Testo di Maurizio Murelli
Comunismo", "Fascismo", "Nazionalsocialismo", "Socialismo reale". Quale futuro? Nazionalsocialismo e Fascismo sono stati sconfitti militarmente e in eredità hanno lasciato uomini arroccati in un bacino valoriale "eroico", integro nella sua essenza. Piacciano o meno quei valori, chi oggi li incarna ha un radicamento che qua e là determina germinazione. Quand'anche, dato lo scenario attuale, approdano su piani politici nefasti, hanno una chiara definizione e identità non compromessa dal post-moderno e il post-contemporaneo, soprattutto valori non alienati dalla sconfitta militare. In altre parole sono logici e consequenziali rispetto all'originario complesso valoriale. Che abbiano futuro oppure no, questa è altra questione (ovviamente non sto parlando delle caricature).
Per contro i vari "socialismi reali" richiamatisi al comunismo (a torto o ragione, nel senso che lo abbiano giustamente incarnato e ben interpretato oppure no) implodendo piuttosto che essere sconfitti militarmente, hanno innescato un processo di decomposizione valoriale. I suoi militanti (credenti) si sono trasfigurati rinnegando i valori fondanti. Progressivamente si sono fatti liberal diventando concime per il potere mondialista, cioè non del capitalismo arcaico, ma del moderno turbocapitalismo e dell'usura. Il processo di decomposizione è irreversibile. Niente di quanto proponevano può essere da loro recuperato. Non poteva essere diversamente visto che all'origine c'è la negazione dell'essenza di ciò che realmente è umano anche solo a livello di istinto animale (quindi a prescindere da ciò che nell'uomo va oltre la dimensione animale).
Si prenda ad esempio la questione migrazione. Nell'essenza, l'attuale uomo di sinistra rivendica il diritto di ogni individuo di andare dove vuole sfondando i confini della propria e altrui nazione. Con ciò va in contrapposizione con chi afferma il diritto di difendere il confine di una comunità organica e omogenea. Il territorio di ogni comunità organica e omogenea presso l'Uomo si chiama civiltà, nel regno animale spazio vitale di sopravvivenza, territorio di pertinenza per il proprio branco, per la propria specie. Con ciò l'uomo di sinistra non si contrappone solo ad un'Idea o anche solo ad un'ideologia - ad un fatto culturale umano - ma anche al suo istinto naturale di animale. E dunque non possono essere sconfitti anche in assenza di Civiltà dell'Uomo per l'Uomo, quando dell'Uomo resta in larga misura (come oggi) solo la bassa dimensione animale.
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