Fonte:
Il fatto alimentare
L’olio
di palma
contiene tre sostanze tossiche (una delle quali classificata come
genotossica e cancerogena) per cui il consumo di prodotti alimentari
con discrete quantità di grasso tropicale viene sconsigliato
soprattutto a bambini e adolescenti. È quanto sostiene l’Autorità
per la sicurezza alimentare europea (Efsa) in un corposo dossier di
160 pagine dove si valuta la presenza di tre contaminanti che si
formano nel processo di raffinazione ad alte temperature (200°C) di
oli vegetali. Stiamo parlando dell’estero glicidico degli
acidi grassi (GE), del 3-monocloropropandiolo (3-MCPD) e del
2-monocloropropandiolo (2-MCPD) e loro esteri degli acidi grassi. Il
problema riguarda anche altri oli vegetali e margarine, ma l’aspetto
saliente è che il grasso tropicale ne contiene da 6 a 10 volte di
più. Gli alimenti sotto accusa sono prodotti da
forno, dolci, torte, ma anche cibi per l’infanzia che contengono il
grasso tropicale.
La
situazione è seria:
basta dire che per l’estere glicidico degli acidi grassi (GE), non
è stata stabilita una soglia perché trattandosi di una
sostanza cancerogena e genotossica non deve essere presente negli
alimenti (proprio com’è successo per il colorante Sudan, la cui
presenza anche in dosi minime è sufficiente per avviare il ritiro
del prodotto). Il gruppo ha concluso che i GE sono un potenziale
problema di salute soprattutto per i bambini e i giovani, e anche per
tutte quelle persone che assumono cibi ricchi di acidi grassi di
palma. Le criticità si pongono anche per i bambini che consumano
esclusivamente alimenti per lattanti. L’argomento
non è nuovo.
L’Efsa riferisce che la quantità di GE negli oli e grassi di palma
è stata dimezzata negli ultimi 5 anni grazie alle misure adottate
durante il processo produttivo. In Italia però il consumo di olio di
palma negli ultimi 5 anni è quadruplicato per cui questo
miglioramento è stato praticamente vanificato (le importazioni sono
passate da 274 mila tonnellate del 2011, a 821 mila tonnellate del
2015 – Istat).
È
stata invece fissata
una dose giornaliera tollerabile (DGT) di 0,8 microgrammi per
chilogrammo di peso corporeo al giorno per il 3-MCPD e i suoi esteri
degli acidi grassi, mentre non si hanno abbastanza dati tossicologici
per stabilire un livello di sicurezza per il 2-MCPD. Anche in questo
caso l’apporto più significativo deriva dall’olio di palma e il
parere dell’Efsa è altrettanto severo: “le quantità per i
bambini e gli adolescenti (fino a 18 anni) superano la dose
giornaliera tollerabile e costituiscono un potenziale rischio per la
salute”. Contrariamente a quanto è successo per il GE, in questo
caso, la quantità dei contaminanti nell’olio di palma e negli
altri grassi vegetali è rimasta identica negli ultimi 5 anni.
Il
consumo di olio di palma
in Italia ha ormai raggiunto livelli record, siamo a 12 grammi al
giorno pro capite, trattandosi del grasso preferito dalle aziende
utilizzato in: merendine, biscotti, grissini, cracker, fette
biscottate, prodotti da forno e decine di altri alimenti. Questa
criticità è stata evidenziata anche due mesi fa in un dossier
dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in cui si dice che i
bambini italiani assumono il 49% in più di grassi saturi rispetto a
quanto consigliato dai Larn e dall’Efsa. Buona parte di questo
eccesso (41% della quantità massima) è dovuto al consumo di olio di
palma aggiunto in molti alimenti industriali.
Di
fronte a due dossier
firmati dalle massime autorità sanitarie italiane ed europee c’è
da chiedersi cosa potranno inventare le aziende aderenti all’Aidepi
che hanno investito 10 milioni in pubblicità per convincere i
consumatori che l’olio di palma è un ingrediente sano, naturale e
rispettoso dell’ambiente. Per fortuna il fronte industriale non è
compatto e grazie alla petizione
su Change.org avviata da Il
Fatto Alimentare
e Great
Italian food Trade che ha raccolto oltre 175 mila firme, ormai
sul mercato ci sono più di 700 prodotti palm free.
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