Narendra Modi, presidente
dell’India, a Davos critica Trump per la sua politica protezionista. Modi tira l’acqua al suo mulino, per lo meno al
mulino delle multinazionali, ma Trump, mettendo dazi alle dogane
americane, fa la stessa cosa. Noi italiani, schiavi della
Giudeo-america, dovremmo tirare l’acqua al nostro mulino e salvare
dal fallimento i coltivatori di agrumi siciliani e quelli di riso di
Vercelli, ma non lo facciamo appunto perché siamo schiavi dei giudei
proprietari di multinazionali. Io non voglio
trovare in vendita alla COOP le cipolle della Nuova Zelanda, perché
far venire cipolle dagli antipodi, con tutto il gasolio che serve per
far navigare le navi attraverso mezzo mondo, è una delle cose più
stupide che si possano fare. E siccome la stupidità, quando
la nostra specie si
pone in
rapporto con gli ecosistemi, è quella che ci porterà dritto
dritto all’estinzione,
il mio istinto di sopravvivenza m’impone di combattere la stupidità
umana in tutte le sue forme, compresa quella che va sotto il nome di
globalizzazione. Modi, servo della Monsanto che gli uccide migliaia
di contadini, può dire quello che vuole, anche in un incontro in
mezzo alla neve in Svizzera, ma nessuno mi convincerà che far venire
in Italia le arance dal Sudafrica o il riso dalla Cina sia una cosa
intelligente.
Intelligente sarebbe che un’economia florida chiami
mano d’opera se ne ha bisogno, ma l’Italia non ne ha bisogno e in
questo periodo l’economia italiana è tutto meno che florida. Di
modo che, se una cipolla neozelandese vuole venire in Italia, può
farlo con un visto turistico. Va a vedere Roma, Firenze e Venezia e
poi se ne torna a casetta sua. Se non se ne vuole più andare perché
magari le
piace il nostro clima e il nostro cibo, ce la mandiamo a calci in
culo, ammesso che in una cipolla lo si riesca a trovare. Idem con
l’uvetta sultanina del Cile e i Mandingo del Senegal. In Italia non
c’è lavoro. E’ inutile che lo veniate a cercare qua. Cipolla
avvisata mezzo salvata.
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