Fonte: L'intraprendente
Come
vanno i processi e le dovute condanne per i
mille
aggressori di donne
nella notte di Capodanno a
Colonia e Dusseldorf?
Benone, c’è già un condannato, un marocchino di 33 anni, un anno
e sette mesi per una serie di piccoli crimini, uno dei quali, un
mese
intendo, per i crimini del Capodanno. Un mese, e passa la paura a
tutti, tranne che alle donne. In fin dei conti, come
hanno decretato i giudici di Bari, avere una
cultura e una mentalità da estremismo islamico
non è mica un crimine. E andarsene in giro accoltellando
gente alla fermata del treno a Monaco o in un quartiere di Milano è
sempre e solo un problema di disagio mentale. E’ andata peggio
all’agenzia milanese di eventi, condannata
a una multa di 500 euro per non
aver assunto una signorina che si era presentata col velo.
E’ storia di ieri la condanna morale in Svezia toccata a Jan
Lööf,
scrittore e disegnatore di favole, cacciato dal suo editore per aver
osato chiamare Abdullah il protagonista della sua storia e Omar il
perfido pirata.
Se volete aprire una rubrica dal titolo suggestivo
“com’è andata a finire”, oppure “da una parte all’altra”,
vedrete che corsa affannosa intraprendono ogni giorno responsabili
autorità, pensosi sociologi e illuminati giornalisti per
giustificare le malefatte dei migranti e dei musulmani tutti, e per
stigmatizzare il razzismo e l’intolleranza dei cittadini europei.
Ora l’afflato è tutto concentrato sul nuovo
sindaco di Londra,
il disgusto tutto indirizzato sul purtroppo candidato
repubblicano a presidente degli Stati Uniti,
e nel primo si descrive la possibilità di un mondo nuovo e
tollerante, nel secondo l’incubo della destra e del nazionalismo.
Imbecilli, ché ancora una volta l’Europa
coltiva la sottomissione,
pratica il corteggiamento della belva, l’America
si ribella al pericolo, e non è detto che questa volta possa o
voglia correre a salvarci dal suicidio.
Un
sociologo di quelli molto progressisti e pensosi, Stefano
Allevi,
dichiara che a Londra è stato fatto “un passo avanti non perché è
il primo sindaco musulmano di una capitale europea, ma in un certo
senso perché ai londinesi non è importato che lo fosse”. Non è
vero. Khan ha vinto con il 57% delle preferenze, circa 1,3 milioni di
voti, praticamente la stessa cifra della popolazione musulmana di
Londra, è il sindaco di Londonistan,
e se vi piace così chiamatela pure avanguardia, visto che nel resto
del Paese hanno vinto i
conservatori,
ma cambia poco, è probabilmente tardi per tornare indietro, se la
Bank of England ha aperto le sue porte alla finanza islamica, mentre
salgono a tre gli edifici governativi a Londra dove vige la sharia,
sono oltre
cento le corti della Sharia che operano legalmente in Inghilterra,
regolando il diritto familiare nelle comunità musulmane, infine se
quattro dipartimenti del governo, Lavoro e pensioni, Tesoro, Fisco e
dogane, Interno, hanno riconosciuto la poligamia. A Londra andate a
camminare per Brick Lane o Bethnal Green, a White Chapel e Aldgate
east, lungo Commercial Road, due passi dalla City, magari in
atteggiamento affettuoso con partner o con gonna sopra il ginocchio,
provate sana paura, sentitevi uno straniero
in terra d’Occidente,
e poi riparliamo del concetto di avanguardia.
