mercoledì 25 maggio 2016

Gli europei s'illudono di poter fraternizzare con i musulmani



Come vanno i processi e le dovute condanne per i mille aggressori di donne nella notte di Capodanno a Colonia e Dusseldorf? Benone, c’è già un condannato, un marocchino di 33 anni, un anno e sette mesi per una serie di piccoli crimini, uno dei quali, un mese intendo, per i crimini del Capodanno. Un mese, e passa la paura a tutti, tranne che alle donne. In fin dei conti, come hanno decretato i giudici di Bari, avere una cultura e una mentalità da estremismo islamico non è mica un crimine. E andarsene in giro accoltellando gente alla fermata del treno a Monaco o in un quartiere di Milano è sempre e solo un problema di disagio mentale. E’ andata peggio all’agenzia milanese di eventi, condannata a una multa di 500 euro per non aver assunto una signorina che si era presentata col velo. E’ storia di ieri la condanna morale in Svezia toccata a Jan Lööf, scrittore e disegnatore di favole, cacciato dal suo editore per aver osato chiamare Abdullah il protagonista della sua storia e Omar il perfido pirata. 

 
Se volete aprire una rubrica dal titolo suggestivo “com’è andata a finire”, oppure “da una parte all’altra”, vedrete che corsa affannosa intraprendono ogni giorno responsabili autorità, pensosi sociologi e illuminati giornalisti per giustificare le malefatte dei migranti e dei musulmani tutti, e per stigmatizzare il razzismo e l’intolleranza dei cittadini europei. Ora l’afflato è tutto concentrato sul nuovo sindaco di Londra, il disgusto tutto indirizzato sul purtroppo candidato repubblicano a presidente degli Stati Uniti, e nel primo si descrive la possibilità di un mondo nuovo e tollerante, nel secondo l’incubo della destra e del nazionalismo. Imbecilli, ché ancora una volta l’Europa coltiva la sottomissione, pratica il corteggiamento della belva, l’America si ribella al pericolo, e non è detto che questa volta possa o voglia correre a salvarci dal suicidio.

Un sociologo di quelli molto progressisti e pensosi, Stefano Allevi, dichiara che a Londra è stato fatto “un passo avanti non perché è il primo sindaco musulmano di una capitale europea, ma in un certo senso perché ai londinesi non è importato che lo fosse”. Non è vero. Khan ha vinto con il 57% delle preferenze, circa 1,3 milioni di voti, praticamente la stessa cifra della popolazione musulmana di Londra, è il sindaco di Londonistan, e se vi piace così chiamatela pure avanguardia, visto che nel resto del Paese hanno vinto i conservatori, ma cambia poco, è probabilmente tardi per tornare indietro, se la Bank of England ha aperto le sue porte alla finanza islamica, mentre salgono a tre gli edifici governativi a Londra dove vige la sharia, sono oltre cento le corti della Sharia che operano legalmente in Inghilterra, regolando il diritto familiare nelle comunità musulmane, infine se quattro dipartimenti del governo, Lavoro e pensioni, Tesoro, Fisco e dogane, Interno, hanno riconosciuto la poligamia. A Londra andate a camminare per Brick Lane o Bethnal Green, a White Chapel e Aldgate east, lungo Commercial Road, due passi dalla City, magari in atteggiamento affettuoso con partner o con gonna sopra il ginocchio, provate sana paura, sentitevi uno straniero in terra d’Occidente, e poi riparliamo del concetto di avanguardia.

Sadiq Khan appena eletto si è fatto un giro di propaganda non dovuta, se il suo atteggiamento non è la messa in pratica della dissimulazione cara ai Fratelli Musulmani, tra chiesa anglicana e comunità ebraica, ma non ha mai replicato alle accuse precise del suo avversario, Zac Goldsmith, non ha mai risposto sul suo vero curriculum vitae. Cito la dissimulazione, la taqiyya, pratica consentita anzi incoraggiata dal Corano, che è l’arte di mentire fingendosi quel che non si è, ovvero un moderato, ovvero un amico dell’Occidente, allo scopo di ingannare l’infedele, blandirlo e rassicurarlo, poi sconfiggerlo, perché Sadiq Khan la incarna a perfezione. Basterebbe ricordare i discorsi di Yasser Arafat che in arabo invitavano al terrorismo, in inglese diventavano conciliatori, o il campione della dissimulazione in Europa, Tariq Ramadan, accolto nelle università e nei salotti, addirittura nominato consulente da Tony Blair, che è uno dei principali responsabili del casino di oggi. 

La carriera di avvocato del nuovo sindaco di Londra ha alcuni punti illuminanti, un filo continuo tra ieri e oggi. Oggi ha chiesto di limitare il diritto della polizia allo stop and search, una perquisizione che viene utilizzata come strumento di prevenzione dopo la strage del 7 luglio 2005 a Londra; ieri istruiva i suoi clienti sui pretesti per far causa alla polizia. E’ legato a Suliman Gani, un religioso musulmano di Tooting, la circoscrizione di Londra sud di cui il neo sindaco è rappresentante in Parlamento. Fra il 2004 e il 2013 hanno partecipato agli stessi eventi una decina di volte, Gani nei suoi discorsi segue sempre lo stesso copione: le donne sono esseri inferiori al servizio degli uomini, gli omosessuali vanno passati per le armi, il trapianto di organi proibito. Gani ha rapporti stretti con il gruppo estremista Hizbut Tahrir, ha organizzato una marcia di solidarietà per Shaker Aamer, un terrorista di Al Qaeda detenuto a Guantanamo. Ma la coppia Gani-Khan ha diviso il palco anche nell’agosto del 2004 a un evento organizzato da Stop Political Terror, il gruppo di Anwar al Awlaki, un imam radicale islamico ucciso nel 2011 in un attacco della Cia con un drone in Yemen, e di nuovo Khan ha parlato ad almeno a quattro eventi di Stop Political Terror, ora fusa con Cage, altra nota organizzazione filoterrorista. 

