste da mettere sulla parete del salotto. Da noi i più poveri vanno
nelle apposite riserve a sparare a polli travestiti da fagiani e quelli più
ricchi vanno ad anatre sulle foci del Danubio o a quaglie in Tunisia.
Il
ragionamento delle autorità bulgare e tunisine è simile a quello fatto in
Africa del sud e precisamente nel parco Kruger: concedere l’abbattimento di un
numero limitato di capi di selvaggina porta ricchezza a molte famiglie del
posto, sia che si tratti di andare a raccogliere coleotteri da mettere sotto
resina, sia che si tratti di spartire fra gli abitanti del villaggio la carcassa
della giraffa o dell’elefante.
I
soldi, prima di tutto. Il guadagno e l’interesse umano, al primo posto. La
povertà dei negri come lasciapassare per la malvagità dei bianchi, scordando
per un momento il fatto che se gli africani non riescono a sviluppare la loro
economia è a causa delle politiche dei banchieri internazionali di pelle
bianca.
Intanto
che aspettiamo lo sviluppo del Botswana o dello Zimbabwe, lasciamo che turisti
facoltosi spendano cifre enormi per uccidere gli ultimi elefanti e mentre il
governo Letta dice: “Non disturbate il manovratore e lasciateci lavorare”, i
banchieri internazionali dicono: “Lasciateci fare le nostre manovre
finanziarie, ché se avanzerà qualche spicciolo lo daremo senz’altro in
beneficenza”.
Responsabilità
a tutti i livelli. La Nestlé fa la sua parte, ma anche la Monsanto, i
Rothschild e la regina d’Inghilterra, insieme al libero professionista wasp che la domenica va nel Montana a
sparare ai Baribal o ai Grizzly. Mandanti i primi, altolocati criminali,
esecutore il secondo, medioborghese assassino.
Senza
dimenticare però l’ultimo peones del lago Titicaca che, nel 1993, mi condusse in un sentiero
sull’isla flotante
per farmi vedere l’anatra appena uccisa, buttata per terra fra le canne, in
quello che secondo il cartello scritto a mano doveva essere un museo a cielo
aperto.
Chissà
che fucile avrà usato, il discendente degli Incas, per abbattere quella povera
anatra! L’unica consolazione è che poi, la sera, dopo che noi turisti ce ne
saremmo andati, sua moglie l’avrebbe cucinata.
Gli
Yankee, invece, dispongono di costosi fucili ultimo modello, talmente
sofisticati che ora ce n’è un tipo con puntatore laser, che garantisce
l’abbattimento della preda senza bisogno di prendere la mira. Anche gli stessi cacciatori storcono il naso. Io m’indigno a dover non solo convivere sullo stesso
pianeta con esseri umani che fanno della caccia uno sport, ma anche solo a
doverli considerare come appartenenti alla specie umana, che a mio avviso, con
il loro comportamento, contribuiscono a svilire.
Mi
rendo però conto che essi sono come tossicodipendenti, drogati di quel piacere
adrenalinico che le leggi permettono loro di godere uccidendo. Anch’io forse
sono un tossicodipendente, un drogato di giustizia e di equa considerazione
degli interessi, di cui non posso fare a meno, ma fra le due tossicodipendenze
almeno la mia non nuoce a nessuno.
Il paragone non regge, le tossicodipendenze hanno altri orizzonti.
RispondiEliminaCon questi articoli mi deprime e tendo a saltarli a piè pari, non certo per evitare di assumermi responsabilità nell'evitare gli accadimenti contenuti nel post.
Orsi che cercano di sniffare benzina sono come molti utenti di internet, ormai drogati e in crisi se si rompe qualche componente.
EliminaQuanto alle esigenze etiche di noi animalisti, possono diventare un'ossessione con sintomi simili a quelli dei tossici in astinenza. Noi siamo una razza che muore giovane. Logorata.