Testo di Giuseppe Maniaci
Ci siamo fatti grasse risate per il negro con il membro di fuori che passeggiava nudo con 40 gradi a Partinico. Abbiamo riso tutti. Eppure “Destino” (questa la traduzione letterale del suo nome) è arrivato in pronto soccorso stremato, in condizioni disumane, in rabdomiolisi per sfruttamento lavorativo, disidratato, con un trauma cranico e un’ematoma cerebrale.
Non ridiamo più?
Non scrivo più da tempo su Facebook perché credo che non serva più. Viviamo un’epoca di propaganda continua in cui ci lobotomizzano il cervello che se manca il lavoro la colpa è di questi disperati, che come i nostri bisnonni cercano solamente speranza e fortuna in un paese migliore. Ma chi di noi lavorerebbe in queste condizioni per un’ora?!
“Destino” l’ha fatto per chissà per quanti giorni! E quando non ce l’ha fatta più, per noi è diventato una bestia da circo. A questi disperati bisogna chiudere tutto, chiudere i porti, sprangare i cuori, eliminare ogni speranza. E quando capita di conversare e manifestare le tue perplessità su questi rigurgiti xenofobi vieni subito bollato come “Komunista”. Io mi chiedo solo se la nostra si possa ancora definire una civiltà cristiana. E quando ho visto “Destino” negli occhi in pronto soccorso e ho scoperto la sua storia mi è tornata in mente “Se questo è un uomo” di Primo Levi e la voglia di scrivere.
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