Fonte: Scenari economici
Gli italiani sono
geneticamente, culturalmente e anche per senso religioso, per coloro i
quali sono credenti, propensi al cosiddetto “buonismo”, cioè ad
essere accondiscendenti verso situazioni in cui è necessario aiutare
chi ne ha più bisogno rispetto magari ad altre culture che
antepongono sempre i “fatti propri” a quelli degli altri. Siamo
tutti pienamente d’accordo che sia corretta la condotta italiana
nel cercare di dare una mano a chi ne ha bisogno, ma sorge spontanea
la più che ovvia considerazione: dove si colloca il limite
invalicabile al cosiddetto “buonismo”? Cioè, fino a che punto ci si può
permettere di essere buonisti ed accondiscendenti nel fornire aiuto,
ad esempio al flusso inarrestabile ed incontrollato di migranti?
Si è disponibili ad
accogliere ancora 100.000, 200.000, 500.000 migranti e perché allora
non 5, 10, 20 se non 50 milioni? Qual è il limite che i
(s)governanti italiani ritengono un limite di guardia oltre il quale
non poter andare per non compromettere irreversibilmente anche i
sacrosanti diritti degli stessi cittadini italiani? In poche parole,
quale considerano il limite ragionevole all’italico “buonismo”?
Oppure vogliamo tentare di mettere l’oceano in una bottiglia? Basta
guardare una cartina geografica per rendersi conto che non è ragionevolmente
possibile accogliere tutti. Nell’ascoltare le
dichiarazioni di molti esponenti politici italiani questo più che
legittimo ragionamento non se lo sono neanche posto per ipotesi, in
quanto nessuna programmazione, che tenga conto che a tutto c’è un
limite, è stata mai seriamente predisposta lasciando agli eventi
quotidiani l’improvvisazione del momento.
Non sappiamo con
certezza quante centinaia e centinaia di milioni di persone siano
pronte ad approdare in Europa dal Continente africano e dalle regioni
medio-orientali rischiando anche la vita, ma di una cosa siamo più
che certi: non possiamo materialmente accoglierli tutti neanche se
fossimo disponibili a rinunciare radicalmente ai nostri standard di
vita conquistati con le unghie e con i denti in migliaia di anni
grazie ai sacrifici delle nostre generazioni passate. Sappiamo dalle
organizzazioni internazionali che solamente il 3% dei flussi
migratori è giustificato dalla fuga da aree di guerra, mentre tutti
gli altri lo fanno per esigenze di miglioramento delle loro
condizioni ma che tuttavia rischiano di non trovare nel vecchio
Continente e di ridursi a dei veri e propri “schiavi” disposti ad
accettare lavori umili e mal retribuiti se non nel finire con il
sopravvivere nell’illegalità o di espedienti pur di sbarcare il
lunario. E tutto questo facendo felici, con le tasche piene di soldi,
le organizzazioni criminali di scafisti e le nostrane cooperative che
gestiscono le risorse destinate ai numerosissimi campi d’accoglienza.
Non desidero cadere
nelle retoriche e polemiche constatando che ultimamente lo Stato
italiano devolve più risorse pro-capite ai migranti che agli
italiani in difficoltà economica, ma è giunto obiettivamente il
momento di definire con razionalità, e senza l’emotività del
buonismo, quale siano i limiti a tutto questo. Continuando in questo
modo rischiamo in pochissimo tempo di peggiorare sia le condizioni
degli italiani, chiamati a sostenere sempre più costi aggiuntivi e
ad adeguarsi al ribasso al proprio stile di vita, che di non poter
garantire assistenza ai migranti per offrirgli ciò che si aspettano
da noi. Il concetto di
“buonismo” dovrebbe evolversi ed essere interpretato ormai in
modo diverso: perché non adoperarsi invece ad esempio per giungere
ad accordi internazionali che prevedano cancellazioni parziali di
debito dei paesi originari dei flussi di migranti in funzione di
specifici programmi di sviluppo in loco, tali da creare migliori
situazioni di vita e aiutare direttamente le popolazioni in
difficoltà per indurle a non scappare e a conservare le loro culture
e tradizioni invece di farle venire in altri paesi illudendoli che
troveranno la terra promessa?
Definire flussi
“chiusi” programmati che tengano conto delle effettive capacità
di accoglienza e di lavoro disponibili in modo da bloccare i barconi,
magari organizzando regolari prelievi con traghetti che non
permettano più quotidiane stragi di esseri umani nel Mediterraneo, né
il foraggiamento infinito alle attività criminali, il tutto nella
piena legalità della identificazione per consentire ai migranti di
essere in regola con i diritti e gli oneri (coperture sociali e
pagamento imposte). Questo significa ragionare nell’interesse di
tutti e non cadere nella facile ipocrisia del buonismo a tutti i costi. Se non ci sarà
prestissimo una classe politica dirigente a livello nazionale ed
europeo che ragionerà con questi criteri, assisteremo
all’annientamento sia dei nostri stili di vita che alla rivolta
violenta, questa volta a casa nostra, a causa di chi è venuto
sperando di trovare ciò che non aveva nella propria terra e per i cittadini italiani e europei esasperati.
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