giovedì 5 maggio 2016

Bambini ed elefanti uniti nella lotta



L’olio di palma contiene tre sostanze tossiche (una delle quali classificata come genotossica e cancerogena) per cui il consumo di prodotti alimentari con discrete quantità di grasso tropicale viene sconsigliato soprattutto a bambini e adolescenti. È quanto sostiene l’Autorità per la sicurezza alimentare europea (Efsa) in un corposo dossier di 160 pagine dove si valuta la presenza di tre contaminanti che si formano nel processo di raffinazione ad alte temperature (200°C) di oli vegetali. Stiamo parlando dell’estero glicidico  degli acidi grassi (GE), del 3-monocloropropandiolo (3-MCPD) e del 2-monocloropropandiolo (2-MCPD) e loro esteri degli acidi grassi. Il problema riguarda anche altri oli vegetali e margarine, ma l’aspetto saliente è che il grasso tropicale ne contiene da 6 a 10 volte di più. Gli alimenti sotto accusa sono prodotti da forno, dolci, torte, ma anche cibi per l’infanzia che contengono il grasso tropicale.

 
La situazione è seria: basta dire che per l’estere glicidico degli acidi grassi (GE), non è stata stabilita una  soglia perché trattandosi di una sostanza cancerogena e genotossica non deve essere presente negli alimenti (proprio com’è successo per il colorante Sudan, la cui presenza anche in dosi minime è sufficiente per avviare il ritiro del prodotto). Il gruppo ha concluso che i GE sono un potenziale problema di salute soprattutto per i bambini e i giovani, e anche per tutte quelle persone che assumono cibi ricchi di acidi grassi di palma. Le criticità si pongono anche per i bambini che consumano esclusivamente alimenti per lattanti. L’argomento non è nuovo. L’Efsa riferisce che la quantità di GE negli oli e grassi di palma è stata dimezzata negli ultimi 5 anni grazie alle misure adottate durante il processo produttivo. In Italia però il consumo di olio di palma negli ultimi 5 anni è quadruplicato per cui questo miglioramento è stato praticamente vanificato (le importazioni sono passate da 274 mila tonnellate del 2011, a 821 mila tonnellate del 2015 – Istat).
 
È stata invece fissata una dose giornaliera tollerabile (DGT) di 0,8 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno per il 3-MCPD e i suoi esteri degli acidi grassi, mentre non si hanno abbastanza dati tossicologici per stabilire un livello di sicurezza per il 2-MCPD. Anche in questo caso l’apporto più significativo deriva dall’olio di palma e il parere dell’Efsa è altrettanto severo: “le quantità per i bambini e gli adolescenti (fino a 18 anni) superano la dose giornaliera tollerabile e costituiscono un potenziale rischio per la salute”. Contrariamente a quanto è successo per il GE, in questo caso, la quantità dei contaminanti nell’olio di palma e negli altri grassi vegetali è rimasta identica negli ultimi 5 anni.

Il consumo di olio di palma in Italia ha ormai raggiunto livelli record, siamo a 12 grammi al giorno pro capite, trattandosi del grasso preferito dalle aziende utilizzato in: merendine, biscotti, grissini, cracker, fette biscottate, prodotti da forno e decine di altri alimenti. Questa criticità è stata evidenziata anche due mesi fa in un dossier dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in cui si dice che i bambini italiani assumono il 49% in più di grassi saturi rispetto a quanto consigliato dai Larn e dall’Efsa. Buona parte di questo eccesso (41% della quantità massima) è dovuto al consumo di olio di palma aggiunto in molti alimenti industriali.

Di fronte a due dossier firmati dalle massime autorità sanitarie italiane ed europee c’è da chiedersi cosa potranno inventare le aziende aderenti all’Aidepi che hanno investito 10 milioni in pubblicità per convincere i consumatori che l’olio di palma è un ingrediente sano, naturale e rispettoso dell’ambiente. Per fortuna il fronte industriale non è compatto e grazie alla petizione su Change.org  avviata da Il Fatto Alimentare e Great Italian food Trade che ha raccolto oltre 175 mila firme, ormai sul mercato ci sono più di 700 prodotti palm free.

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