Sono molto socievole e non ho
difficoltà a considerare come amica una persona che incontro per la
prima volta e che mi racconta la sua vita. Indi per cui, quando D.M.
mi chiese di non scrivere alcun articolo su di lui, dopo che mi aveva
raccontato le sue avventure, gli giurai, da amico ad amico, che non
avrei mai raccontato dell'assalto subito da parte dei “malaso”,
mentre lavorava nel suo ristorante di Anakao. Mio malgrado dovetti
giurargli che non avrei mai scritto che i tre banditi giunsero via
mare a bordo di una piroga e che riempirono di botte sia lui che il
suo socio, ma soprattutto lui, perché gli intimavano di mostrar loro
la seconda cassaforte. D.M. non aveva due casseforti, ma solo una,
che fu svuotata del contenuto, nel panico generale, con gli avventori
del ristorante terrorizzati, infliggendo al proprietario e al suo
socio, entrambi lombardi, un'ingente perdita pecuniaria. Dovetti
promettergli, quando me lo raccontò, che non lo avrei mai scritto
nel blog perché ciò sarebbe stata una cattiva pubblicità e i
clienti avrebbero disertato il suo albergo ristorante, come se fosse
colpa sua che in Madagascar la criminalità sia in aumento,
probabilmente a causa della crisi economica mondiale. Oppure, anche
semplicemente perché i vazaha sono degli obiettivi privilegiati per
chi ha fatto dei reati predatori il suo stile di vita.
Gliel'ho promesso e fino ad oggi ho
mantenuto tale promessa. In un certo senso, la sto mantenendo tuttora
giacché non ho citato il nome del suo albergo ristorante, benché
sull'isola di Anakao di alberghi gestiti da italiani non ce ne siano molti. Al di là della cattiva pubblicità, dovuta alla sfortuna di
essere stati presi di mira dai delinquenti, trovo importante far
sapere che questo genere di rapine accadono in Madagascar, fanno
parte del “pacchetto vacanze” e vanno messe in preventivo. Gli
ultimi due bianchi uccisi in Madagascar per rapina sono stati un ragazzo e una ragazza francesi, sull'isola di Santa Maria. Cosa
vogliamo fare? Evitare di viaggiare in giro per il mondo per la paura
della criminalità? Tanto vale non uscire neanche di casa, a questo
punto.
Se D.M. mi ha proibito di parlare di
lui e del fatto che prima di aprire il ristorante era vissuto ospite
di un capo villaggio Antandroy, imparando alla perfezione il dialetto
locale e che alla fine, come segno di amicizia, il capo gli aveva
regalato un appezzamento di terreno, il compagno di D.M. - che
vediamo in foto - non mi ha chiesto nulla. Non ho l'obbligo del
silenzio con Papillon, nome d'arte del fidanzato di D.M. Il fatto è
che di Papillon non so granché. So solo che è un musicista, anzi il
cantante di una band. E del resto, anche D.M. prima di trasferirsi in
Madagascar, aveva il suo complesso musicale. Dunque, i simili si
attraggono, sia sul piano sessuale, che su quello artistico. Il che
ci porta alla conclusione che essere gay in Madagascar non è poi una
disgrazia come nella Nigeria musulmana. In Madagascar i gay sono
tutt'al più presi in giro, ma nessuno farebbe loro del male. Se poi
suonano le musichette di cui la gente va pazza, finiscono per
diventare idoli delle ragazzine.
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