Fonte: Il navigatore curioso
Molti di noi, a buona
ragione, temono la morte. Noi crediamo nella morte perché così ci è
stato detto: “noi moriremo”! Ma una nuova teoria scientifica
suggerisce che la morte corporale non è l'evento terminale che
pensiamo. Scopriamo l'affascinante teoria del “Biocentrismo”.
Siccome identifichiamo la nostra persona con il corpo, e sappiamo che
gli organismi biologici sono destinati a morire, ci siamo
sempre più convinti che la morte del corpo sia anche la fine della
nostra coscienza. Il dott. Robert Lanza è attualmente direttore
scientifico presso l’Advanced Cell Technology ed è professore
aggiunto presso la Wake Forest University School of Medicine. Ha
pubblicato centinaia di articoli scientifici e numerose invenzioni e
ha scritto, fino ad ora, più di 30 libri, tra i quali Principles of
Tissue Engineering (Principi di ingegneria dei tessuti) e Essentials
of Stem Cell Biology (Fondamenti di biologia delle cellule
staminali), due pubblicazioni che sono riconosciute come riferimenti
definitivi in campo scientifico.
In un articolo scritto
per l’Huffington Post, il dott. Robert Lanza descrive
un’affascinante teoria scientifica che è stata definita
biocentrismo e che potrebbe offrirci una visione completamente nuova,
dal punto di vista scientifico, della morte e del destino della
coscienza umana dopo la morte. Come abbiamo già scritto in un
recente post, la fisica quantistica è alla base di questa rinnovata
attenzione che la scienza sta dedicando alla coscienza umana, tanto
da far definire “l’anima” come una delle strutture fondamentali
dell’Universo. La coscienza non è più solo un problema per i
biologi, i filosofi e i teologi, ma lo è diventata anche per la
fisica. Ad oggi, nella fisica moderna non esiste nessuna spiegazione
valida che giustifichi come un gruppo di molecole in un cervello
possa creare la coscienza. La bellezza di un tramonto, il sapore di
un pasto delizioso o l’innamoramento, sono tutti misteri ai quali
la scienza non è ancora in grado di dare una spiegazione
convincente.
Certo, la biologia e
la neurologia possono spiegare i meccanismi che regolano il
funzionamento del cervello rispetto agli stimoli ricevuti dai sensi,
ma non siamo ancora in grado di spiegare, dal punto di vista
scientifico, la soggettività dell’esperienza sensoriale.
Quel che è peggio, è
che nessuna disciplina scientifica è capace di spiegare in che modo
la coscienza possa emergere dalla materia. La nostra comprensione
dell’enigmatico fenomeno della coscienza è praticamente nulla. La teoria scientifica,
chiamata biocentrismo, cerca di raffinare queste considerazioni. Uno
degli aspetti più noti della fisica quantistica sta nel fatto che
certi fenomeni non possono essere previsti in maniera assoluta.
L’unica possibilità che abbiamo è quella di calcolare le
probabilità che un determinato evento si verifichi. Secondo
l’interpretazione offerta della Teoria del Multiverso, a ciascuno
di questi eventuali eventi corrisponde un universo differente. Esiste un numero
infinito di universi, e tutto ciò che potrebbe accadere, si verifica
in qualche universo. Tutti gli universi possibili esistono
simultaneamente, indipendentemente da ciò che accade in ciascuno di
essi. Quindi significa che le leggi che regolano gli infiniti
universi possono essere, appunto, infinite.
Chi o cosa pone le
regole che sono alla base di questi infiniti universi? Un noto
esperimento di fisica quantistica, dimostra che l’osservatore è in
grado di determinare il comportamento delle particelle.
Cosa significa ciò?
Qual è la relazione che c’è tra la percezione del mondo e il
mondo in sé? E’ possibile che il mondo che abbiamo sotto gli occhi
sia determinato, in larga parte, dalla nostra mente? Lo spazio e il
tempo sono dimensioni che esistono a prescindere dall’osservatore,
oppure il nostro cervello, in qualche modo, li determina?
