Testo
di Beppe Miceli
Qui
a Firenze i ROM non hanno un "campo nomadi" ma un'intera zona
abitativa di case prefabbricate denominata Villaggio ROM di via del Poderaccio,
che il Comune di Firenze ha messo loro a disposizione da almeno una dozzina di
anni.
Posso
affermare che si tratta di un'opera volta ad integrare nel nostro tessuto
sociale numerose famiglie di nomadi che da un paio di generazioni stazionavano
nell'hinterland delle grandi città toscane, spostandosi con una certa frequenza
dall'una all'altra periferia.
Diciamo
che in parte l'operazione di fidelizzazione al territorio di residenza fissa ha
fornito dei buoni risultati che il Comune di Firenze definisce positivi "a livello di controllo". Personalmente ho avuto modo di verificare che
alcuni di loro, assunti da ditte di pulizie che operavano nella nostra banca,
si sono comportati sempre in maniera professionale e corretta, per cui posso
confermare che, per quei nuclei familiari che ho avuto modo di conoscere,
l'integrazione è avvenuta e si è consolidata.
Purtroppo,
nello schema logistico e infrastrutturale del villaggio è possibile individuare
una sorta di ghetto, una favela, in cui sono stati infilati quasi a forza i ROM
per radunarli tutti insieme ed evitare la loro dispersione con le roulottes un
po' ovunque nelle periferie cittadine. La situazione si è purtroppo degradata
con l'apertura delle frontiere quando il flusso migratorio si è fatto
consistente trasformandosi in una specie di campo profughi per sfuggire alle
persecuzioni che i ROM subiscono nei paesi dell'est, notoriamente rigidi e
intolleranti.
Fatto
sta che l'esperimento del villaggio ROM del Poderaccio, a Firenze, è un
qualcosa con cui i fiorentini non vorrebbero molto relazionarsi, perché
qualsiasi atto di malaffare venga compiuto nella zona del Ponte all'Indiano,
hanno la tendenza ad incolpare i ROM, a prescindere.
Il
tempo dovrebbe livellare questi divari culturali, religiosi, sociali,
economici. Tutti ci auguriamo che la frequentazione, l'esempio, lo scambio
comportamentale, l'apprendimento della lingua possano costituire dei ponti
levatoi dove far transitare la cultura da un'etnia all'altra che la ospita, con
maggior facilità, ma occorre la capacità di mostrarsi almeno un po' volonterosi
sotto il profilo della disponibilita alla reciproca conoscenza.
Da quando due zingare hanno cercato di penetrare nel mio appartamento mentre c'ero io per rubare...odio ancora di più quest'aria di finta tolleranza che si respira a Firenze, il cui massimo esponente è il Matteino nazionale. Vi accorgerete come lui ed i suoi "di sinistra" (hahaah!) favoriscano i parassiti Rom per tirarla ancora più in tasca alla gente che segue (tontarelli) le regole dello Stato-Leviatano...divide et impera! g
RispondiEliminaSapevo che saresti intervenuto!
Elimina:-)
A parte l'autore, Beppe Miceli tuo concittadino, che è una brava persona, devo ancora trovare qualcuno che trovi simpatici gli zingari.
I parassiti non piacciono a nessuno: a me non piacciono i malgasci, per questo; agli italiani non piacciono i politici che siedono in parlamento e alla mia cagnetta non piacciono le pulci che la obbligano a grattarsi continuamente.
Eppure, Madre Natura ha previsto anche loro!
Devono essere, anche queste, strategie per la sopravvivenza.
Ma io non ce l'ho infatti con gli zingari, che sono furbi e gabbano la Legge ed ogni forma di controllo ed omologazione del Nuovo Ordine Mondiale... Ce l'ho con chi li usa come arma per contrastare la gente cosiddetta "integrata"...a loro sono permesse cose che a noi non ci permetterebbero mai. Dunque il mio odio va verso gli amministratori buonisti che attraverso il fenomeno Rom ci prendono ancora di più per i fondelli... g
RispondiEliminaSpingono sul tasto dell'insofferenza e del malcontento, per portare la popolazione all'esasperazione, in vista magari di qualche forma di rivolta cruenta (non dico armata, perché non ne siamo capaci).
EliminaAnche i Rom, dunque, vengono strumentalizzati, al pari dei migranti.