Fonte:
Salamelik
Leggo
che El Baradei, ex direttore per l'agenzia internazionale per l'energia
atomica, premio Nobel per la pace e fino ad un paio di giorni fa vicepresidente
del governo egiziano ad interim, sara' processato per essersi dimesso in
disaccordo con le recenti politiche del governo. La notizia ha sorpreso molti
in occidente, mentre, se confermata, sono sicuro che non sorprenderebbe nessuno
in Egitto.
Per
la stragrande maggioranza degli egiziani, il signore in questione, premio Nobel
per caso (visto che ormai i Nobel per la pace li danno in base a criteri
alquanto vaghi), è sempre stato un vigliacco in cerca di poltrone. Appena ne
fiutava l'odore, pigliava un aereo da Vienna e sbarcava al Cairo nella speranza
che gli venisse affidato qualche incarico. Non appena le cose si mettevano
male, ripigliava l'aereo e ritornava a Vienna.
Questa
costante del suo atteggiamento, abbinata al fatto che raramente lo si è visto
in piazza (in compenso era molto attivo su Twitter), lo aveva reso estremamente
antipatico, e materia ghiotta per la satira. Ma il fatto che il personaggio
fosse un Nobel per la pace, e perciò osannato in occidente, faceva si che la
nostra élite intellettuale continuasse a tenerlo in alta considerazione, tanto
da sostenere che fosse adatto ad assumere la presidenza dell' Egitto.
Anche
questo fatto era segnale inequivocabile dello scollamento dell'élite
intellettuale dal paese reale. Sono anni che El Baradei è considerato una
barzelletta in tutto l'Egitto, ma alcuni intellettuali continuavano
imperterriti a ritenerlo un'autorità morale e una specie di coscienza vivente
della patria. Questo fino all'
altro ieri appunto, quando il nostro - dopo aver provato tutte le posizioni
possibili del kamasutra politico per compiacere militari e islamisti - si è
dimesso. Non poteva scegliere un momento peggiore.
Proprio
mentre l'Egitto sta combattendo il terrorismo dei sostenitori del fascismo
islamista, il tizio ha preso un aereo per Vienna, implicitamente contribuendo a
infangare l'immagine dell'esercito egiziano, già ampiamente screditato dagli
islamisti che sparano e poi si fanno dipingere come vittime. Sono sicuro che non
rimetterà mai più piede in Egitto. Non tanto per le accuse di tradimento, ma
perché se la gente lo dovesse riconoscere per strada lo lincerebbe.
La
misura di quanto sia diventato, se possibile, impopolare, la si riscontra
nell'ultimo editoriale di Alaa Al Aswany, intellettuale egiziano di fama
internazionale e fino all'altro ieri maggiore sponsor del Baradei. Al Aswany
non ha esitato a menzionarlo come esempio pratico di chi tradisce e abbandona
la patria nel momento del bisogno, in un momento in cui "non sono ammesse
acrobazie e mezze misure, o tenere il piede in due staffe". Sono felice
che Al Aswany se ne sia reso finalmente conto, ché sono anni che qui si
scriveva le stesse cose mentre le sue ammiratrici italiane replicavano che qui
c'era odore di disonestà intellettuale.
A
proposito di fughe e tradimenti, va sottolineato lo spettacolo poco edificante
dei leader della fratellanza. Arrestati uno dopo l'altro come topi in
appartamenti in periferia, sperdute oasi sul confine, mentre tentano la fuga in
aeroporto. Che ce ne fosse uno di loro tra i sostenitori che hanno spinto al
martirio. La guida suprema era nascosta in periferia, un alto esponente era
camuffato col velo integrale (a dimostrazione di quanto sia comoda questa
divisa per la criminalità) pronto ad andare in Libia, il portavoce -sbarbato di
fresco- si approntava a prendere l'aereo per Roma (viene spontaneo chiedersi
chi sono i loro fiancheggiatori in Italia).
In
confronto a loro, Mubarak che si è rifiutato di lasciare l'Egitto nonostante le
offerte di diversi paesi, scontando due anni di galera preventiva mentre veniva
assolto in un processo dopo l'altro, ha fatto - piaccia o meno - la figura del
patriota. Roba che oggi fa rimpiangere gli egiziani non tanto il suo governo,
quanto il regime di Nasser, quando certi personaggi e i loro fiancheggiatori
riparavano all'estero, salvo svegliarsi quindici giorni dopo in una cassa
spedita al Cairo come bagaglio diplomatico.
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