Khan ha tentato per alcuni anni di impedire l’estradizione negli Stati Uniti di Babr Amhad, accusato di aver offerto supporto materiale al terrorismo, poi dichiaratosi colpevole. In campagna elettorale qualcuno gli ha ricordato che nel 2002 aveva rappresentato il leader della Nation of Islam, Louis Farrakhan (foto), contro l’Home Office britannico che vietava al leader antisemita dei black muslims Usa di entrare nel Regno Unito. Ha risposto che “anche le persone peggiori meritano una tutela legale”, concetto ineccepibile, ma allora dichiarava che «Louis Farrakhan non è antisemita e non predica un messaggio di odio razziale e antagonismo, bensì di autodisciplina e responsabilità… È oltraggioso e sconvolgente che il governo britannico stia tentando di escludere quest’uomo». Sempre in nome del diritto alla tutela legale, Sadiq Khan è stato capo consulente legale del Muslim Council of Britain, un gruppo legato ai Fratelli Musulmani, e ha difeso Yusuf al Qaradawi, che definì gli attacchi kamikaze di Hamas in Israele «non terrorismo e nemmeno suicidio, ma martirio nel nome di Allah». 

Nel 2006, Khan partecipò a una protesta a Trafalgar Square contro le pubblicazioni di vignette su Allah nei giornali occidentali. Nel 2008 fu l’oratore di un evento organizzato da Islam Channel, e parlò davanti a una platea che agitava bandiere nere e inneggiava al jihad. Siamo al 2009, quando Khan, da ministro per la Coesione della società, un dipartimento creato dal governo proprio per cercare di sradicare l’estremismo, si inventa una vera perla: intervistato dalla Press TV, finanziata dall’Iran, definisce i musulmani moderati «i nuovi Zio Tom», ovvero degli schiavi contenti e consenzienti, ed esprime adesione al boicottaggio dei prodotti israeliani: «Non c’è nulla di male e io incoraggio la gente a protestare, a dimostrare, a lamentarsi, a scrivere a giornali e radio. Boicottare è legale, fa parte dei mezzi legali di una società democratica». Nel 2012 è vicino alla Federation of Student Islamic Societies (Fosis), un’organizzazione finanziata dai Fratelli musulmani che il governo britannico definisce fiancheggiatrice dell’estremismo islamico. Già in campagna elettorale, a Khan viene pubblicamente chiesto di licenziare uno dei suoi collaboratori più stretti, Shueb Salar, che il Daily Mail ha beccato a pubblicare messaggi omofobi e sessisti, battute compiaciute su omicidi e stupri, osservazioni sugli indiani che “puzzano”. 

Ma Salar fa di peggio: dichiara di sospettare che l’assassinio del soldato Lee Rigby (foto) da parte di estremisti islamici sia stato fabbricato ad arte. Provano a resistere ma alla fine il braccio destro deve dimettersi dopo la pubblicazione di uno foto in cui imbraccia una fucilone e dichiara sono segretamente un killer, fatemi un fischio se volete che mi occupi di qualcuno, lo farò sembrare un incidente. Ecco servito il moderato e i suoi compagnucci, e sono certa di aver pescato dalle cronache solo una parte degli episodi che lo ritraggono per quel che veramente è. Forse un Trump presidente avrebbe più di una ragione seria per non farlo entrare negli Stati Uniti, altro che la polemicuccia che il neo sindaco ha subito armato contro il candidato repubblicano. Che poi la famosa frase incriminata, pronunciata subito dopo le stragi di San Bernardino e di Parigi, chiedeva “a total and complete shutdown of Muslims entering the United States until our country’s representatives can figure out what is going on”, un blocco all’ingresso dei musulmani negli Stati Uniti fino a quando le autorità non siano in grado di capire che cosa sta succedendo, quindi palesemente un bando temporaneo. Non farebbe male da nessuna parte del mondo, se sono veri i dati sulle infiltrazioni di terroristi ed estremisti, le denunce di possibili attentati, la sensazione diffusa e mal smentita dalle autorità europee che i controlli non siano effettuati che parzialmente all’arrivo dei profughi, il numero impressionante di non schedati che spariscono all’arrivo, Parigi, Bruxelles, le stragi, la guerra alle capitali in tempo di pace.

L’Europa non intende difendersi, anzi trasforma la sua resa in autocompiacimento, e il main stream, la corrente di pensiero dominante che si atteggia a liberale ma più illiberale non potrebbe essere, accusa di fascismo e razzismo chi si provi a denunciare il pericolo, disprezza come arretrato e ignorante chi reagisca con rabbia all’invasione. 

E’ doloroso osservare che ci cascano tutti, anche coloro che si sentono dei conservatori doc, basta vedere la rabbiosa e comune reazione di destra e di sinistra al successo della campagna di Donald Trump, uno che dice che il re è nudo, e si assume la brutalità della denuncia contro l’ipocrisia imperante. Tra i soliti pensosi opinionisti e politici circola l’evocazione degli anni ’30, del pericolo della deriva nazionalista, dei partiti estremisti, del fascino del Capo. Ora, a parte il ridicolo a cui si espone chi non capisce che da derive autoritarie gli Stati Uniti sono dalla nascita e per sempre vaccinati da un sistema formidabile, che vacilla ma non si piega nemmeno quando gli capita un presidente imbelle e pernicioso come Barak Obama, gli europei farebbero meglio a ricordare i patti di Monaco, la politica di appeasement, Chamberlain, insomma la stupida cieca illusione di poter restare in pace quando la guerra l’hai già in casa.

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