Fonte:
Salon Voltaire
"La
Storia ha insegnato quanto ci abbia giovato quella favola su Cristo"
(Historia docuit quantum nos iuvasse illa de Christo fabula), avrebbe scritto
papa Leone X in una lettera a Luigi, fratello del Cardinale Bembo. Una frase
drammaticamente cinica, ma fondata, a quanto pare. Che cosa c’è dietro
quest’incredibile ammissione, forse data per scontata da secoli tra gli
altissimi “addetti ai lavori” della Chiesa, dell’assoluta mancanza di prove
storiche della reale esistenza in vita di Gesù? Ebbene,
un cristologo davvero fuori del comune si è messo in testa di capire e di
analizzare le Sacre Scritture solo in base alla logica, alla ragione,
all'intelligenza. Ha studiato per decenni sulla scorta di tutti i documenti
possibili e di una stringente razionalità quanto fosse vera quella cinica frase
papale. Ed ha scoperto un vaso di Pandora: manomissioni di testi, sostituzioni
di personaggi storici, pure e semplici invenzioni, e ogni altro genere di
imbrogli che stanno dietro alla “creazione” del personaggio storico Gesù o
Joshua, ebreo di Nazareth.
Quest’uomo
è Luigi Cascioli, nato a Bagnoregio (Viterbo) nel 1934, bella figura di uomo
onesto, idealista, laico, libero pensatore e anticlericale, scomparso a
Roccalvecce all’età di 76 anni. Il suo libro “La favola di Cristo”, bel dono
che ci lascia in eredità, è l’unico che dimostra effettivamente, con centinaia
di documenti, compresi i manoscritti di Kimberth Qumran (1947) e le cronache di
storici come Giuseppe Flavio, Filone Alessandrino, Plinio il Vecchio e altri,
che tale personaggio semplicemente non è mai esistito. Fu inventato a
posteriori dai Padri di una Chiesa ormai dominante che non aveva più motivo per
essere insieme rivoluzionaria e spiritualista, ma aveva bisogno di un mito più
“terreno”, di un personaggio in carne ed ossa da dare in pasto ai fedeli, e
anche d’un eroe “buonista” e non-violento.
Nell’affascinante
e stringente ricostruzione di Luigi Cascioli si scopre così che la figura del
Gesù "inventato" a posteriori, molti decenni dopo la data stabilita
per la sua nascita (poi, guarda caso, fatta coincidere per assicurarsi il
successo popolare con le festività dei Saturnalia e del Sole Invitto alla fine
di dicembre, come il dio Mitra e tanti altri) coincide in modo impressionante
con quella di un certo Giovanni di Gamala (villaggio della regione del Golan),
figlio di Giuda il Galileo e nipote del rabbino Ezechia, a sua volta
discendente della stirpe degli Asmonei fondata da Simone, figlio di Mattia il
Maccabeo.
Quello
che scandalizza fin dall’inizio è che si tratta non di un nazareno, cioè d’un
abitante di Nazareth, come vorrebbe la Chiesa, ma di un “nazareo”, nel
significato proprio del termine: un rivoluzionario, uno zelota. Dunque, un
violento. I discepoli cercarono in seguito di far derivare l’appellativo da
Nazareth – è l'accusa – per confondere le acque. Ma dai Vangeli si vede che
Nazareth è in cima a un monte e vicina al Lago di Tiberiade, mentre la vera
Nazareth è in collina e dista quaranta chilometri dal lago. Possibile che tanti
Padri della Chiesa, tanti intellettuali cristiani, non se ne siano accorti? La
città di Gamala, invece, corrisponde perfettamente alla descrizione evangelica,
stranamente sfuggita alla censura lessicale e alla omologazione dei Vangeli
ufficiali.
Dunque
questo Giovanni di Gamala, alias Gesù – secondo la stringente ricostruzione di
Cascioli – era un fanatico rivoluzionario capo-banda degli Zeloti, vicini agli
Esseni (quelli dei rotoli di Qumram), setta di banditi rivoluzionari ebrei
armati (oggi li definiremmo terroristi) che si opponevano all’occupazione dei
Romani con ogni mezzo, uccidevano senza pietà anche donne e bambini. I
cosiddetti discepoli erano in realtà i capi banda di tale movimento
politico-militare. Lo scopo era evidentemente quello di cacciare i Romani e di
instaurare un Regno di Israele con a capo un re del partito zelota, cioè il
Giovanni di Gamala-Gesù. Non per caso ironicamente definito dai soldati romani
nella famosa targhetta sulla croce (INRI) “Rex Judeorum”. In realtà, più correttamente,
era un pretendente, un candidato al Regno.
Nonostante
le censure di un passato così imbarazzante, altre tracce eloquenti sono restate
per errore nei Vangeli. Come l’episodio dei “discepoli” armati di spade
all’Orto dei Getsemani, così non-violenti che uno di loro taglia di netto un
orecchio ad un soldato. Naturalmente, erano duramente osteggiati anche dagli
Ebrei. Praticavano il battesimo (Giovanni Battista), la comunione dei beni e
vivevano secondo riti monastici sotto la guida dei Nazir o Nazirei o Nazareni.
Siamo nel periodo delle Guerre Giudaiche.