Sadiq
Khan
appena eletto si è fatto un giro di propaganda non dovuta, se il suo
atteggiamento non è la messa in pratica della dissimulazione
cara ai Fratelli Musulmani,
tra chiesa anglicana e comunità ebraica, ma non ha mai replicato
alle accuse precise del suo avversario, Zac Goldsmith, non
ha mai risposto sul suo vero curriculum vitae. Cito la
dissimulazione, la
taqiyya,
pratica consentita anzi incoraggiata dal Corano,
che è l’arte di mentire fingendosi quel che non si è, ovvero un
moderato, ovvero un amico dell’Occidente, allo scopo di ingannare
l’infedele,
blandirlo e rassicurarlo, poi sconfiggerlo, perché Sadiq Khan la
incarna a perfezione. Basterebbe ricordare i discorsi di Yasser
Arafat
che in arabo invitavano al terrorismo, in inglese diventavano
conciliatori, o il campione della dissimulazione in Europa, Tariq
Ramadan,
accolto nelle università e nei salotti, addirittura nominato
consulente da Tony Blair, che è uno dei principali responsabili del
casino di oggi.
La carriera di avvocato del nuovo sindaco di Londra
ha alcuni punti illuminanti, un filo continuo tra ieri e oggi. Oggi
ha chiesto di limitare il diritto della polizia allo stop and search,
una perquisizione che viene utilizzata come strumento di prevenzione
dopo la strage del 7 luglio 2005 a Londra; ieri istruiva i suoi
clienti sui pretesti per far causa alla polizia. E’ legato a
Suliman
Gani,
un religioso musulmano di Tooting, la circoscrizione di Londra sud di
cui il neo sindaco è rappresentante in Parlamento. Fra il 2004 e il
2013 hanno partecipato agli stessi eventi una decina di volte, Gani
nei suoi discorsi segue sempre lo stesso copione: le
donne
sono esseri inferiori al servizio degli uomini, gli
omosessuali
vanno passati per le armi, il
trapianto di organi
proibito. Gani ha rapporti stretti con il gruppo estremista Hizbut
Tahrir,
ha organizzato una marcia di solidarietà per Shaker Aamer, un
terrorista di Al
Qaeda
detenuto a Guantanamo. Ma la coppia Gani-Khan ha diviso il palco
anche nell’agosto del 2004 a un evento organizzato da Stop
Political Terror,
il gruppo di Anwar al Awlaki, un imam
radicale islamico
ucciso nel 2011 in un attacco della Cia con un drone in Yemen, e di
nuovo Khan ha parlato ad almeno a quattro eventi di Stop Political
Terror, ora fusa con
Cage,
altra nota organizzazione filoterrorista.
Khan ha tentato per alcuni
anni di impedire l’estradizione negli Stati Uniti di Babr Amhad,
accusato di aver offerto supporto
materiale al terrorismo,
poi dichiaratosi colpevole. In campagna elettorale qualcuno gli ha
ricordato che nel 2002 aveva rappresentato il leader della Nation
of Islam,
Louis Farrakhan (foto), contro l’Home Office britannico che vietava al
leader
antisemita
dei black muslims Usa di entrare nel Regno Unito. Ha risposto che
“anche le persone peggiori meritano una tutela legale”, concetto
ineccepibile, ma allora dichiarava che «Louis Farrakhan non è
antisemita e non predica un messaggio di odio razziale e antagonismo,
bensì di autodisciplina e responsabilità… È oltraggioso e
sconvolgente che il governo britannico stia tentando di escludere
quest’uomo». Sempre in nome del diritto alla tutela legale, Sadiq
Khan è stato capo consulente legale del Muslim
Council of Britain,
un gruppo legato ai Fratelli Musulmani, e ha difeso Yusuf al
Qaradawi, che definì gli attacchi kamikaze di Hamas in Israele «non
terrorismo e nemmeno suicidio, ma martirio
nel nome di Allah».
Nel 2006, Khan partecipò a una protesta a Trafalgar Square contro
le pubblicazioni di vignette su Allah
nei giornali occidentali. Nel 2008 fu l’oratore di un evento
organizzato da Islam
Channel,
e parlò davanti a una
platea che agitava bandiere nere e inneggiava al jihad.
