venerdì 19 gennaio 2018

La lingua secca di Gentiloni


Fonte: Mag 24

Dietrofront. E avanti march. Lasciate di soppiatto i vostri amati comizi, cari deputati, e mettetevi silenziosamente sull’ attenti: dovete presentarvi di nuovo all’ adunata di Montecitorio. Domani mattina, ore 10.30, alzabandiera, e poi tutti in marcia verso il Niger. La missione militare non può attendere. Un-due-un-due. Avanti march con passo felpato. Il tutto deve avvenire senza rumore. Meglio se nessuno se ne accorge. Però muovetevi. Le Camere sono sciolte? Tornino a solidificarsi. Gli impegni elettorali incombono? Dimenticateli. Le liste elettorali vi preoccupano? Pazienza. La Francia ordina, noi ubbidiamo. In silenzio, ma ubbidiamo: 470 militari, 130 mezzi terrestri, 2 aerei, spesa  prevista 49,5 milioni di euro nel solo 2018. È tutto pronto, manca solo il vostro signorsì. O, forse sarebbe meglio dire, oui monsieur Emmanuel Macron. Sussurratelo in fretta. Vorrete mica dargli un dispiacere?


Ma no, non si può dare un dispiacere a quel bell’uomo, simbolo della nuova Europa, Inno alla gioia ed élite compiacenti. Del resto, pochi giorni fa ci siamo inchinati ai suoi piedi: a villa Madama il nostro premier Paolo Gentiloni sembrava lo studentello di fronte al professore, probabilmente gli fanno ancora male le ginocchia per il troppo tempo passato in adulazione. Macron gli ha fatto una carezza e lui si è sciolto, accettando di firmare al buio un accordo che con probabilità si rivelerà l’ ennesima sòla per l’ Italia.

Del resto Gentiloni non è quello che da ministro degli Esteri ha firmato un accordo che regalava alla Francia un pezzo d’Italia? E questo pezzo d’ Italia non erano proprio le acque più pescose della Sardegna e della Liguria? E da presidente del Consiglio non è stato forse lui ad accettare il blocco della nostra Fincantieri nell’ acquisizione dei cantieri navali francesi Stx? E non è stato lui poi a firmare quel miserevole compromesso finale con la Francia che si degna generosamente di prestarci ciò che abbiamo comprato, tenendoci di fatto per le palle? Come evitare dunque il sospetto che anche la missione in Niger sia un inchino in direzione Tour Eiffel?

Sinceramente non so se i nostri soldati andranno soltanto a difendere l’ uranio francese, come ha detto fin da subito l’ ex sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto e come ha ribadito ieri l’ onorevole Daniele Capezzone. Non so se si tratta, come aggiunge quest’ ultimo, di un ulteriore passo verso il «lento ma inesorabile assoggettamento italiano a Parigi». Di certo attorno alla missione restano tante ombre. La versione ufficiale dice che servirà per contrastare il «fenomeno dei traffici illegali e delle minacce della sicurezza», ma il capo di Stato Maggiore della Difesa, Claudio Graziano ha riferito che non sarà una «missione combat». E dunque?

Che significa? Come si fa a contrastare chi gestisce «traffici illegali» e «minacce della sicurezza» senza combattere? Cercheremo forse di convincerli? Faremo pacati ragionamenti in mezzo al deserto? Offriremo loro mazzi di fiori? Merende con i biscotti? Scusi, jihadista, se le offro un tè lei evita di spararmi in mezzo alla fronte? Scusi, trafficante di uomini, so che ci tiene al carico di schiavi, ma non è che potrebbe lasciarmelo? E se ce lo giocassimo a briscola? O preferisce il burraco?

Qualcuno dice che non andremo a combattere ma solo ad addestrare i contingenti locali. Anche qui, però, c’ è qualcosa che non torna. Per addestrare i contingenti locali si mandano piccole pattuglie di super professionisti. Noi stiamo mandando invece quasi 500 uomini con 130 mezzi terrestri e due aerei: un po’ troppa roba per una missione di addestramento. Ma se, al contrario, come molti sostengono, ci sarà assegnato il pattugliamento del confine tra Niger e Libia attorno all’ avamposto di Madama, allora quel contingente appare limitato.

Si tratta infatti di oltre 600 chilometri, molto pericolosi. E gli esperti si chiedono: perché allora non mandiamo gli elicotteri? E un paio di aerei cargo? E i radar controfuoco e gli ospedali da campo? Alla fine tutti gli analisti sollevano dubbi sulla natura di questa misteriosa missione, la cui unica ragione plausibile al momento sembra quella – dicono – di consentire ai francesi di ritirare un po’ di soldati. E di risparmiare qualche soldo. Del resto la Francia quando c’ è da difendere i suoi interessi lo sa fare bene, guerra in Libia docet. E noi come rispondiamo? Facendo loro un regalo dopo l’ altro. W monsieur Macron, W la France. Liberté, egalité e subalternité.

Lo ripeto: non so che cosa ci sia di vero in tutto ciò che è stato detto e scritto. Ma una cosa certa c’è: stiamo mandando i nostri ragazzi in una missione pericolosa i cui contorni sono tutt’ora molto confusi. Non vi pare che occorrerebbe almeno un po’ di chiarezza? Invece ecco quello che accade: un governo che dovrebbe restare in carica solo per gli affari ordinari non esita a prendere impegni internazionali gravosi e un Parlamento che è già sciolto viene chiamato in tutta fretta per avvallarli.

E tutto ciò avviene di nascosto, in silenzio, nella distrazione generale di una campagna elettorale incentrata su Spelacchio, senza dibattito, senza discussioni, senza nessuno che non dico scenda in piazza e sventoli una bandiera della pace, per carità, forse sarebbe troppo, ma che almeno osi alzare un sopracciglio per chiedere: a’ Gentilo’, ma in Niger, alla fine, che c’ andiamo a fare? Ce lo puoi dire? O la tua lingua ti si è seccata a forza di leccare le terga di Macron?

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