D’altra
parte, tutto torna storicamente: il padre di Giovanni da Gamala-Gesù era Giuda
il Galileo, personaggio realmente esistito citato dallo storico ebreo Giuseppe
Flavio (che invece non cita Gesù), fondatore del movimento ribellistico zelota,
ucciso durante una rivolta antiromana. E Giovanni-Gesù aveva, guarda caso, tre
fratelli chiamati Giacomo, Simone e Kefas (ossia Pietro), come i principali
apostoli. Giovanni di Gamala costituì con essi una banda armata in rivolta
contro l'occupazione romana. Gli apostoli sarebbero stati in realtà dei
guerriglieri, accoliti del movimento zelota e chiamati banda dei Boanerghes.
Come se non bastasse, Giuda Iscariota deriverebbe il suo appellativo da
sicario, mentre Simone zelota denuncerebbe l'appartenenza alla setta zelota. I
soldati Romani davano loro la caccia, ma quelli affrontavano con gioia il
patibolo o la croce nella certezza di avere come ricompensa dopo la morte una
vita eterna di beatitudine, un po' come oggi i terroristi dell’Islam. Finché
quel Giovanni-Gesù fu catturato nell'orto del Getsemani e crocifisso.
Lo storico ebreo Giuseppe Flavio ci ha dato nella “Guerra giudaica” una preziosa informazione sull’esistenza di un rivoluzionario carismatico la cui figura si attaglia perfettamente a quella di Gesù. E due vicende simili in così poco spazio di tempo sarebbero impossibili. Dunque, per Giuseppe Flavio si trattava d’un « falso profeta egiziano. Arrivò infatti nel paese un ciarlatano che, guadagnatasi la fama di profeta, raccolse una turba di circa trentamila individui che s’erano lasciati abbindolare da lui, li guidò dal deserto al monte detto degli ulivi e di lì si preparava a piombare in forze su Gerusalemme, a battere la guarnigione romana e a farsi signore del popolo con l’aiuto dei suoi seguaci in armi. Felice prevenne il suo attacco affrontandolo con i soldati romani, e tutto il popolo collaborò alla difesa sì che, avvenuto lo scontro, l’egizio riuscì a scampare con alcuni pochi, la maggior parte dei suoi seguaci furono catturati o uccisi mentre tutti gli altri si dispersero rintanandosi ognuno nel suo paese. » (II, 13, 5)
Molte
rivolte e azioni violente i primi Cristiani le organizzarono anche a Roma, dove
a detta degli storici romani erano considerati come terroristi e banditi
rivoluzionari. Però, come capita a tutti i rivoluzionari, decenni dopo, una
volta al potere, furono gli stessi capi della Chiesa che cancellarono ogni
riferimento alle imbarazzanti origini rivoluzionarie e violente del loro
movimento.
"Dopo
le prove fornite dalla “Favola di Cristo” sulla non esistenza di Gesù, come si
può ancora credere che i racconti riportati sui Vangeli, pieni di
contraddizioni e grossolanità, siano la biografia di un personaggio storico?
Seguendo una fede cieca molti cristiani preferiscono mettere l'accento sul
“simbolismo” contenuto nei testi. Quindi, in teoria è possibilissimo –
deduciamo noi – che siano esistiti addirittura papi e cardinali che sapevano
della non esistenza storica di Gesù, ma hanno taciuto o per paura dello
scandalo indicibile (e del rischio di essere deposti come pazzi), o
rifugiandosi nel carattere analogico, simbolico delle Sacre Scritture. Come per
le “verità scientifiche” dell’Antico Testamento (la Bibbia). Ma se tutto è
simbolico – conclude Johannès Robyn, presidente dell'Unione degli Atei di
Francia – che cosa resta del personaggio?" Di un personaggio-Dio,
aggiungiamo, dal cui nome deriva la parola e la fortuna del Cristianesimo.
Complemento
efficace al lavoro di Cascioli è la minuziosa e filologica ricostruzione
storica di Marco Guido Corsini, secondo il quale sarebbe fondata l'origine
egiziana del capopopolo sedicente Messia. Il suo sito offre per certi punti una
ricostruzione di Gesù come rivoluzionario ebreo “egiziano”. Gli indizi e le
concordanze coi documenti storici sono affascinanti, così come inquietanti i
tentativi della prima Chiesa di cancellarli, a partire dai Vangeli.
La
Chiesa cattolica, in risposta, appare molto meno scandalizzata di quanto noi
laici potremmo immaginare. Un tempo avrebbe mandato a morte l’incredulo. Oggi
semplicemente obietta che neanche su Giovanni di Gamala, ci sono sicure fonti
storiche, e che quindi contrapposta alla "favola di Cristo" c'è solo
la "favola di Cascioli".
In
quanto al libro “La favola di Cristo”, si può aggiungere che è molto
avvincente, strutturato come un "giallo" storico
"scientifico", e si rivela una miniera di impressionanti notizie
concatenate tra loro. Un vero puzzle nel quale i vari tasselli vanno a incastrarsi
in modo apparentemente perfetto. Se ne consiglia la lettura. Può essere
acquistato presso la famiglia dell’autore, insieme agli altri suoi libri.
Il
giorno dopo la scomparsa di Luigi Cascioli, riteniamo che questo ricordo possa
essere l’omaggio più giusto a lui dovuto. Fu un grande uomo. Grazie alla sua
tenacia, al rigore razionale, e all’erudizione di questo studioso coraggioso,
profondo conoscitore dei testi dei Vangeli e della Bibbia, che proprio lui ha
dimostrato essere stata scritta in tempi molto più recenti di quanto racconta
la leggenda. A lui va il nostro ricordo e la nostra ammirazione.
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