Siamo al 2009, quando Khan, da ministro per la Coesione della
società, un dipartimento creato dal governo proprio per cercare di
sradicare l’estremismo, si inventa una vera perla: intervistato
dalla Press
TV,
finanziata
dall’Iran,
definisce i musulmani moderati «i
nuovi Zio Tom»,
ovvero degli schiavi contenti e consenzienti, ed esprime adesione
al boicottaggio dei prodotti israeliani:
«Non c’è nulla di male e io incoraggio la gente a protestare, a
dimostrare, a lamentarsi, a scrivere a giornali e radio. Boicottare è
legale, fa parte dei mezzi legali di una società democratica». Nel
2012 è vicino alla Federation
of Student Islamic Societies
(Fosis), un’organizzazione finanziata dai Fratelli musulmani che il
governo britannico definisce fiancheggiatrice
dell’estremismo islamico.
Già in campagna elettorale, a Khan viene pubblicamente chiesto di
licenziare uno dei suoi collaboratori più stretti, Shueb Salar, che
il Daily
Mail
ha beccato a pubblicare messaggi
omofobi e sessisti,
battute compiaciute su omicidi e stupri, osservazioni sugli indiani
che “puzzano”.
Ma Salar fa di peggio: dichiara di sospettare che
l’assassinio del soldato Lee Rigby (foto) da parte di estremisti islamici
sia stato fabbricato ad arte. Provano a resistere ma alla fine il
braccio destro deve dimettersi dopo la pubblicazione di uno foto in
cui imbraccia una fucilone e dichiara sono segretamente un killer,
fatemi un fischio se volete che mi occupi di qualcuno, lo farò
sembrare un incidente. Ecco servito
il moderato e i suoi compagnucci,
e sono certa di aver pescato dalle cronache solo una parte degli
episodi che lo ritraggono per quel che veramente è. Forse un Trump
presidente avrebbe più di una ragione seria per non farlo
entrare negli Stati Uniti,
altro che la polemicuccia che il neo sindaco ha subito armato contro
il candidato repubblicano. Che poi la famosa frase incriminata,
pronunciata subito dopo
le stragi di San Bernardino e di Parigi,
chiedeva “a total and complete shutdown of Muslims entering the
United States until our country’s representatives can figure out
what is going on”, un blocco all’ingresso dei musulmani negli
Stati Uniti fino a quando le autorità non siano in grado di capire
che cosa sta succedendo, quindi palesemente un
bando temporaneo.
Non farebbe male da nessuna parte del mondo, se sono veri i dati
sulle infiltrazioni di terroristi ed estremisti, le denunce di
possibili
attentati,
la sensazione diffusa e mal smentita dalle autorità europee che i
controlli non siano effettuati che parzialmente all’arrivo dei
profughi, il numero
impressionante di non schedati che spariscono all’arrivo,
Parigi,
Bruxelles, le stragi, la guerra alle capitali in tempo di pace.
L’Europa
non intende difendersi, anzi trasforma la sua resa in
autocompiacimento,
e il main stream, la corrente di pensiero dominante che si atteggia a
liberale ma più
illiberale non potrebbe essere,
accusa di fascismo e razzismo chi si provi a denunciare il pericolo,
disprezza come arretrato e ignorante chi reagisca con rabbia
all’invasione.
E’ doloroso osservare che ci cascano tutti, anche
coloro che si sentono dei conservatori doc, basta vedere la
rabbiosa e comune reazione di destra e di sinistra
al successo
della campagna di Donald Trump, uno che dice che il re è nudo, e si
assume la brutalità della denuncia contro l’ipocrisia imperante.
Tra i soliti pensosi opinionisti e politici circola l’evocazione
degli anni ’30, del pericolo della deriva nazionalista, dei partiti
estremisti, del fascino del Capo. Ora, a parte il ridicolo a cui si
espone chi non capisce che da derive autoritarie gli Stati Uniti sono
dalla nascita e per sempre vaccinati da un sistema formidabile, che
vacilla ma non si piega nemmeno quando gli capita un presidente
imbelle e pernicioso come Barak
Obama,
gli europei farebbero meglio a ricordare i patti di Monaco, la
politica di appeasement,
Chamberlain, insomma la stupida
cieca illusione di poter restare in pace quando la guerra l’hai già
in casa.
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