Da quando vado in Madagascar, mi fermo
spesso a riflettere sul destino delle persone che incontro. Devo
riconoscere che i loro destini sono diversi a seconda del luogo nel
quale sono nate. Questo vale anche per gli animali: nascere cani in
Madagascar non è la stessa cosa che nascere cani in Europa. Mi è
capitato infatti di aver a che fare con malgasci affetti da
cataratta, ciechi da un occhio o da entrambi. Non avendo soldi si
tengono la loro cecità, mentre in un qualsiasi ospedale italiano la
cataratta sarebbe rimossa con il bisturi laser. Se un bambino nasce
con il piede valgo in Madagascar, al massimo potrà chiedere
l'elemosina per tutta la vita o, se è fortunato, diventare ombiasy
(stregone) e acquisire una certa rispettabilità, mentre se nasce in
Italia con la stessa malformazione, genitori e pediatri lo portano al
Rizzoli di Bologna, eccellenza nel mondo in fatto di chirurgia
ortopedica. E il piedino gli viene rimesso a posto.
Ci sono anche malgasci discendenti
degli schiavi, che fanno vita di strada e che quando i loro piccoli
hanno qualche malanno, lo “valorizzano” mettendolo bene in
evidenza, così che i turisti di passaggio s'impietosiscano e
sgancino emotivamente l'obolo previsto. E' capitato anche a me di
rivolgermi a una mamma di strada, con il neonato in braccio tutto
ricoperto da una vasta piaga ulcerosa, di dirle: “Questo bambino
deve essere portato in ospedale!”. Ma se solo avessi manifestato la
seria intenzione di accompagnare mamma e figlio in qualche struttura
ospedaliera, la donna si sarebbe data alla fuga, perché sarebbe
venuta meno l'esca di cui si serve per campare. In genere rispondono:
“Dammi dei soldi ché all'ospedale lo porto io!”. E ci sono anche
turisti ingenui che ci cascano. Questo perverso meccanismo è
conosciuto dagli antropologi ed è stato evidenziato anche nel film
“I mostri”.
C'è poi il caso di persone che perdono
l'uso delle gambe o vengono menomate in altra maniera, che, grazie
all'enorme forza di volontà, riescono ad eccellere in campo
atletico, cioè dove nessuno avrebbe previsto che potessero
eccellere. Lo abbiamo visto di recente con le paraolimpiadi. In
Madagascar, una cosa del genere sarebbe impensabile. Visto il livello
medio di benessere, improntato più alla sopravvivenza che a una vita
dignitosa, della maggior parte della popolazione, dedicarsi a uno
sport, ancor più con disabilità fisiche, è pura fantascienza.
Rimane l'amaro in bocca, a noi occidentali allevati a forza di
diritti, doveri e senso civico, quando si constata che l'enorme
flusso di denaro che giunge sull'isola per scopi umanitari, elargito
da privati e stati nazionali, viene intercettato dai soliti funzionari governativi corrotti, traditori del loro stesso popolo,
che si fanno le ville e girano con lussuosi fuoristrada. A un certo
punto, è anche facile riconoscerli, a bordo delle loro grosse
vetture, ma non scandalizzano nessuno perché i malgasci sono
fatalisti e li considerano delle jatture come la siccità, la pioggia
e i cicloni.
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