Testo di France Patrizia
Le origini della
tradizione di mangiare l’agnello a Pasqua vengono fatte risalire
alla religione ebraica e precisamente alla Pesach, cioè alla Pasqua
ebraica che celebra la liberazione del popolo d’Israele dalla
schiavitù in Egitto, che raggiungerà la sua terra passando dal
Sinai guidato da Mosè, a sua volta protetto dalla mano di
Dio. “Pesach” deriva dal verbo pasoah e significa appunto
“passare oltre, passaggio”. La tradizione ebraica lega
l’immolazione dell’agnello alla Pesach e secondo il Vangelo
canonico di Giovanni il giorno della morte di Gesù sulla Croce
coincise con quello in cui veniva ritualmente sacrificato l’agnello
(anche se le date della Pasqua ebraica e di quella cristiana non
coincidono).
In Esodo 12 dell’Antico Testamento, il terribile
Dio ordina agli Ebrei di uccidere e mangiare un agnello e di porre il
suo sangue sull’uscio di casa; in tal modo, quando Lui sarebbe
passato per uccidere tutti i bambini primogeniti d’Egitto (strage
degli innocenti), avrebbe potuto riconoscere in quali case vi erano
degli Ebrei da risparmiare. Nell’anno del Signore 2018 non c'è
più bisogno di macchiare di sangue il proprio uscio, anzi dovremmo
provare misericordia e rispettare questi teneri cuccioli strappati
alle proprie madri che continuano a belare disperate sino a 15
giorni dopo la separazione dai loro figli. Ecco dunque da
dove nasce la macabra tradizione di mangiare l’agnello a Pasqua. Lo
si fa in ricordo di un Dio sanguinario, tanto simile all’uomo.
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