Fonte:
Il Secolo XIX
Genova
- C’è un limite alla pena che si può infliggere anche agli
animali in nome della religione? A leggere una sentenza della Corte
d’Appello di Genova parrebbe di no, prevale sempre la fede. Perciò
sono stati assolti due rom che avevano massacrato un capretto,
macellandolo con rito islamico senza autorizzazioni. La procedura
sarebbe consentita dalla legge rispettando certi paletti; ma le
sevizie inferte erano state così brutali che in primo grado li
avevano condannati, finché altri magistrati non hanno ritenuto
«prevalente» la spiritualità degli umani sul dolore delle bestie.
Non solo: i medesimi giudici, nel
decretare l’assoluzione, hanno ribadito che la legge non tutela
l’animale in sé, ma semmai il sentimento di pietà degli uomini
nei suoi confronti. E quindi se quest’ultimo non viene intaccato,
si ha in buona sostanza carta bianca. Il
capretto era stato sgozzato in mezzo alla strada, appeso a testa in
giù e lasciato morire dissanguato. E aldilà della pena scattata
dopo il primo processo, una sanzione da quattro e seimila euro per
due nomadi accampati con le proprie famiglie in Valbisagno, eloquente
era stato il reato che i giudici avevano deciso di contestare a F. C.
e M.C., ovvero il «maltrattamento» che ha come dirimente quella di
«sottoporlo a sevizie per crudeltà e senza necessità». A distanza
d’un paio d’anni il verdetto è stato ribaltato e da poco la
sentenza è passata in giudicato: magari non avrà lo stesso peso
d’una Cassazione, ma rappresenta a suo modo un precedente.
«L’ipotesi
di crudeltà verso gli animali - scrive quindi il giudice Mauro
Amisano - presuppone concettualmente l’assenza di qualsiasi
giustificabile motivo, poiché la crudeltà è di per sé
caratterizzata dalla mancanza di un motivo adeguato e da una spinta
abietta e futile». Però: «Una pratica come il sacrificio rituale
musulmano, che è di per sé crudele se parametrata alla sofferenza
inflitta, non può essere considerata illecita poiché esplicitamente
ammessa per il rispetto dell’altrui libertà religiosa, e quindi
non lesiva del comune sentimento di pietà». Soprattutto: «Il
limite allo svolgimento di queste pratiche è quello della necessità,
nel senso che la macellazione senza stordimento preventivo della
vittima è consentita solo ed esclusivamente nel contesto d’un rito
religioso, com’è avvenuto nella fattispecie». Il problema è che
c’è modo e modo di farlo.
E
le guardie zoofile che sulle prime avevano denunciato i due rom,
insistevano proprio sull’eccesso di sevizie, avendo assistito a
loro dire a una scena raccapricciante. Non solo: è notizia degli
ultimi mesi un esposto in grande stile presentato dalla Lav (Lega
antivivisezione) alla Procura di Varese su situazioni analoghe
registrate in macellerie caserecce messe su a Busto Arsizio, mentre
la Regione Liguria ha approvato un mese fa la mozione d’una
consigliera leghista che vorrebbe obbligare all’anestesia degli
animali prima del rito islamico. Come dire che se ne parla parecchio,
e ora un altro tassello pesante lo mettono le toghe genovesi: «Non
vi è prova che l’animale sia stato sottoposto a sofferenze
aggiuntive (...) in realtà, trattandosi di un sacrificio religioso
si può presupporre che fosse volontà degli imputati non discostarsi
dalla consueta prassi operativa».
QUESTI GIUDICI DOVREBBERO IMPARARE DALLA LEGISLAZIONE NAZISTA A PROTEZIONE DEGLI ANIMALI. IN QUESTO CASO HEIL HITLER
RispondiEliminaNe consegue che il fenomeno sociale definito spesso "rigurgito nazista", in realtà è positivo.
EliminaStiamo diventando tutti gnostici: Lucifero è il portatore di luce e Giuda era una brava persona.
Non lo dico in senso ironico, ma cercando di interpretare il pensiero gnostico che ribaltava i ruoli definiti dalla dottrina cattolica.
Idem con Hitler, chiamato spesso "Il male assoluto".
Se ne deve concludere che la "religione" consente di violare qualsiasi Legge. Molto bene a sapersi.
RispondiEliminaNon qualsiasi legge, ma solo quelle che hanno per vittime gli animali.
EliminaLa legge dice che chiunque cagioni lesioni o uccida un animale senza necessità è punibile (cito a memoria).
RispondiEliminaDunque, dal momento che non sussiste la benchè minima necessità di mangiare carne (ma questo lo sappiamo solo noi che non ne consumiamo, i legislatori probabilmente si affidano a "luminari" quali Calabrese per legiferare su questi argomenti), significa che uccidere animali per mangiarli non rappresenta una necessità ma uno sfizio di gola. E quindi, non essendoci necessità alcuna, uccidere animali per mangiarli quando invece si potrebbe benissimo evitare rappresenterebbe un reato punibile. Ma mi pare che a tal riguardo esistano delle eccezioni alla regola proprio sul tema alimentazione, che di fatto non rendono perseguibile chi uccide animali per mangiarli (nonostante la non necessità del fatto). E non c'è da stupirsi, per niente, visti i miliardi di euro che girano attorno alla zootecnia. Figuriamoci se la legge avrebbe potuto essere obiettiva sull'argomento e non al servigio del business.
Niente di nuovo sotto il sole.
Allo stesso modo in cui a ebrei e musulmani per motivi religiosi è stato permesso nel 1980 di uccidere gli animali senza stordimento, come la legge italiana invece imporrebbe.
EliminaSempre messi a 90 gradi, noi ma sprattutto gli animali.