Testo di Manlio Di Stefano
Siamo in guerra e non ce lo dicono.
Ieri abbiamo assistito ad una pantomima oscena da parte dei ministri
di esteri e difesa. Dopo le numerose esclusive della stampa
internazionale, che ci vedono alla guida del futuro contingente
militare, Gentiloni e Pinotti sono venuti in commissione a
raccontarci la storiella che manderemo 300 uomini misti tra medici e
militari, con una nave a supporto, per una missione umanitaria.
Peccato che si siano dimenticati di dirci che i medici non
cureranno certo i civili, eh no, cureranno i soldati feriti durante
il conflitto di terra. Non solo, ovviamente i nostri militari avranno
mandato di ingaggiare battaglia in caso di attacco (e ci mancherebbe
altro).
Tradotto: siamo ufficialmente in guerra e ci dicono che
andiamo a curare le povere vittime.
La Libia, dopo il disastro del
2011 con l'uccisione di Gheddafi per mano francese, è il frutto
delle nostre colpe.
Un paese diviso da una guerra civile che non
avrà mai pace finché non si arriverà ad una vera stabilità
politica.
Ora voi mi direte, anche la coalizione internazionale
vuole stabilizzare la Libia, balle!
Il progetto concordato
prevedeva, come prerequisito a qualsiasi azione militare, la
legittimazione del Presidente Serraj da parte di tutte le fazioni
libiche, inclusa quella del Generale Haftar. In sostanza, il
raggiungimento del cosiddetto Governo di Unità Nazionale.
Era
stato raggiunto? Manco per niente. Addirittura, dopo 2 anni di
"semplice" gelo politico, si è recentemente arrivati, per
la prima volta, allo scontro armato tra le truppe dei due leader
libici alle porte dei pozzi nella "Mezzaluna Petrolifera".
In sostanza invece che far passi avanti li abbiamo fatti indietro, ma
il Governo, nonostante ciò, manda i nostri uomini al massacro.
La
verità è che USA, Francia, Italia e Inghilterra non vedono l'ora di
ri-spartirsi la Libia (l'avevano già fatto tra il XIX e il XX
secolo) e i suoi pozzi di petrolio.
Non importa chi governerà la
futura Libia, importa solo che sia un rappresentante degli interessi
occidentali e non del popolo libico.
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