Secondo il
biocentrismo, lo spazio e il tempo non sono quelle dimensioni
immutabili e rigide che abbiamo sempre pensato. Secondo le
considerazioni degli esperimenti di fisica quantistica, tutta la
nostra esperienza sensoriale non è altro che un vortice di
informazioni che si verificano nella nostra mente.
Lo spazio e il tempo
sono semplicemente “regole” create dal nostro cervello attraverso
le quali la nostra coscienza cerca di dare un “ordine” a quella
esperienza che chiamiamo “realtà”. Come già scriveva Ralph
Waldo Emerson nel 1844 in Experience:
“Abbiamo capito che
non vediamo la realtà direttamente, ma mediatamente e che non
abbiamo alcuna possibilità di modificare o correggere le lenti
colorate attraverso le quali vediamo il mondo, né di calcolare
l’entità dei loro errori. Forse queste lenti hanno un potere
creativo, forse non esiste nessun oggetto”.
Chiaramente, tutto ciò
trascende le nostre idee classiche di spazio e tempo.
Già, ma allora che
cosa è la coscienza?
Secondo Robert Lanza,
sebbene i singoli corpi siano destinati alla morte e alla
disintegrazione, la coscienza viva dell’individuo – il “chi
sono” – esiste come forma di energia (circa 20 watt) che opera
all’interno del cervello.
Siccome il Secondo
principio della Termodinamica (uno degli assiomi più sicuri
della scienza) afferma che l’energia non si può né creare, né
distruggere, ma solo trasformare, dobbiamo concludere che questa
“energia di coscienza” che opera nel cervello non scompare con la
morte del corpo. Se è vero che spazio
e tempo sono “filtri” posti dal cervello alla nostra coscienza,
dobbiamo concludere che in un territorio senza tempo e senza spazio
la morte non può esistere. L’immortalità non significa una vita
perpetua nel tempo, ma risiede piuttosto in una realtà totalmente al
di là dello spazio e del tempo.
Conclusioni
Per molti secoli, a
partire dal Rinascimento e con la rivoluzione scientifica, una
visione rigida del cosmo ha dominato il pensiero scientifico. Questo
modello ci ha portato innumerevoli intuizioni sulla natura
dell’universo e numerose applicazioni tecnologiche che hanno
trasformato ogni aspetto della nostra vita. Ma questo modello inizia
a manifestare tutti i suoi limiti nel riuscire a spiegare in maniera
esaustiva la complessità della realtà.
Il vecchio modello
cosmologico propone l’immagine di un universo come una immensa
collezione senza vita di particelle che rimbalzano l’una contro
l’altra, obbedendo a leggi fisiche predeterminate dalle origini
misteriose. L’avvento della fisica quantistica ha portato una
ferita nel modello dell’universo-orologio, che da una prospettiva
prevedibile dei fenomeni fisici si sta addentrando in una prospettiva
semi-prevedibile.
Tuttavia, con
l’attuale paradigma cosmologico, rimangono aperti ancora molti
problemi, alcuni ovvi, altri raramente citati, ma altrettanto
fondamentali. Ma il problema di fondo riguarda la vita che, sin dalla
sua comparsa, rimane ancora un processo scientificamente sconosciuto,
sebbene alcuni meccanismi di sviluppo possono essere compresi tramite
i meccanismi della Teoria di Darwin.
Il problema più
grande è che in una particolare forma di vita, quella umana, esiste
un fenomeno come quello della coscienza, la cui comprensione rimane
ancora, a dir poco, un mistero.
Se il 20° secolo è
stato dominato dalla fisica, il 21° secolo si configura come l’epoca
della convergenza tra diverse discipline, fino ad oggi ancora in
apparente conflitto tra loro, quali la fisica e la filosofia, la
biologia e la teologia. Tutto sembra convergere in una unificazione
dei saperi.
Forse è questo il
tentativo più qualificante di una teoria come quella del
biocentrismo, secondo la quale la vita precede l’esistenza
dell’Universo. E’ un concetto semplice ma sorprendente: la vita
determina l’universo, anziché il contrario.
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