La
notizia in oggetto è apparsa 25 anni fa! La pubblico ora perché non credo che
la mentalità dei discendenti dei criminali inglesi del diciottesimo secolo sia
cambiata. Lo stesso atteggiamento di rapina che avevano nella madre patria, se
lo sono portati dietro anche in Australia. Lo hanno applicato sugli aborigeni e
naturalmente sugli animali. Alcune specie di canguri, infatti, sono scomparse.
Riporto, a tal proposito, solo una delle tante testimonianze dei naturalisti
che si sono occupati del caso. Si tratta di Herbert Wendt che, nel 1961, in
“Noi e gli animali”, scriveva:
“I
marsupiali sono da tempo condannati a morte. I coloni bianchi in Australia –
questa la tragedia – non ebbero particolari riguardi per la natura, nella loro
nuova patria, e sparavano a tutto quello che capitasse a tiro. Anzi, abbattere
esemplari zoologici era una specie di sport nazionale. E nessuno pensava alle
conseguenze. Quel che non era di utilità palese e immediata – compresi i
marsupiali – fu sterminato per far posto a immensi branchi di pecore, a
fattorie, a città, aprendo la strada alla speculazione”.
Detto
questo, ritorniamo all’articolo pubblicato 25 anni fa, ovvero nel dicembre del
1988, sull’inserto “Sette” del Corriere della Sera (pag. 24). A parte la prima
foto in bianco e nero, tutte le altre sono di David Hancock. L’autore del testo
non è menzionato, ma lo trascrivo ugualmente per farvi notare una certa
mistificazione:
“Il
rumore assordante del motore di un elicottero copre il colpo secco del fucile. Il
bufalo stramazza, ormai è soltanto un immenso corpo senza vita. Per i bufali
selvaggi condannati dalla tubercolosi, che vivono nel Territorio del Nord in
Australia, la morte arriva ogni giorno dal cielo. Una spietata esecuzione resa
necessaria dall’epidemia scoppiata nel 1985. In tre anni sono stati eliminati
in questo modo centomila bufali. E si calcola che nel 1992 non rimarranno che
pochi esemplari, dei 300 mila che popolavano la regione prima della malattia.
Squadre
di uomini a bordo di pesanti jeep e di elicotteri sospingono i bufali verso i
recinti dove gli animali saranno vaccinati. Ma è un provvedimento che non
lascia speranze alla sopravvivenza della specie. La fine del bufalo che vive
allo stato brado è anche la fine di un’epoca, quella dei leggendari cacciatori
che vivevano della carne e del cuoio delle prede.
Ora
la tubercolosi ha creato due nuove figure professionali: i ranger, ingaggiati
per uccidere gli animali malati, e i macellai. La carne infetta del bufalo è
stata infatti giudicata idonea per la produzione di cibi per cani. Ci sono
molti uomini che hanno avuto l’autorizzazione a spolpare le bestie uccise: solo
per loro la strage si è trasformata in un grande affare”.
In definitiva, l’articolista si preoccupa più della fine di un’epoca, in cui i cacciatori vivevano delle loro prede e arriva a definire gli assassini dilettanti come “leggendari”. Degli assassini professionisti non dice niente perché sono stati autorizzati dal governo. Il quale, non dimentichiamolo, era composto dai discendenti di quei criminali di cui la Gran Bretagna voleva disfarsi.
Il
punto centrale della questione viene tranquillamente sorvolato dall’anonimo
giornalista di “Sette”. E cioè che si è presa a pretesto una presunta epidemia
di tubercolosi per portare guadagni alle industrie di lavorazione della carne
per cani. Non mi stupirei se a capo, o azionista, di tali industrie ci sia
stato qualche ministro o uomo politico che abbia autorizzato la strage di
bufali. Da noi funziona così e non vedo perché i meccanismi mentali degli
australiani debbano essere diversi.
In
anni posteriori avrebbero fatto la stessa cosa con i canguri, non per la carne,
bensì per la pelle, avviata alle industrie calzaturiere.
Se
non avessero avuto una mentalità specista, squadre di veterinari in stile Woobinda
avrebbero curato gli esemplari infetti, come si fa con gli esseri umani malati,
ma purtroppo quella mentalità è talmente radicata che non la si può sconfiggere
facilmente. Immagino che però in tempi recenti anche in Australia sia sorto un
movimento d’opinione in difesa degli animali, come del resto ci si aspetterebbe
da persone provenienti dalla Gran Bretagna, in cui vennero fondate le prime
associazioni zoofile.
Infine,
la strage attuata dietro il pretesto della tubercolosi, mi ricorda la politica
estera degli USA, che si buttano giù tre grattacieli a New York pur di invadere
Afghanistan e Iraq. E’ il principio del “casus belli”. Guerra contro gli
uomini. Guerra contro la natura. Con la differenza che a lamentarci per la
strage di animali, in questo caso bufali, siamo in pochi. E anche quei pochi
vengono criticati dai benpensanti.
Che
alcuni esemplari siano stati vaccinati è il paravento dietro cui nascondere la
malvagità del tutto. E’ la foglia di fico per nascondere le vergogne e la si
può paragonare agli aiuti dati insieme alle bombe, rappresentati dal soldato
che dà la caramelle ai bambini, in mezzo alle macerie delle loro case.
Dopo
25 anni, anche se non ci stupiamo neanche più, un disgusto perenne ci tormenta,
perché sappiamo che non è cambiato niente. O quasi. Gli australiani vanno ad
aggiungersi alla black list dei
popoli facenti parte della feccia dell’umanità. Salvo pochissime eccezioni.
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